DISCORSO DEL
12 novembre 1931
Pronunciato alla Camera dei Deputati

Camerati! Le parole testè pronunciate dal Presidente di quest'assemblea, parole nelle quali voi avete sentito vibrare la commozione del vecchio combattente a ricordo del suo Condottiero, interpretano certamente il vostro sentimento, quello del Governo ed il mio. La scomparsa del Duca d'Aosta fu veramente un lutto per la Nazione. Soldati della Terza Armata, che lo avevano visto per lunghi, indimenticabili anni loro Capo e Camerata nelle doline del Carso, tra il S. Michele e l'Hermada o sulle rive del Piave, rivissero quei momenti che furono epici sino ad essere sovrumani. Le memorie fecero groppo alla gola, quando i fanti superstiti seppero che Colui che li aveva guidati nelle battaglie alla vittoria, aveva scelto la Necropoli di Redipuglia per dormire tra i suoi Caduti, a scolta delle frontiere inviolabili, il sonno dell'eternità. Non meno profondo fu il dolore del popolo, che nel Duca d'Aosta ammirava le virtù tradizionalmente sabaude del Principe e del cittadino; l'uno e l'altro pensosi, sempre e soltanto, delle sorti della Patria. L'anima del Duca Emanuele Filiberto di Savoia rifulge, non solo per quanto di grande Egli, in pace e in guerra, compiè durante la sua giornata terrena; ma si rivela non meno fulgida nel suo testamento spirituale, che gl'Italiani finché l'Italia sarà - e l'Italia sarà nei millenni - conserveranno come un documento sacro per tutte le generazioni avvenire. L'uomo che aveva visto morire falangi di giovani, si avvicina alla morte sereno e consolato, col pensiero riconoscente rivolto a Dio, al Re, al Principe, alla Famiglia. Anche in questo graduare di sentimenti vi è l'anima diritta del soldato, che non si oblia, soprattutto nell'ora suprema. La dedizione alla Patria sta, come sempre, dominante nel suo spirito: la Patria di ieri, ancora mutilata; quella di oggi, che, attraverso sacrifici immensi, ha conquistato taluni dei suoi diritti; la Patria di domani, che arriverà alle mete non ancora raggiunte. Per queste mete balenanti al suo animo il Principe saluta, prime di entrare nel regno delle ombre aspettanti, i soldati che fecero la gloria della Terza Armata e quindi la gloria di tutte le genti d'Italia. Nell'atmosfera creata dalla Rivoluzione fascista, alla quale il Duca d'Aosta fu apportatore di palese e profonda simpatia, la parola Gloria ha ripreso il suo valore sublime. Bisogna assicurare il pane quotidiano al popolo, e noi ci affatichiamo per questo, fino ai limiti dell'impossibile e non per basso calcolo, ma per impulso e dovere umano, italiano, fascista. Ma, al di là dei bisogni, più o meno definiti, degli individui, un popolo non rimane vivo nella storia del mondo se, di quando in quando, non vede spuntare ai suoi orizzonti le luminose giornate della Gloria. Il Duca d'Aosta fu uno dei massimi artefici di questa Gloria, purissima, perché fiorita nel sangue incorruttibile nel tempo, perché vegliata dai vivi e dai morti.

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