Discorso
pronunciato davanti all'Assemblea quinquennale del Regime per
la convocazione
dei nuovi comizi elettorali in Roma il 10 marzo 1929
Ecco: io ho dinanzi al mio spirito la nostra Italia nella sua
configurazione geografica, nella sua storia, nella sua gente:
mare, montagne, fiumi, città, campagne, popolo. Seguitemi,
e cominciamo dal mare. Il mare era negletto: il Regime vi ha risospinto
gli Italiani. La marina mercantile decadeva: il Regime l'ha risollevata.
Durante questi anni sono scesi in mare colossi potenti. I porti
erano impoveriti: il Regime li ha attrezzati e vi ha creato le
zone franche. Il lavoro vi era discontinuo, per via degli scioperi:
oggi la disciplina delle maestranze è perfetta. Al mare,
fonte di salute e di vita, il Regime manda ogni anno centinaia
di migliaia di figli del popolo. La passione degli italiani per
il mare rifiorisce. Vi riconoscono un elemento della potenza nazionale.
Dal mare eternamente mobile passiamo alle montagne che salvaguardano
la nostra più grande pianura e costituiscono la spina dorsale
della penisola. Una politica della montagna è in atto.
I culmini glabri si ricoprono di alberi che la Milizia forestale
pianta e protegge: due parchi, uno nel cuore delle Alpi e un altro
nel cuore degli Appennini, salvano e conservano la superstite
fauna. La politica del Regime è diretta a mantenere la
popolazione della montagna, ai fini pacifici e a quelli militari.
Tra il mare e le montagne, si stendono valli e piani: la terra
nostra è bellissima, ma angusta : 30 milioni di ettari
per 42 milioni di uomini. Un imperativo assoluto si impone: bisogna
dare la massima fecondità a ogni zolla di terra. Il Fascismo
rivendica in pieno il suo preminente carattere contadino. Di qui
la politica rurale del Regime nei suoi diversi aspetti: il credito
agrario, la bonifica integrale, l'elevazione morale e politica
delle genti dei campi e dei villaggi. Solo col Fascismo i contadini
sono entrati di pieno diritto nella storia della Patria. Volgete
gli occhi sull'Agro romano e avrete la testimonianza della profonda
trasformazione agraria in via di esecuzione. In tutte le città
d'Italia il Regime ha lasciato tracce della sua attività.
Talune di esse furono elevate alla dignità di capiluoghi
di provincia. Tutte ebbero provvidenze di carattere edilizio,
igienico, scolastico, amministrativo. Roma ebbe, come di ragione,
un ordinamento particolare. Una Nazione esiste in quanto è
un popolo. Un popolo ascende in quanto sia numeroso, laborioso
e ordinato. La potenza è la risultante di questo fondamentale
trinomio. Bisogna cominciare dall'inizio di ogni vita. A ciò
provvede una creazione tipica del Regime: l'Opera nazionale per
la Maternità e l'Infanzia: nel 1928, 79 milioni sono stati
impiegati a tale scopo. Le generazioni che si affacciano devono
trovare delle scuole. Migliaia di edifici scolastici sono stati
costruiti: aiuti imponenti furono concessi a molte Università.
Il Regime ha realizzato una riforma scolastica che ha dato un
nuovo stile all'insegnamento, ripristinando la necessaria disciplina
e quella dignità che gli studi avevano perduto col prevalere
sulle tradizionali correnti umanistiche di altre tendenze a fini
immediati. L'istruzione pubblica ha compiuto un formidabile sbalzo
innanzi: le scuole elementari sono cresciute di numero e trovano
il loro complemento nel corso triennale di avviamento al lavoro.
