DISCORSO DEL
03 dicembre 1931
La commemorazione del Duca D'Aosta al Senato dl regno

Signori senatori, le alte commosse parole pronunciate dal Presidente della vostra assemblea hanno rievocata innanzi a noi la figura indimenticabile dell'augusto Principe Sabaudo, di Colui che gli Italiani combattenti conobbero, ammirarono ed amarono soprattutto quale Comandante della Terza Armata. Il Governo si associa al ricordo ed alla esaltazione del grande Condottiero, che fece tutta la guerra, nel senso che a questo terribile verbo davano i soldati di fronte al nemico. Il nome di Emanuele Filiberto rimane indissolubilmente legato alla nostra recente epopea nazionale, alla guerra combattuta per la prima volta, dopo lunghi secoli di divisione e di servaggio, da tutto il popolo italiano, finalmente uno dalle Alpi alle isole: dalle nostre montagne che diedero gli alpini eroici del Montenero, dell'Ortigara, del Pasubio e dell'Adamello, alle isole che rivelarono le mirabili fanterie di tutte le battaglie. Emanuele Filiberto di Savoia sentì profondamente il significato e la immensa portata spirituale della guerra combattuta e vinta; sentì che la Nazione si era arricchita di un inestimabile tesoro, frutto di tanto sacrificio e di tanto sangue, che quando, nel dopoguerra, come è accaduto altre volte, dopo altre grandi guerre, presso altri popoli, vide che il tesoro minacciava di essere disperso, che la Vittoria correva pericolo di essere vilipesa soprattutto nella sua essenza morale, il Duca d'Aosta si volse verso il movimento fascista, al quale, specie dopo la Marcia su Roma, diede numerose e solenni testimonianze di simpatia. Egli, Principe, non disdegnò di assumere la prima presidenza di quel grande istituto che è l'Opera Nazionale Dopolavoro e, insediandone il primo direttorio nell'ottobre 1925. Egli si dichiarava fiero di dirigere un'opera di pace, che persegue una sublime missione di fratellanza, di amore e di civiltà. E due anni dopo, nel maggio del 1927, lasciando la carica, elevava un suo saluto ed un augurio ai lavoratori d'Italia, ai quali, diceva, "mi lega fraternità di animi e di affetti". Poco prima di cadere ammalato, il 29 giugno di quest'anno, mandava un messaggio agli operai milanesi, che, in numero di quindicimila, guidati dai sindacati fascisti, si recavano in pellegrinaggio a Redipuglia. Sentendo imminente la fine, tracciò il suo mirabile testamento spirituale e chiuse nella serenità della fine, nella visione dell'Italia di domani, nel pensiero rivolto alla maestà del Re, la sua giornata terrena. Tutto il popolo italiano lo ha pianto, tutto il popolo italiano ne porterà nei secoli il ricordo e l'immagine nel cuore.

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