DISCORSO DEL
10 giugno 1923
Parole pronunciate agli studenti di Padova il 10 giugno 1923.

L'Università di Padova, la gioventù studiosa non discendente degenere da quegli studenti toscani che andarono a morire a Curtatone e Montanara, volle allora essere all'avanguardia, prendere il suo posto di combattimento, trascinare i riluttanti, fustigare i pusillanimi, rovesciare un Governo e andare a combattere verso il sacrificio, verso la morte, ma anche verso la grandezza e la gloria. Il Governo, che ho l'onore di rappresentare, essendo un Governo che ripudia, almeno nella persona del capo, la dottrina del materialismo e le dottrine che pretendono di spiegare la storia complessissima delle società umane soltanto dal punto di vista unicamente materiale, ebbene, questo Governo che tiene in alto pregio i valori individuali, spirituali e volontaristici, ha in sommo apprezzamento le Università. Il Governo conta sulle Università, perché sono anch'esse dei punti fermi e gloriosi nella via dei popoli. Io non esito ad affermare che se la Germania ha potuto resistere alla suggestione del bolscevismo, ciò è dovuto soprattutto alla forte tradizione universitaria di quel popolo. In fondo, coloro che si avvicinano di frequente alla comunione dello spirito non possono rimanere a lungo infettati da dottrine assurde ed antivitali. Un popolo come il nostro, un popolo di grande ingegno e di grande passione è necessariamente un popolo di equilibrio e di armonia. Il Governo farà tutto il possibile per le Università italiane. Il Governo comprende la loro enorme importanza storica, rispetta le loro nobilissime tradizioni, vuole portarle all'altezza delle necessità moderne. Tutto ciò non può essere opera di un mese: non si può dare in sei mesi fondo all'universo. Noi non facciamo che liberare il terreno da tutti i detriti che la vecchia casta politica ci ha lasciato in tristissima eredità. Come potrebbe un Governo di combattenti avere in dispregio le Università ? Ciò sarebbe non solo assurdo ma delittuoso. Dalle Università sono usciti a migliaia i volontari; sono usciti a diecine di migliaia quei superbi plotonisti che andavano all'assalto delle trincee nemiche con un disprezzo magnifico della morte: sono i compagni la cui memoria noi portiamo profondamente incisa nei nostri cuori. Voi inciderete i loro nomi sulle porte di bronzo, ma ben più imperitura della incisione sulle porte di bronzo è la loro memoria nei nostri spiriti. Non li possiamo dimenticare! Come non dimenticheremo che dalle Università sono usciti a migliaia le giovani camicie nere: quelle che a un dato momento hanno interrotto la vicenda ingloriosa della politica italiana; che hanno preso per il collo, con dita robuste, tutti i vecchi profittatori che apparivano sempre più inadeguati con la loro paralitica decrepitudine alla impazienza esuberante delle nuove generazioni italiane. Ebbene, finché ci saranno Università in Italia - e ce ne saranno per un pezzo - finché ci saranno dei giovani che frequenteranno queste Università e che si metteranno in contatto con la storia di ieri, preparando la storia di domani; finché ci saranno questi giovani, le porte del passato sono solidamente chiuse. Io ne prendo garanzia formale. Ma aggiungo di più: che finché ci saranno questi giovani e queste Università la Nazione non può perire. La Nazione non può diventare schiava perché le Università infrangono i ceppi, non ne creano di nuovi. Se domani sarà ancora necessario per l'interno o per oltre le frontiere suonare la grande campana della Storia, io sono sicuro che le Università si vuoteranno per tornare a ripopolare le trincee. Ed ora che mi avete ringiovanito di venti anni, vorrei che intuonassimo tutti insieme il gaudeamus igitur. In fondo aveva ragione Lorenzo de' Medici di cantare
Come è bella giovinezza ....

Noi saremmo veramente gli ultimi degli uomini se mancassimo al nostro preciso dovere. Ma non mancheremo. Io che ho il polso della Nazione nelle mani, che ne conto diligentemente i battiti, io che qualche volta tremo dinanzi alle responsabilità che mi sono assunte, io più che una speranza, sento fermamente nel mio spirito la suprema certezza, ed è questa: che per volere di Capi, per volontà di Popolo, per sacrificio delle generazioni che furono e di quelle che saranno, l'Italia Imperiale, l'Italia dei nostri sogni, sarà la realtà del nostro domani.

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