Le scuole medie si sono arricchite del liceo scientifico e dell'istituto
magistrale. Il Consiglio nazionale delle Ricerche e l'Accademia
d'Italia costituiscono il coronamento dell'edificio della coltura
italiana. Tutto il sistema scolastico italiano è oggi pervaso
dallo spirito della guerra vittoriosa e da quello della rivoluzione
fascista. Accanto alle scuole, e quasi ad integrazione delle scuole,
la gioventù è raccolta nei Balilla e negli Avanguardisti,
speranza ed orgoglio della Patria. Il popolo che lavora è
inquadrato nelle istituzioni del Regime, attraverso il sindacalismo
e il corporativismo tutta la Nazione è organizzata. Il
sistema che si basa sul riconoscimento giuridico dei Sindacati
professionali, sul contratto collettivo, sul divieto di sciopero
e di serrata, stilla Carta del Lavoro, documento fondamentale
di cui si valuterà la portata sempre maggiore, sulla Magistratura
del Lavoro, si é già appalesato vitale. Il lavoro
e il capitale hanno cessato di considerare i loro antagonismi
come un'insuperabile fatalità della storia: i contrasti
inevitabili trovano il loro sbocco pacifico attraverso a una sempre
più consapevole collaborazione di classe. Sono stati stipulati
centinaia di patti nazionali concernenti milioni di operai. La
legislazione sociale del Regime fascista è la più
avanzata del mondo: va dalla legge sulle otto ore all'assicurazione
obbligatoria contro la tubercolosi. Le classi dei datori di lavoro
sono anch'esse all'avanguardia; sopra tutto in Italia, gli industriali
si sono liberati dalla mentalità classista e mentre la
disciplina delle masse operaie è assoluta, il senso di
civismo e di solidarietà umana nelle classi industriali
italiane costituisce un loro titolo d'onore. La formidabile esperienza
italiana, che si riassume nella "Organizzazione giuridica
di tutte le forze concorrenti alla produzione", è
oggetto di studio e viene già indicata a modello in parecchi
Paesi del mondo, che soffrono delle dispersioni e dei conflitti
della lotta di classe. Niente socialismo di Stato, e niente qualsiasi
altro socialismo, come qualche orecchiuto ed orecchiante osservatore
può ritenere, perché il Regime rispetta e fa rispettare
la proprietà privata; riconosce e fa riconoscere l'iniziativa
privata, e si rifiuta agli esperimenti socializzatori che volgono
altrove alla catastrofe; ma niente nemmeno liberalismo indifferente
dinanzi alle coalizioni degli interessi, il cui urto, quando non
sia contenuto, può mettere a repentaglio il benessere e
la vita stessa della Nazione. Nei paesi moderni, a folta popolazione,
il sistema delle comunicazioni è essenziale, non solo per
i traffici, ma per lo spirito: le comunicazioni, in Italia, hanno,
in questi ultimi anni, realizzato progressi grandiosi: nuovi tronchi
ferroviari, elettrificazione di linee, aumento delle linee telegrafiche,
perfezionamento modernissimo di quelle telefoniche, autostrade,
rete stradale ordinaria in via di riparazione e di sistemazione.
Lo stesso balzo innanzi è stato compiuto in tema di lavori
pubblici. Vi ricordo i formidabili consuntivi di opere pubbliche
rese note e inaugurate ad ogni 28 ottobre.
* * *
Il disagio morale di un tempo è finito. Per il Regime,
nord e sud non esistono: esiste l'Italia e il popolo italiano.
Occorreva, accanto alla sistemazione delle cose, provvedere alla
sistemazione degli spiriti, e a un'ulteriore utilizzazione delle
forze che avevano creato il Regime. Così, lo squadrismo
diventa Milizia. E ogni squadrismo scompare. La Milizia assume,
col tempo, aspetti sempre più definiti e compiti sempre
più vari e importanti.
* * *
Non basta che una potente autorità agisca al centro: la,
periferia deve rispondere con lo stesso tono. Ecco la circolare
ai Prefetti, che stabilisce le attribuzioni delle supreme autorità
nelle provincie.
* * *
Gli uomini hanno bisogno della sicurezza e della giustizia. La
nuova legge, o meglio, il nuovo codice di P. S., sostituendo ed
integrando la vecchia legge, dà allo Stato uno strumento
validissimo per proteggere i buoni cittadini dalla violenza o
dalla perversione dei malvagi. L'amministrazione della giustizia
ha realizzato innovazioni profonde, che vanno dall'unificazione
delle Cassazioni alla imminente riforma dei Codici. La dimostrazione
che la giustizia è il fondamento del Regime sta nel fatto
che, nell'ordinamento gerarchico dello Stato - legge fondamentale
del Regime - il primo ed unico posto spetta al presidente della
Cassazione Unica del Regno. Accanto alla magistratura ordinaria
è posto il Tribunale speciale per la difesa dello Stato,
per reprimere una particolare attività criminale contro
il Regime. Malgrado le favole spacciate a getto continuo, dall'antifascismo
internazionale, tale Tribunale è stato severo, ma giusto;
lo dicono queste veridiche cifre: di 5046 imputati, ben oltre
4000 sono stati assolti. Degli altri, ben 275 sono stati condannati
a pene inferiori a dieci anni; uno solo alla pena capitale; 230
saranno liberati entro l'anno. Confrontato coi terrori antichi
e contemporanei, quello fascista si scolora. Il Regime è
disposto, del resto, col finire delle leggi per la difesa dello
Stato, a non prorogarle; è pronto anche ad anticiparne
la cessazione, purché l'antifascismo superstite si rassegni
all'irrevocabile fatto compiuto, e rinunci a tentativi assurdi,
a denigrazioni ridicole e a una letteratura catastrofica in cui
il grottesco si accoppia alla malafede. Non basta che il popolo
sia ordinato e tranquillo all'interno, è necessario che
le forze armate gli garantiscano la sua pace e la sua sicurezza.
