La
commemorazione del Duca D'Aosta al Senato dl regno
Signori senatori, le alte commosse parole pronunciate dal Presidente
della vostra assemblea hanno rievocata innanzi a noi la figura
indimenticabile dell'augusto Principe Sabaudo, di Colui che gli
Italiani combattenti conobbero, ammirarono ed amarono soprattutto
quale Comandante della Terza Armata. Il Governo si associa al
ricordo ed alla esaltazione del grande Condottiero, che fece tutta
la guerra, nel senso che a questo terribile verbo davano i soldati
di fronte al nemico. Il nome di Emanuele Filiberto rimane indissolubilmente
legato alla nostra recente epopea nazionale, alla guerra combattuta
per la prima volta, dopo lunghi secoli di divisione e di servaggio,
da tutto il popolo italiano, finalmente uno dalle Alpi alle isole:
dalle nostre montagne che diedero gli alpini eroici del Montenero,
dell'Ortigara, del Pasubio e dell'Adamello, alle isole che rivelarono
le mirabili fanterie di tutte le battaglie. Emanuele Filiberto
di Savoia sentì profondamente il significato e la immensa
portata spirituale della guerra combattuta e vinta; sentì
che la Nazione si era arricchita di un inestimabile tesoro, frutto
di tanto sacrificio e di tanto sangue, che quando, nel dopoguerra,
come è accaduto altre volte, dopo altre grandi guerre,
presso altri popoli, vide che il tesoro minacciava di essere disperso,
che la Vittoria correva pericolo di essere vilipesa soprattutto
nella sua essenza morale, il Duca d'Aosta si volse verso il movimento
fascista, al quale, specie dopo la Marcia su Roma, diede numerose
e solenni testimonianze di simpatia. Egli, Principe, non disdegnò
di assumere la prima presidenza di quel grande istituto che è
l'Opera Nazionale Dopolavoro e, insediandone il primo direttorio
nell'ottobre 1925. Egli si dichiarava fiero di dirigere un'opera
di pace, che persegue una sublime missione di fratellanza, di
amore e di civiltà. E due anni dopo, nel maggio del 1927,
lasciando la carica, elevava un suo saluto ed un augurio ai lavoratori
d'Italia, ai quali, diceva, "mi lega fraternità di
animi e di affetti". Poco prima di cadere ammalato, il 29
giugno di quest'anno, mandava un messaggio agli operai milanesi,
che, in numero di quindicimila, guidati dai sindacati fascisti,
si recavano in pellegrinaggio a Redipuglia. Sentendo imminente
la fine, tracciò il suo mirabile testamento spirituale
e chiuse nella serenità della fine, nella visione dell'Italia
di domani, nel pensiero rivolto alla maestà del Re, la
sua giornata terrena. Tutto il popolo italiano lo ha pianto, tutto
il popolo italiano ne porterà nei secoli il ricordo e l'immagine
nel cuore.
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