Discorso
che venne pronunciato in Roma il 1° ottobre 1930 nella seduta
inaugurale dell'assemblea
del Consiglio Nazionale delle Corporazioni a proposito della crisi
economica mondiale
Camerati!
La vostra odierna assemblea ha all'ordine del giorno un argomento
molto importante: la revisione dell'inquadramento sindacale, revisione
necessaria dopo 5 anni di esperienza, e, diciamolo subito, revisione
non eversiva, ma semplicemente e fecondamente perfezionatrice.
L'ordinamento sindacale corporativo, - ripeterlo non è
mai superfluo, - è la pietra angolare dello Stato fascista,
è la creazione che conferisce "originalità"
alla nostra Rivoluzione. Questi ordinamenti, coi quali il problema
secolare e millenario dei rapporti fra le classi, - reso più
acuto ed esasperato nell'attuale periodo di civiltà capitalistica,
- è stato affrontato e composto; questi ordinamenti sono
inseparabili dal Regime, poiché lo identificano, lo differenziano,
lo distaccano nettamente da tutti gli altri. Lo Stato fascista
è corporativo o non è fascista. Ciò va significato
una volta per sempre a due categorie di persone: i trascendentali
e i ritardatari. L'inquadramento sindacale, cioè l'organizzazione
economica della Nazione, ha superato le ardue prove di questo
quinquennio. Nessuno ha mai promesso che il regime corporativo
avrebbe dato l'immediata, l'abbondante ricchezza a tutti gli Italiani.
L'organizzazione sindacale corporativa è stata creata in
vista dei fini supremi della Nazione e, in subordinata, per il
benessere dei singoli individui che la compongono. Dall'inaugurazione
del Consiglio nazionale delle Corporazioni a oggi sono trascorsi
oltre cinque mesi. Rivolgendovi la parola, indirizzandomi a voi,
che ho già definito lo stato maggiore dell'economia italiana,
non posso, né voglio esimermi dall'esporvi il mio punto
di vista sulla situazione. Avendovi abituati al mio linguaggio
duro, preciso, senza eufemismi e reticenze, non stupirete se vi
dico che la situazione dall'ottobre è notevolmente peggiorata
in tutto il mondo e quindi anche in Italia. È infatti dell'ottobre
del '29 lo scoppio, - potrebbe dirsi ad alto esplosivo, - della
crisi americana. Non vi è nessun motivo di soddisfazione
per noi nel constatare che in tutti i Paesi la depressione economica
si è acutizzata, anzi la cosa ci rattrista profondamente,
né cerchiamo in questa constatazione alibi o giustificazioni
di sorta. Coloro che credono ai paradisi altrui possono liberamente
andare a vedere, a sentire, a provare. Per quanto concerne l'Italia,
quattro indici indiscutibili caratterizzano il fenomeno nella
sua attuale fase: il numero dei protesti cambiari; il numero dei
dissesti o fallimenti; la minore occupazione operaia; la contrazione
nelle entrate dello Stato. Va da sé che il Governo non
assiste da spettatore impassibile allo svolgersi del fenomeno,
né fa soltanto assegnamento sulle forze equilibratrici
e riparatrici della natura. Invece come è suo diritto e
dovere interviene con misure di ordine generale (sono o non sono
cadute, come era stato promesso, tutte le bardature economiche
superstiti della guerra? bardature di cui vi risparmio la lunga
enumerazione); e interviene nei casi singoli, quando sono in gioco
interessi collettivi di qualche rilievo. Domando: poteva lo Stato
disinteressarsi della sorte della Cosulich, società di
navigazione e cantiere, dal momento che la Cosulich è fattore
essenziale dell'economia della Venezia Giulia? Poteva lo Stato
imitare il non lodevole gesto di Ponzio Pilato di fronte alle
Cotonerie meridionali, una grande industria napoletana che assicura
il lavoro a circa 10.000 operai? Poteva lo Stato rimanere insensibile
di fronte al pericolo che 81.000 piccoli depositanti della provincia
di Novara si vedessero dimezzati i loro sacri, sudatissimi risparmi?
Poteva lo Stato rifiutare agl'industriali di aumentare la sua
percentuale di garanzia dal 65 al 75 per cento, quando si è
trattato dei 220 milioni di ordinazioni dalla Russia? Cito a memoria
i casi più notevoli e più recenti e trascuro i minori,
quelli più tipicamente individuali. Ma voglio tuttavia
ricordare gl'interventi statali per l'industria del marmo, per
le cotoniere del Veneto, per le banche del Veneto e delle Marche.
Naturalmente coloro che sono già morti non si possono più
salvare. Il Governo fascista non è insensibile o estraneo
alla situazione del disagio, come l'antifascismo vociferatore
e vile va insinuando. Esso ha il polso della Nazione nelle mani!