Anche in questo campo il Regime ha tracciato solchi profondi:
con una legge ha creato la Commissione suprema di difesa; con
un'altra ha stabilito l'organizzazione della Nazione in guerra;
con la legge del '25 ha dato il nuovo ordinamento all'Esercito;
con quelle del '26 e del '27 gli ha dato uno statuto, mentre nel
'28 venivano adottate le norme per l'azione e l'impiego delle
grandi unità. Il morale e la disciplina delle truppe italiane
sono alti come in nessun altro Paese del mondo. I soldati, compiuta
la premilitare, vanno alle caserme cantando "Giovinezza".
La guerra aveva lasciato un complicato e delicato problema di
quadri. Sono stati onorati col ducato e col maresciallato i grandi
capitani della vittoria. Sono stati sistemati gli ufficiali in
P.A.S. e quelli esonerati durante la guerra; quelli di complemento
sono stati raccolti nell'Unione nazionale ufficiali in congedo.
È una grande riserva di uomini che va tenuta aggiornata.
I quadri dell'Esercito sono stati migliorati. Le vecchie, gloriose
Scuole di Modena e di Torino hanno ripreso la loro nobile missione
educativa e formativa. Accanto a quello per l'Esercito, il Regime
ha compiuto uno sforzo notevole per la Marina. Bisogna considerare
che la Marina è, in tempo di pace, l'elemento che stabilisce
la gerarchia tra gli Stati. L'Aviazione è stata creata
dalle rovine in cui l'avevano lasciata. Funzionano linee aeree
civili per un percorso di oltre 5000 chilometri. Mi risparmio
altri dettagli. Basterà, per concludere su questo punto,
ricordare che il Fascismo ha esaltato la vittoria e l'ha resa
operante nello spirito delle forze armate e del popolo italiano.
Per questo, il Regime è andato incontro ai reduci di guerra,
raccolti nell'Associazione nazionale combattenti e in quella dei
Mutilati e Invalidi, e alle famiglie dei Caduti, con le quali
fraternizzano le famiglie dei caduti fascisti. La legge sulle
pensioni dei Mutilati e Invalidi è un titolo di gloria
del Governo fascista. La preparazione militare di una Nazione
è una necessità costante; il suo sviluppo è
legato alla solidità della finanza. Anche qui il Regime
ha potentemente operato; le minute, sudice valute cartacee da
una, da due, da cinque, da dieci lire sono scomparse, sostituite
dai più nobili metalli; si è difeso il risparmio;
si è unificata l'emissione della circolazione; si è,
con sforzo coraggioso, stabilizzata la lira, realizzato il pareggio
e l'avanzo del bilancio dello Stato. Siamo però ancora
nel periodo della convalescenza, come lo è, del resto,
l'economia di tutte le Nazioni europee, anche di quelle molto
più ricche della nostra. Forze armate efficienti e sana
finanza sono il presupposto della politica estera di uno Stato.
Il mio discorso del 6 giugno 1928 al Senato è riassuntivo
in questa materia. Rileggetelo. Le grandi direttive non sono,
né possono, - salvo imprevedibili avvenimenti, - cambiare.
