Discorso
pronunciato il 2 aprile 1923 a Milano sull'espasione italiana
nel mondo.
Io sento tutto il fermento potentissimo di vita che agita la nuova
generazione della
stirpe italiana. Voi certamente avrete meditato qualche volta
su questo che si potrebbe chiamare un prodigio nella storia del
genere umano: non si fa della retorica, se si dice che il popolo
italiano è il popolo immortale che trova sempre una primavera
per le sue speranze, per la sua passione, per la sua grandezza.
Pensiamo che appena due mila anni or sono Roma era il centro di
un Impero che non aveva confini se non nei limiti estremi del
deserto: che Roma aveva dato la civiltà, la sua grande
civiltà giuridica, solida come i suoi monumenti, a tutto
il mondo, che aveva realizzato un prodigio immenso che ancora
ci commuove fin nelle più intime fibre. Poi questo Impero
decade e si sgretola. Ma non è vero che tutti i secoli
che si sono susseguiti allo sfacelo del mondo romano siano di
oscurità e di barbarie. Ad ogni modo ecco che dopo pochi
secoli lo spirito italiano che aveva sofferto di questa eclissi
e che probabilmente, durante questo periodo di sosta, si era armato
potentemente per le nuove conquiste, ecco lo spirito italiano
che sboccia attraverso la creazione imperitura di Dante Alighieri.
Noi eravamo grandi nel 1300 quando gli altri popoli erano mal
vivi o non erano ancora nati alla storia. Seguono i secoli superbi;
il Rinascimento. L'Italia dice ancora una volta la parola della
civiltà a tutte le razze, a tutti i popoli. Un'altra eclissi
politica di divisione e di discordie: ma è appena un secolo
e il popolo italiano si riprende, riacquista la coscienza della
sua unità storica. Roma ritorna ancora a suonare la sua
fanfara di gloria per tutti gli italiani, si riprende l'uso delle
armi che sono necessarie quando si tratta di salvare la propria
libertà, la propria grandezza e il proprio futuro. Piccole
guerre; un unico Stato, cospirazioni, rivoluzione di un popolo,
martiri, supplizi, galere, esilii. E appena dopo un secolo con
l'ultima guerra noi realizziamo la nostra unità politica.
Accanto a questa unità politica e geografica mancava la
unità morale; la coscienza di se stessi e dei propri destini,
sebbene con la guerra vittoriosa anche questa formazione di coscienza
è in atto. Sotto i nostri sguardi a poco a poco l'Italia
si fa nella sua unità indistruttibile. Il mio Governo abolisce
i campanili perché gli italiani non vedano che l'immagine
augusta della Patria. Questa è l'opera alla quale il mio
Governo intende con tutta la sua passione e con un senso religioso
di fede. Io sono ottimista, o signori, sui destini d'Italia! Sono
ottimista per un semplice atto di volontà, perché
la volontà è una forza grande nella vita degli individui
e nella vita dei popoli. Bisogna volere, fortemente volere! Solo
con questa potenza di volontà potremo superare ogni ostacolo.
Dobbiamo essere pronti a tutti i sacrifici. Raccogliamoci adunque
in un momento di meditazione dopo questa rapida corsa nel passato.
Noi amiamo proiettare la nostra volontà orgogliosa del
nostro tempo verso l'avvenire. Questa gioventù italiana
aspra, intrepida, irrequieta, ma fortissima, è per me la
certissima garanzia che l'Italia marcia verso un avvenire di libertà,
di prosperità e di grandezza. Raccogliamoci in questa visione:
tendiamo tutti i nostri nervi e tutta la nostra passione verso
questo futuro che ci attende e gridiamo con religioso fervore.
Viva l'Italia!
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