Tutti i febbricitanti, i malati, i naufraghi gli lanciano il loro
"S.O.S." ma non tutti possono essere salvati; taluni
meritano anzi di colare a picco: la maggioranza di questi ultimi
appartiene alla categoria, ampliatasi enormemente durante e dopo
la guerra, degli abborracciatori di affari; uomini, più
che intraprendenti, temerari, acrobati dell'industria e della
finanza, supremamente e disinvoltamente enciclopedici nelle iniziative;
la loro gamma va dal cemento alla cioccolata; dal più pesante
come il piombo, al più leggero come la seta artificiale.
Veri Cagliostro del mondo economico, essi complicano tutto ciò
con le innumerevoli società a catena che sono altre facce
dello stesso prisma, con Consigli di amministrazione che essendo
composti di semplici piantoni non amministrano e non consigliano;
con bilanci allegri, con dividendi inventati. Questa è
la vera, l'autentica, la più pericolosa genia antifascista,
di truffatori della buona fede del pubblico, per i quali la galera
è poca cosa, in quanto l'infinito male che essi provocano
li renderebbe, nella loro qualità di seminatori di rovina
e di miseria, passibili e meritevoli della pena di morte! Già
alcuni esempi da Aosta a Campobasso furono dati; d'ora innanzi
sarà ben più duramente fatto sentire che non s'inganna
impunemente il pubblico, che non impunemente si dilapida il denaro
faticosamente risparmiato. L'azione del Regime, - positiva e negativa,
ausiliatrice e punitrice, - è in atto; si svolge giorno
per giorno come ognuno di voi sa e può constatare. Nessuno
che sia intelligente e galantuomo può attendere dei prodigi:
sino a oggi, non li ha fatti nemmeno Hoover, che è l'uomo
più potente del mondo nel Paese più ricco del mondo.
Si tratta di eliminare le punte di maggiore disagio, di facilitare
l'opera delle forze riparatrici, di bonificare il morale dei produttori,
poiché anche il morale ha la sua importanza nello svolgimento
dei fenomeni economici. Gli uomini lavorano, producono, consumano,
ma hanno anche e soprattutto un sistema nervoso, che reagisce
positivamente o negativamente - per il gioco realissimo degli
imponderabili - sul lavoro, sulla produzione, sul consumo. La
domanda che viene spontanea dalla mente alle labbra è questa:
a che punto siamo? quanto durerà? È la domanda che
gli uomini delle trincee si facevano nel passare degli anni. La
stessa domanda viene avanzata da coloro che da tre anni ormai
tengono duro nelle trincee dell'economia italiana. Quello che
io sto per dirvi non dovete interpretarlo in senso assoluto, ma
come un punto di vista, risultato di un esame diligente e continuativo
della situazione. Se non accadranno eventi imprevisti e irreparabili
come una guerra - e qui aggiungo che l'Italia ha fatto, fa e farà
tutto il possibile per evitarla -, se le fasi del fenomeno non
saranno turbate da elementi estranei, noi stiamo già lasciandoci
la notte alle spalle e camminiamo verso l'aurora. In altri termini,
la crisi ha toccato proprio in questi giorni, coi nuovi tracolli
americani, la sua acme, dopo di che l'alternativa è semplice:
o la fine o la ripresa. Ma poiché né l'economia
mondiale né l'umanità possono perire, è la
ripresa che si verificherà. Non bisogna, però, a
questo punto peccare di precipitazione: questo ciclo della ripresa
non potrà essere inferiore a tre anni, quando si voglia
misurare, nel tempo, il trapasso dall'attuale stato di strettezze
a uno stato di relativa prosperità. Va da sé che
il Regime fascista porrà in atto tutte le misure necessarie
e sufficienti per accorciare, ove sia possibile, la durata di
questo ciclo. Poiché il Regime fascista è matematicamente
sicuro di superare anche questa, come altre non meno ardue prove.
Camerati, dopo questa digressione torno al vostro ordine del giorno,
pur non essendomene molto allontanato. Poiché risulta evidente
che una revisione perfezionatrice dell'ordinamento sindacale ne
aumenterà l'efficienza, ecco un altro elemento positivo
da aggiungere agli altri che agiscono e agiranno nel prossimo
domani. Discutete questo problema a fondo, schiettamente, senza
preoccuparvi di mascherare i contrasti che affiorassero (poiché
il Fascismo non è una immobile regola conventuale) fra
i diversi punti di vista; discutete ampiamente, per tutto il tempo
che sarà necessario a chiarire le idee e a prospettare
una soluzione; io non assisterò ai vostri lavori, pur non
andando molto lontano, per lasciarvi più liberi nell'obiettivamente
e cavallerescamente contendere; sono sicuro che la discussione
non tralignerà mai nell'inutile prolissità delle
parole senza costrutto, poiché voi tutti avete alto il
senso della responsabilità, chiara la nozione del momento;
voi tutti sentite che, oltre gli interessi delle forze da voi
direttamente rappresentate, sono in giuoco gl'interessi di tutto
il popolo italiano. Con le vostre meditate decisioni voi renderete
un servizio alla causa della Rivoluzione fascista, elemento fondamentale
di vita per l'Italia, luce di orientamento per gli altri popoli.
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