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... Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di Tito,
nel settembre precedente, avevano precipitato nell'abisso di Semich
(presso Lanischie), profondo 190 metri, un centinaio di sventurati:
soldati italiani e civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati
e ancor vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono
gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo. Questa
è stata una delle tante Foibe carsiche trovate adatte,
con approvazione dei superiori, dai cosiddetti tribunali popolari,
per consumare varie nefandezze. La Foiba ingoiò indistintamente
chiunque avesse sentimenti italiani, avesse sostenuto cariche
o fosse semplicemente oggetto di sospetti e di rancori. Per giorni
e giorni la gente aveva sentito urla strazianti provenire dall'abisso,
le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli
spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione.
Prolungava l'atroce agonia con sollievo, l'acqua stillante. Il
prato conservò per mesi le impronte degli autocarri arrivati
qua, grevi del loro carico umano, imbarcato senza ritorno..."
(Testimonianza di Mons. Parentin - da "La Voce Giuliana"
del 16/12/1980).
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