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COMBATTENTI
ED ARDITI
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Al
termine della Grande Guerra, tutti gli ex-combattenti, posti in congedo,
sentirono l'esigenza di riunirsi in un'associazione nazionale al fine
di ottenere la tutela degli interessi della categoria. Nasceva così
nei primi mesi del 1919 l'"Associazione Nazionale Combattenti".
Scopi dichiarati di quest'associazione erano quelli di mantenere la
solidarietà di trincea, esaltare l'apporto dato dai combattenti
alla Patria, valorizzare al massimo i meriti combattentistici ed ottenere
per chi aveva combattuto diritti e privilegi. Gli ex-combattenti non
erano legati ad alcun partito, per cui riunivano uomini dalle idee
e dalle ideologie più diverse; tuttavia in questo loro atteggiamento
apartitico si nascondeva l'insidia del qualunquismo. Essi abituati
dalla lunga vita di trincea a considerare con sdegno e sufficienza
"quelli di Roma", gli "imboscati", accomunavano
in un sol mucchio parlamentari e politicanti, o ricchi e rinunciatari.
La loro posizione partitica era nella realtà dei fatti sfiducia
tale e completa nei sistemi parlamentari e democratici. Lo spirito
italiano, naturalmente portato allo scetticismo ed alla mancanza d'ideali,
trovava nella nuova associazione un modo d'esprimersi nuovo, carico
di pericoli per la democrazia. La maggior parte degli ex-combattenti
era costituita da contadini, e costoro credevano programma della "terra
ai contadini" che la propaganda di guerra aveva sventolato loro
innanzi. In tutti comunque era latente l'esigenza d'ottenere una nuova
giustizia sociale, l'esigenza che la guerra combattuta non fosse stata
inutile, ma potesse servire ad un migliore futuro. Pareva a tutti
impossibile che da tanti sacrifici e tanto sangue non dovesse scaturire
qualcosa di nuovo, qualcosa di rivoluzionario, in ultima analisi un
nuovo assetto della società. Non era nè possibile nè
pensabile che tutto tornasse com'era prima. Nacque quindi dalla guerra
una nuova classe politica: i combattenti, che ritenevano di avere
diritto, secondo le promesse formulate da più parti nel corso
della guerra, ad un trattamento privilegiato ed alla direzione politica
della nazione. "Il combattentismo, era soprattutto uno stato
d'animo, ma i movimenti combattentistici fecero della partecipazione
alla guerra l'origine legittima del loro diritto al potere ed alla
guida del paese rinnovato contro il mondo corrotto della borghesia
conservatrice, dei socialisti neutralisti e spregiatori della nazione,
contro i cattolici pacifisti e disfattisti, i pescecani, i politicanti.
Se il combattentismo fu un fenomeno di rivolta contro l'ordine costituito,
animato da una sincera volontà di rinnovamento, e nella sua
vasta base popolare esprimeva soltanto l'aspirazione ad una più
equa condizione sociale, negli strati della piccola borghesia intellettuale,
che aveva fornito l'elemento ufficiale dell'esercito, il combattentismo
fu interpretato come una nuova morale ed una nuova ideologia".
Tra gli ex-combattenti si distinguevano gli "arditi". Essi
avevano fatto parte di speciali reparti, addestrati all'assalto temerario
e violento, con lo scopo di irrompere nelle trincee nemiche, aprirvi
una breccia e permettere quindi alla restante truppa di conquistarle.
