Pronunciato
alla Camera dei Deputati
Camerati! Le parole testè pronunciate dal Presidente di
quest'assemblea, parole nelle quali voi avete sentito vibrare
la commozione del vecchio combattente a ricordo del suo Condottiero,
interpretano certamente il vostro sentimento, quello del Governo
ed il mio. La scomparsa del Duca d'Aosta fu veramente un lutto
per la Nazione. Soldati della Terza Armata, che lo avevano visto
per lunghi, indimenticabili anni loro Capo e Camerata nelle doline
del Carso, tra il S. Michele e l'Hermada o sulle rive del Piave,
rivissero quei momenti che furono epici sino ad essere sovrumani.
Le memorie fecero groppo alla gola, quando i fanti superstiti
seppero che Colui che li aveva guidati nelle battaglie alla vittoria,
aveva scelto la Necropoli di Redipuglia per dormire tra i suoi
Caduti, a scolta delle frontiere inviolabili, il sonno dell'eternità.
Non meno profondo fu il dolore del popolo, che nel Duca d'Aosta
ammirava le virtù tradizionalmente sabaude del Principe
e del cittadino; l'uno e l'altro pensosi, sempre e soltanto, delle
sorti della Patria. L'anima del Duca Emanuele Filiberto di Savoia
rifulge, non solo per quanto di grande Egli, in pace e in guerra,
compiè durante la sua giornata terrena; ma si rivela non
meno fulgida nel suo testamento spirituale, che gl'Italiani finché
l'Italia sarà - e l'Italia sarà nei millenni - conserveranno
come un documento sacro per tutte le generazioni avvenire. L'uomo
che aveva visto morire falangi di giovani, si avvicina alla morte
sereno e consolato, col pensiero riconoscente rivolto a Dio, al
Re, al Principe, alla Famiglia. Anche in questo graduare di sentimenti
vi è l'anima diritta del soldato, che non si oblia, soprattutto
nell'ora suprema. La dedizione alla Patria sta, come sempre, dominante
nel suo spirito: la Patria di ieri, ancora mutilata; quella di
oggi, che, attraverso sacrifici immensi, ha conquistato taluni
dei suoi diritti; la Patria di domani, che arriverà alle
mete non ancora raggiunte. Per queste mete balenanti al suo animo
il Principe saluta, prime di entrare nel regno delle ombre aspettanti,
i soldati che fecero la gloria della Terza Armata e quindi la
gloria di tutte le genti d'Italia. Nell'atmosfera creata dalla
Rivoluzione fascista, alla quale il Duca d'Aosta fu apportatore
di palese e profonda simpatia, la parola Gloria ha ripreso il
suo valore sublime. Bisogna assicurare il pane quotidiano al popolo,
e noi ci affatichiamo per questo, fino ai limiti dell'impossibile
e non per basso calcolo, ma per impulso e dovere umano, italiano,
fascista. Ma, al di là dei bisogni, più o meno definiti,
degli individui, un popolo non rimane vivo nella storia del mondo
se, di quando in quando, non vede spuntare ai suoi orizzonti le
luminose giornate della Gloria. Il Duca d'Aosta fu uno dei massimi
artefici di questa Gloria, purissima, perché fiorita nel
sangue incorruttibile nel tempo, perché vegliata dai vivi
e dai morti.
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