A coloro che vogliono inutilmente sgomentare il mondo, col rappresentare
un imperialismo italiano, ricorderemo ancora una volta che l'Italia
contiene le spese per i suoi armamenti nei limiti delle più
elementari necessità di sicurezza e di difesa; ricorderemo
che l'Italia vuol vivere in pace con tutti i popoli, e in particolar
modo con quelli che le stanno vicino; che l'Italia ha stipulato
patti d'amicizia e trattati di commercio con molti Stati e che
di frequente tali atti hanno disperso nebbie, sventato intrighi,
ristabilito l'equilibrio negli spiriti; ricorderemo che l'Italia
essendo all'interno impegnata nella sua opera di ricostruzione
economica e politica, essendo, anzi, tutta presa dallo sforzo
di creazione di nuovi istituti, di un nuovo tipo di civiltà,
che armonizzi le tradizioni con la modernità, il progresso
con la fede, la macchina con lo spirito e segni la sintesi del
pensiero e delle conquiste di due secoli, l'Italia non vuole turbare
la pace, ma è pronta alla difesa dei suoi interessi in
qualsiasi parte del mondo. Tutta l'attività del Regime
si svolge attraverso gli organi della burocrazia. La massa dei
funzionari ufficiali e, in genere, dei dipendenti dello Stato,
merita un elogio. Ha lavorato con coscienza, con disciplina, con
onestà. Le condizioni di questi uomini che, con frase un
po' sciupata, ma tuttavia piena di gravità, si chiamano
servitori dello Stato, non sono brillanti. In questa semplice
constatazione voi potete scorgere un proposito di migliorarle.
Ciò avverrà per naturale sviluppo di cose, per insindacabile
decisione del Governo, al momento opportuno, senza bisogno di
esterne sollecitazioni o richieste. Come sembrano lontani i tempi
in cui pochi dissennati dipendenti dello Stato italiano facevano
del sindacalismo scioperante e scioperaiolo! Proiezione della
potenza della Patria sono i possessi e le Colonie. Il Dodecanneso
è fuori questione, ormai, e Rodi ritorna ad essere la perla
latina dell'Oriente. Pacificata e consolidata la Somalia, dall'Oltre
Giuba alla Migiurtina ; risorta Massaua; progredite le Colonie
mediterranee, unite sotto lo stesso comando, Tripoli e Bengasi
sono ormai presenti allo spirito degli Italiani come le città
della madre Patria, centinaia di pionieri vi si dirigono, la steppa
vi si colora di verde e si punteggia di case, mentre sulle dune,
- spettacolo non più visto da secoli, - si allineano siepi
di alberi. Intanto dalle sabbie africane, molto più benigne
dei barbari, risorgono quasi intatti i monumenti immortali della
conquista e del genio di Roma. Non solo degli Italiani viventi
in Italia il Regime si è preoccupato, ma anche dei dieci
milioni di Italiani sparsi per il mondo, ai quali fa giungere
la voce della Patria attraverso una rete telegrafica italiana
e ai quali ha dato un senso d'orgoglio come non fu mai dall'unità
della Patria. Il quadro di tutto ciò che il Regime ha fatto
per lo Stato e per il popolo è ben lungi dall'essere completo.
Vi sono altre attività che vanno ricordate: l'organizzazione
sportiva e l'educazione fisica, con stadii e palestre non indegne
per amplitudine di quelle dell'antica Roma: il Dopolavoro; il
complesso delle manifestazioni artistiche, non più abbandonate
ai singoli gruppi, ma stabilite per legge; la ridonata dignità
ai nostri massimi teatri; il ripristino e la scoperta delle antiche
vestigia che testimoniano di quella meravigliosa storia che è,
prima e dopo Cristo, la storia di Roma. Fin qui io vi ho parlato
del popolo nelle sue molteplici ed eterne espressioni; ma il popolo
italiano ha una fede, è credente, è cattolico. L'Italia
ha il privilegio unico di ospitare il centro di una religione
da ormai due millenni. Non è per una mera coincidenza o
per un capriccio degli uomini che tale religione si è irradiata
e si irradia da Roma. L'impero romano è il presupposto
storico del Cristianesimo prima, del Cattolicesimo poi. La lingua
della Chiesa è ancora oggi la lingua di Cesare e di Virgilio.