Gli arditi, uomini audaci, sempre volontari, fisicamente selezionati,
si erano distinti nel corso degli ultimi anni di guerra, per le innumerevoli
prove di eroismo e lo sprezzo del pericolo. "Osservatori attenti
non trascurarono di notare il pericolo che poteva scaturire dal trasferimento
degli arditi dalla guerra alla vita politica. Educati da una disciplina
rigida e disumana, dopo aver vissuto per anni lanciando fucilate e
bombe a destra ed a sinistra, allegramente, cosa avrebbe fatto l'ardito
in tempo di pace? (Ahimè - esclama Angelo Gatti - :io vedo
già cosa potrà fare questa gente che non conosce più
il valore della vita umana). Mussolini seppe comprendere subito l'importanza
di attrarre nell'orbita del nascente fascismo gli ex-combattenti e
gli arditi. Non a caso tra i fondatori del Partito Fascista era anche
Marinetti, che oltre ai suoi meriti futuristi aveva anche quello d'essere
uno dei capi deIl'arditismo; e non a caso Mussolini terminata la guerra,
mutò il sottotitolo del suo quotidiano "Il Popolo d'ltalia"
da "quotidiano socialista" in giornale "dei combattenti
e dei produttori". Così nel '19 Mussolini parlava agli
arditi agli ex-combattenti: "Ripetiamo che la parola fascista
comprende anche gli Arditi e i Volontari di guerra, poichè
le tre associazioni sono distinte nella forma, ma fuse e confuse nella
sostanza si tratta di tre corpi Ie di un'anima sola". Gli arditi
provenivano spesso dalle galere, dove stavano scontando condanne per
reati comuni, spesso gravissimi; costoro erano stati graziati in tempo
di guerra per essere inquadrati volontari nei reparti d'assalto. Tuttavia
non tutti gli arditi provenivano dalla teppaglia e dalla delinquenza
comune. Intellettuali, soprattutto di estrazione futurista, avevano
trovato nel volontariato di questi reparti d'assalto, la realizzazione
pratica dei loro ideali e della loro folle visione della vita. Comunque
noi ci interessiamo tanto agli arditi perchè furono loro a
fornire la base militare al nascente fascismo. Le "squadre d'azione",
tristemente famose, e sulle cui imprese torneremo più avanti,
trovarono proprio tra gli arditi i loro naturali gregari. Così
Mario Carli, uno dei fondatori dell' arditismo insieme a Ferruccio
Vecchi, sintetizzava le caratteristiche che l'ardito doveva possedere:
"Spirito d'avventura e spirito di corpo. Guasconismo di fatti
più che di parole. Romanticismo di uno sfondo nerissimo, sul
quale guizzano muscolature da acrobata. Intellettualità assetata
di gloria generosità capace di un'estetica raffinata. Mafia
insolente del valore consapevole. Fusione perfetta di pensiero-bellezza-azione.
Eleganza di un gesto primitivo, infantile, subito dopo un gesto di
eroismo inverosimile. Tutti gli slanci, tutte le violenze, tutte le
impennate di cui trabocca l'anima italiana. Aristocrazia, dunque,
di carattere, di muscoli, di fede, di coraggio, di sangue, di cervello.
Patrizi scesi da cavallo, aviatori scesi da velivoli, intellettuali
usciti dalle ideologie, raffinati fuggiti dai salotti, mistici nauseati
delle chiese, studenti ansiosi di vita, e giovinezza, giovinezza che
vuoi tutto conquistare o tutto perdere, che vuol dare con pienezza,
con salute, con energia i suoi diciannove anni generosi e innamorati
d'Italia, di tutte le cose belle d'Italia, della bella terra, delle
belle donne, delle belle città d'Italia, dell'avvenire d'Italia
che intuiscono meraviglioso." Non fu quindi per semplice caso
se l'inno goliardico degli arditi Giovinezza, Giovinezza, divenne
l'inno del nuovo movimento fascista, che assimilò e fece propri
gl'ideali di lotta, gli slanci eroici, il mito di pensiero-bellezzazione
proprio dell'arditismo. Sicchè si univa in una strana mistura
agli slanci romantici ed idealistici la violenza della teppaglia.
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Manifestazione
di reduci
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Reparto di arditi
al termine
di un'operazione
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Stanza di lavoro
di Mussolini
al "Popolo d'Italia"
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Il Capitano Ferruccio
Vecchi fondatore
dell'Associazione Arditi d'Italia
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Arditi italiani
durante la grande guerra
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Il gagliardetto
degli arditi
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Mario Calvi capitano
degli
Arditi Italiani
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Vignetta satirica
di Scalarini sulla
nascita del fascismo
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