Discorso
pronunciato a Perugia il 5 ottobre 1926
È la seconda volta che io ho la grande ventura di parlare
in questa piazza magnifica che è il cuore della vostra
superba e laboriosa regione, e guardando nei vostri occhi e
leggendo dentro le vostre anime io sento che il tempo non vi
ha minimamente cambiati, sibbene rafforzati. Il Fascismo è
tal cosa che quando si è impadronito di un'anima non
la lascia più. Dopo quattro anni, durante i quali il
regime ha compiuto un'opera gigantesca in tutti i campi, noi,
a cominciare da colui che vi parla, siamo ancora tutti sulla
breccia, soldati fedeli alla consegna, militi di tutte le battaglie.
Nulla da fare contro di me, nulla da fare contro di noi! Né
le piccole subdole vociferazioni anonime degli impotenti, degli
spodestati, né le insidie dirette o indirette degli avversari
irriducibili, né il dramma tentato o riuscito, niente,
nessuna forza al mondo potrà farmi deflettere dal mio
cammino. Non solo; ma io voglio dirvi cosa che scenderà
grata ai vostri spiriti inquieti. La lotta io la cerco. Gli
ostacoli io non li evito. Le opposizioni, invece di piegarmi,
mi rendono ancora più duro, più tenace, più,
intransigente. E non vi dico questo per esibirmi in una veste
di estetismo che ripugna profondamente al mio spirito. Vi dico
questo perché profondamente lo sento. Io ho un dovere
da compiere, ho una consegna da rispettare. Ho preso l'impegno
e la consegna di dare la grandezza materiale e morale al popolo
italiano. Questa consegna, questo supremo dovere non mi è
stato dato da piccole assemblee legiferanti o da circoli politici
più o meno clandestini. Mi è stato dato, ed il
retaggio è sacro, da tutti i fascisti caduti durante
gli anni delle nostre battaglie e sento che questa consegna
mi è stata data da quasi tutto o da tutto il popolo italiano.
Dal popolo italiano, il quale finalmente è uscito dal
suo grado di minorità civile in cui fu lungamente tenuto
da governi inetti ed imbelli, ed oggi guarda tranquillamente
negli occhi gli altri popoli, perché sente che in Italia
in questo scorcio del secolo ventesimo si compie una esperienza
che è di un enorme interesse, sia pure storico, sia pure
politico, per tutti gli Stati e per tutti i popoli. Forse noi
siamo i portatori di un nuovo sistema politico; siamo i portatori
di un nuovo tipo di civiltà e questo tipo di civiltà
parte da presupposti lapidari infrangibili e fondamentali in
tutte le società umane. Le società umane non si
sviluppano né progrediscono e non grandeggiano se non
c'è il disinteresse in chi comanda. Siamo l'unico popolo
che ancora ha il coraggio di esaltare le vittorie duramente
conseguite, che non intende di sciupare quell'incomparabile
patrimonio morale tramandatoci dai Caduti della guerra, che
vi sente un aculeo, uno stimolo, un potente coefficiente per
la sua grandezza. Questo è il Fascismo, mentre si avvia
a celebrare il quarto anniversario della Marcia su Roma, mentre
si avvia ad entrare nel quinto anno del regime, e non fu mai
più forte, più compatto, più solidale di
oggi! Anzi affermo che tutte le forze del Fascismo vanno perfezionandosi,
armonizzandosi, diventano più complesse, ma più
formidabili. Oggi si può dire che tutto il popolo italiano
marcia all'ombra dei nostri gagliardetti, dai balilla nei quali
noi vediamo le grandi speranze del domani, l'aurora che si affaccia
all'orizzonte del mondo, agli avanguardisti, anello di congiunzione
tra l'infanzia e la giovinezza, ai militi che sono la grande
riserva delle energie guerriere della Nazione, agli inscritti
ai sindacati che ripudiano nettamente tutte le forze distruttive,
tutti gli elementi del disordine sociale a tutti coloro che
occupano posti nelle gerarchie dello Stato, dei comuni e delle
pubbliche amministrazioni. È una forza grandissima che
non può essere tacciata di tirannia, perché non
esiste tirannia dove un milione di iscritti si raccoglie in
un solo partito, tre milioni nelle altre organizzazioni e venti
milioni di cittadini sono controllati dallo Stato e si riconoscono
garantiti e protetti dallo Stato. Se mai vi fu nella storia
un regime di democrazia, cioè uno Stato di popolo, è
il nostro. Ma la nostra non è una democrazia rinunciataria
e vile e condiscendente agli istinti meno nobili delle masse,
una democrazia che ha sempre paura e soprattutto ha paura, quando
ha avuto un po' di coraggio. Non è il liberalismo che
ritiene di potere assidersi al disopra della mischia degli interessi
e delle categorie della collettività nazionale. Tutto
ciò è da noi ripudiato, ripudiato come disintegratore
delle virtù del popolo italiano. Noi siamo nettissimi
nelle nostre affermazioni, nettissimi nelle nostre negazioni.
Qui è il segno della nostra forza invincibile.
Camicie nere!
La nostra storia di popolo è grandemente istruttiva.
Cartagine è un pianeta nel cielo della storia; ma Roma,
Roma è ancora oggi un astro grandeggiante sul nostro
orizzonte. Così siamo noi. Possiamo piegarci qualche
volta, ma l'anima non si piega. Possiamo sostare, ma poi riprendiamo
più rapidamente la nostra marcia. Ed il Fascismo questa
marcia continuerà passo passo, con energia e con passione
fino a che tutte le mete siano raggiunte.
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