Dopo i lunghi, tristi secoli della divisione e del servaggio straniero,
Roma doveva essere la capitale dell'Italia risorta, poiché
nessun'altra città poteva e può essere la capitale
d'Italia, ma l'evento necessario e la fatale conclusione della
prima fase del Risorgimento determinarono un grave dissidio, che
dal '70 in poi tormentò la coscienza degli Italiani. Tale
dissidio, vera spina nel fianco della Nazione, è sanato
con gli accordi dell'11 febbraio. Accordi equi e precisi, che
creano tra l'Italia e la Santa Sede una situazione, non di confusione
o d'ipocrisia, ma di differenziazione e di lealtà. Io penso,
e non sembri assurdo, che solo in regime di concordato si realizzi
la logica, normale, benefica separazione tra Chiesa e Stato, la
distinzione, cioè, tra i compiti, le attribuzioni dell'una
e dell'altro. Ognuno coi suoi diritti, coi suoi doveri, con la
sua potestà, coi suoi confini. Solo con questa premessa
si può, - in taluni campi, - praticare una collaborazione
da sovranità a sovranità. Parlare di vincitori o
di vinti è puerile: si parli di assoluta equità
dell'accordo che sana reciprocamente "de jure" un'ormai
definitiva, ma sempre pericolosa e comunque penosa situazione
di fatto. La pace tra il Quirinale e il Vaticano è un evento
di portata suprema. non solo in Italia, ma nel mondo. Per gli
Italiani basterà ricordare che il giorno 11 febbraio del
1929 è stato dal Sommo Pontefice finalmente e solennemente
riconosciuto il Regno d'Italia sotto la monarchia di Casa Savoja,
con Roma capitale dello Stato italiano. Da parte nostra, abbiamo
lealmente riconosciuto la sovranità della Santa Sede, non
solo perché esisteva nel fatto, non solo per la quasi irrilevante
esiguità del territorio richiesto, esiguità che
non toglie nulla alla sua grandezza d'altra natura, ma per la
convinzione che il Sommo Capo di una religione universale non
può essere suddito di alcuno Stato, pena il declino della
Cattolicità, che significa universalità. Abbiamo
riconosciuto alla Chiesa cattolica un posto preminente nella vita
religiosa del popolo italiano, il che è perfettamente naturale
in un popolo cattolico quale è il nostro e in un regime
quale è quello fascista. Anche qui il Regime è consequenziario.
Questo non significa, è quasi superfluo il dirlo, che gli
altri culti sin qui tollerati debbano essere d'ora innanzi perseguitati,
soppressi o anche semplicemente vessati. Stato cattolico non significa
che si debba fare ai cittadini obbligo o pressione alcuna di seguire
una determinata fede, anche se sia quella della maggioranza. Ma
con la delimitazione delle giurisdizioni, dei compiti, delle responsabilità,
da Stato a Stato e da Stato a Chiesa, il cammino appare più
sgombro, l'orizzonte più sereno. È un punto fermo
messo a quindici secoli di storia. Anche qui si concentra, nel
diritto, una linea di condotta che fu seguita nei fatti dal 1923
in poi. Lo Stato fascista non è tenuto, come si pretenderebbe
dalle vaghe superstiti cellule demomassoniche, a conservare tutte
le misure di una legislazione che fu il prodotto di un determinato
periodo storico di aspra tensione tra Chiesa e Stato, senza ricordare
che tali leggi, col passare del tempo e attraverso l'indulgenza
agnostica e alla fine abulica del liberalismo, diventarono delle
semplici finzioni. Avvenimenti come quelli dell'11 febbraio sono
di tale portata che bisogna, per giudicarli, mettersi sul piano
della storia. L'anima intuitiva delle moltitudini è, in
questi casi, ben più della intelligenza raziocinante, vicina
alla verità! L'anima del popolo ha sentito che la soluzione
dell'annosa e delicata questione romana è un titolo d'orgoglio
e una documentazione della forza e della solidità del Regime
fascista. Ora non crediate che voglia commettere un peccato di
immodestia dicendo che tutta quest'opera, di cui vi ho dato uno
stringente e parzialissimo riassunto, è stata attivata
dal mio spirito. L'opera di legislazione, di avviamento, di controllo
e di creazione di nuovi istituti, non è stata che una parte
della mia fatica. Ve ne è un'altra, che non è tanto
nota, ma la cui entità vi è data da queste cifre
che vi possono forse interessare: ho concesso oltre 60.000 udienze;
mi sono interessato di 1.887.112 pratiche di cittadini, giunte
direttamente alla mia Segreteria particolare. Tutte le volte che
i singoli cittadini, anche dei più remoti villaggi, si
sono rivolti a me, hanno ottenuto risposta. Non basta fortemente
