Discorso
pronunciato al Senato del Regno il 14 dicembre 1932
Signori senatori, la parola eloquente e commossa del senatore
Corrado Ricci ha, io credo, interpretato il sentimento che vibra
nei nostri cuori. Tutto quello che è accaduto a Traù,
a Veglia e in varie località della Jugoslavia, deve essere
considerato come il sintomo rivelatore di uno stato d'animo, che
continua a manifestare, in vari modi, ma costantemente, la sua
ostilità all'Italia. A Traù sono stati distrutti
i leoni della Serenissima, e il vandalismo ha provocato un moto
di sdegno in tutti i Paesi civili. A Veglia sono state consumate
violenze, anche mortali, contro Italiani; in altre molte località
della Jugoslavia si sono verificate, in questi ultimi tempi, vessazioni
deplorevoli contro italiani residenti in Jugoslavia o recantisi
oltre i confini per attivare quei traffici con l'Italia, che costituiscono
oggi una essenziale risorsa dello Stato vicino. Tutto ciò
non accade per impulso irresponsabile di individui o gruppi, ma
risponde ad un piano preciso. Ove sono dunque da rintracciare
i responsabili organizzatori di questi episodi, gli artefici di
questa campagna? Confermo quanto ha detto il senatore Corrado
Ricci: che gli intellettuali della Croazia hanno pubblicamente
disapprovato le distruzioni di Traù. Anche durante la guerra
gli elementi croati non toccarono mai i leoni di Venezia, né
gli altri monumenti della eredità di Roma. Durante quattro
secoli la Dalmazia fu difesa, incivilita da Venezia, e quando,
al declinare del XVIII secolo, la Serenissima ebbe esaurito il
ciclo della sua magnifica storia, gli abitanti della Dalmazia
custodirono, sotto gli altari maggiori delle loro Chiese, i gloriosi
vessilli di San Marco. Io voglio supporre che quanti sono in Jugoslavia,
i quali hanno assimilato la civiltà dell'Occidente, la
civiltà di Roma, debbano avere sofferto per la vandalica
rabbia, come di fronte a una mortificazione dello spirito, come
di fronte ad un delitto perpetrato contro i monumenti di quella
civiltà romana e veneziana che il dalmata Tommasèo,
in pagine immortali, esaltò. Gli autentici responsabili
sono da individuare in taluni elementi che guidano la classe politica
dominante dello Stato vicino e per i quali la propaganda di odio
e di calunnia contro l'Italia costituisce un tentativo per stabilire
una qualsiasi coesione all'interno e per agitare un diversivo
per l'estero. Ma non meno gravi responsabilità ricadono
sopra altri elementi, che chiamerò europei, i quali, veramente,
sperano di turbare il nostro sangue freddo, collaudato ormai da
molte e talora durissime prove, scatenando una clamorosa campagna
di stampa, in cui il grottesco dell'ipotesi si associa perfettamente
alla stupidità delle conclusioni. È di ieri la notizia
pubblicata da un grande giornale straniero, il quale annunciava,
ancora una volta, propositi di aggressione da parte dell'Italia
contro la Jugoslavia e ne fissava anche la data. Tutto questo
risponde a torbidi obiettivi; tutto ciò è organizzato
sotto la maschera, sotto quei falsi pacifismi, che ho sempre denunciato
come i veri pericoli per la pace. Gli episodi che hanno culminato
nelle distruzioni di Traù e nella uccisione di Veglia,
sono stati oggetto di proteste diplomatiche del nostro Ministro
a Belgrado; ma, accanto alle proteste ufficiali, lo scatto dell'animosa
gioventù fascista, l'emozione di tutto il popolo italiano
e, infine, la parola che parte da questa alta Assemblea, hanno
il loro profondo significato, sul quale è richiamata l'attenzione
dell'Europa. I leoni di Traù sono stati distrutti; ma ecco
che, distrutti, sono, come non mai, divenuti simbolo vivo e testimonianza
certa. Solo uomini arretrati ed incolti possono illudersi che,
demolendo le pietre, si cancelli la storia.
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