DISCORSO DEL
02 febbraio 1929
Discorso pronunciato a Roma il 2 febbraio 1929 nella seduta inaugurale
del Consiglio Nazionale delle Ricerche


Eccellenze e Signori,
Ho voluto insediare solennemente il Consiglio nazionale delle ricerche per la stessa ragione per la quale ne promossi, nel novembre del 1923 la formazione, nel marzo del 1927 la riorga-nizzazione e ne tracciai il programma d'azione nel messaggio del 1° gennaio del 1926 a Guglielmo Marconi. Il Governo fascista riafferma la sua volontà di porre il problema della scienza e delle ricerche scientifiche al primo piano dei problemi nazionali. Oggi la ricerca scientifica ha singolari e vaste esigenze. Richiede cioè un'organizzazione adeguata e mezzi potenti. Il genio isolato può compiere miracoli, ma la ricerca scientifica, sistematica risponde alle molteplici e diverse esigenze della Nazione. La mancata visione di questo problema ci ha portato, bisogna apertamente riconoscerlo, a un decadimento delle ricerche scientifiche e a una penuria di ricercatori che è veramente impressionante. Da questo stato di cose si deve uscire. Dobbiamo creare la nostra falange di ricercatori e dare a essi non la sensazione, ma la sicurezza che potranno vivere nella scienza e per la scienza, poiché essi rappresentano una delle forze vitali della Nazione. Si potrà così preparare l'atmosfera per una ripresa degli studi e delle ricerche scientifiche degna delle nostre tradizioni e rispondente ai bisogni della Patria. Questo compito io ho affidato al Consiglio nazionale delle ricerche dandone la presidenza a Guglielmo Marconi, che è vanto e gloria della scienza italiana. Con la costituzione dei Comitati nazionali, l'inquadramento degli scienziati italiani nel Consiglio delle ricerche è ora compiuto. Oggi esso può cominciare a funzionare nella sua completa organizzazione. Ma io voglio rilevare l'intensa opera che ha svolto fino a oggi, sulla base delle direttive da me impartite, il Direttorio del Consiglio, il quale, nominato subito dopo la ricostituzione di esso, ha lavorato intensamente a preparare l'organizzazione del Consiglio, ad avviarne l'azione, a creare gli strumenti necessari pel suo funzionamento. Per la prima volta, dal 1860 a oggi, si è compiuta un'inchiesta sugli istituti scientifici, sugli Enti culturali, sui periodici scientifico-tecnici. I risultati sono raccolti in tre volumi. Mentre in altri Stati si discute ancora sul modo di compilare una completa bibliografia scientifica il Direttorio ha già pubblicato la prima annata della Bibliografia scientifica italiana. Nel centro più importante della nostra vita industriale, Milano, è stato istituito un archivio tecnico che renderà servizi notevolissimi a chiunque gli chiederà informazioni di carattere tecnico e scientifico. Queste le iniziative rese di pubblica ragione, alle quali devesi aggiungere tutto il lavoro di organizzazione compiuto con raccolta operosità. Il Direttorio non ha atteso che i Comitati nazionali si formassero per avviare alcuni studi, rispondenti ai bisogni più urgenti della vita nazionale, con la formazione di alcune Commissioni, le quali hanno già iniziato gli studi su alcuni problemi di alto interesse nazionale, come quello dell'alimentazione e dei fertilizzanti. Questa prima fase dei lavori si inquadra oggi nei Comitati nazionali e nel Consiglio delle ricerche completamente formato con la partecipazione dei presidenti e dei segretari di ciascun Comitato. Oggi io non ho che a confermare le direttive da me esposte nel messaggio del primo gennaio 1928. Voglio però aggiungere alcune considerazioni, che vanno non solo al Comitato, ma a tutta la Nazione. Il Consiglio deve avere i mezzi necessari, e li avrà, per assolvere il suo compito. Ma bisogna sfrondare il terreno dagli organi inutili, dalle Commissioni superflue e da talune organizzazioni inefficienti che si sono venute formando con un crescendo continuo prima dell'istituzione del Consiglio nazionale delle ricerche. La ricerca scientifica deve svolgersi senza il vincolo e la preoccupazione dell'insegnamento. La ricerca scientifica deve servire alla scienza e alle esigenze nazionali. Non deve servire a creare nuove cattedre e nuovi insegnamenti. Il Consiglio deve essere un organismo all'unisono con la vita della Nazione, e quindi a contatto con gli industriali, con gli agricoltori, coi commerciarti, con le amministrazioni. Di qui la necessità di un coordinamento e di un collegamento tra le Confederazioni sindacali e il Consiglio nazionale delle ricerche. Le Confederazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori devono sentire e comprendere che le ricerche scientifiche si traducono in miglioramento ed aumento della produzione e, in definitiva, i risultati delle ricerche scientifiche e le indagini a tale uopo compiute servono ad esse. Perciò le organizzazioni sindacali devono concorrere, in conformità del resto al primo articolo della legge del 3 aprile 1926 n. 563, al mantenimento del Consiglio delle ricerche scientifiche. Io voglio additare come esempio alla Nazione e alle organizzazioni sindacali stesse la Confederazione nazionale fascista della gente del mare e dell'aria. È questa che, per prima, si è rivolta al Consiglio delle ricerche, ponendosi a sua disposizione perché studiasse i mezzi di salvataggio in mare e la migliore utilizzazione dei combustibili delle macchine marine, offrendo a tale scopo la somma di lire 100.000 "con uno sforzo che è contenuto solo dalla modestia dei suoi mezzi". È con queste parole che la Confederazione ha fatto la sua offerta. Si tratta di lavoratori, i quali hanno immediatamente compreso l'importanza del problema. Tra tutti i paesi, sono i più ricchi quelli che primi hanno compreso tale verità. E noi assistiamo ad una sempre più intensa ricerca scientifica, a vantaggio dell'industria, dell'agricoltura, della difesa, dell'economia del Paese. L'Italia non può essere assente in questo campo. Signori del Consiglio, nel porgervi il mio saluto augurale, io vi dico che l'Italia ha bisogno di voi. Vi invito pertanto ad assumere il vostro ufficio col sentimento di compiere un alto dovere nazionale.

TORNA ALLA PAGINA PRECEDENTE