governare, bisogna che il popolo, anche quello lontano, minuto,
dimenticato, abbia la prova che il Governo è composto di
uomini che comprendono, soccorrono e non si sentono avulsi dal
resto del genere umano. Per reggere a questo sforzo, ho messo
il mio motore a regime, ho razionalizzato il mio quotidiano lavoro,
ho ridotto al minimo ogni dispersione di tempo e di energia e
ho adottato questa massima, che raccomando a tutti gli Italiani:
il lavoro della giornata deve essere metodicamente, ma regolarmente
sbrigato nella giornata. Niente lavoro arretrato. Il lavoro ordinario
deve svolgersi con un automatismo quasi meccanico. I miei collaboratori,
che ricordo con simpatia e che dinanzi a voi voglio ringraziare,
mi hanno imitato. La fatica mi è sembrata leggera, anche
perché varia. Vi ho resistito perché la volontà
era sospinta dalla fede. Ho assunto, come di dovere, tutte le
piccole e le grandi responsabilità. Come avete potuto constatare,
ora che mi avvio alla fine, il mio discorso è stato, come
vi dissi, schematico. Non ho detto tutto. Ho molto dimenticato,
ma potevo io, forse, illustrare le duemila leggi, nelle quali,
durante sei anni, si è realizzata la dottrina, la volontà
e la fede dello Stato fascista? Il discorso sarebbe durato alcune
settimane. L'opera fu perfetta? No, Come tutte le opere umane,
anche la mia, anche la nostra presenta lacune e imperfezioni,
ma il proposito di tener fede alla concezione fascista dello Stato
fu onnipresente in ogni atto, in ogni legge. Incontestabile merito
del Fascismo è di aver dato agli Italiani il senso dello
Stato. Tutto quello che abbiamo fatto e che vi ho riassunto, scompare
di fronte a ciò che abbiamo fatto creando lo Stato. Per
il Fascismo lo Stato non è il "guardiano notturno",
che s'occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini:
non è nemmeno un'organizzazione a fine puramente materiale,
come quello di garantire un certo benessere e una relativa pacifica
convivenza sociale, nel qual caso, a realizzarlo, basterebbe un
consiglio d'amministrazione; non è nemmeno una creazione
di politica pura, senza aderenze con la realtà mutevole
e complessa della vita dei singoli e di quella dei popoli. Lo
Stato, così come il Fascismo lo concepisce e l'attua, è
un fatto spirituale e morale, poiché concreta l'organizzazione
politica, giuridica, economica della Nazione; e tale organizzazione
è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione
dello spirito. Lo Stato è garante della sicurezza interna
ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitore dello
spirito del popolo così come fu dai secoli elaborato nella
lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato non è soltanto
presente, ma è anche passato e, sopra tutto, futuro. È
lo Stato che, trascendendo il limite breve delle vite individuali,
rappresenta la coscienza immanente della Nazione. È lo
Stato che, in Italia, si riassume e si esalta nella dinastia di
Savoia, e nella Sacra Augusta persona del Re. Le forme in cui
gli Stati si esprimono, mutano, ma la necessità rimane.
È lo Stato che educa i cittadini alla virtù civile;
li rende consapevoli della loro missione; li sollecita all'unità;
armonizza i loro interessi nella giustizia; tramanda le conquiste
del pensiero nelle scienze, nelle arti, nel diritto, nell'umana
solidarietà; porta gli uomini dalla vita elementare delle
tribù alla più alta espressione di potenza umana,
che è l'Impero; affida ai secoli i nomi di coloro che morirono
per la sua integrità o per ubbidire alle sue leggi; addita
come esempio, e raccomanda alle generazioni che verranno, i capitani
che lo accrebbero di territorio, o i geni che lo illuminarono
di gloria. Quando declina il senso dello Stato e prevalgono le
tendenze dissociatrici e centrifughe degli individui o dei gruppi,
le società nazionali volgono al tramonto. Potete voi dubitare
del futuro, dopo questo rendiconto del passato e dati questi postulati
dottrinali ai quali terremo fede ? Né voi, né il
popolo italiano, al quale recherete le impressioni di questa grande
adunata. Quando ci ritroveremo a Roma fra cinque anni, il rendiconto
futuro dell'azione del Regime sarà ancora più ricco
di eventi di quello odierno. È con questa certezza che
voi ed il popolo voterete "Sì". Il breve monosillabo
mostrerà al mondo che l'Italia è fascista e che
il Fascismo è l'Italia.
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