Discorso
pronunciato il 19 dicembre 1932 dalla terrazza del Municipio agli
operai e rurali impiegali
nella gigantesca opera di bonifica. Fondazione del Comune di Littoria
Oggi è una grande giornata per la Rivoluzione delle Camicie
Nere. È una giornata fausta per l'Agro Pontino. È
una gloriosa giornata per la storia della Nazione. Quello che
fu invano tentato durante il passare di venticinque secoli, oggi
noi stiamo traducendo in una realtà vivente. Sarebbe questo
il momento per essere orgogliosi. No! Noi siamo soltanto un poco
commossi e coloro che hanno vissuto le grandi e tragiche giornate
della guerra vittoriosa, passando davanti ai nomi che ricordano
il Grappa, il Carso, l'Isonzo, il Piave, sentono nel loro cuore
tumultuare i vecchi ricordi. Noi, oggi, con l'inaugurazione ufficiale
del nuovo comune di Littoria, consideriamo compiuta la prima tappa
del nostro cammino. Abbiamo, cioè, vinto la nostra prima
battaglia. Ma noi siamo fascisti, e, quindi, più che guardare
al passato, siamo sempre intenti verso il futuro. Finche tutte
le battaglie non siano vinte, non si può dire che tutta
la guerra sia vittoriosa. Solo quando, accanto alle cinquecento
case oggi costruite, ne siano sorte altre quattromila e cinquecento;
quando, accanto ai diecimila abitatori attuali, ve ne siano quaranta,
cinquanta mila, che noi ci ripromettiamo di far vivere in quelle
che furono le Paludi Pontine, solo allora potremo lanciare alla
Nazione il bollettino della vittoria definitiva. Non saremmo fascisti,
se già sin da questo momento non precisassimo, con la esattezza
che è nel nostro costume, con l'energia che è nel
nostro temperamento, quelle che saranno le tappe future e cioè:
il 28 ottobre 1933 si inaugureranno altre nove centottantuna case
coloniche; il 21 aprile 1934 si inaugurerà il nuovo comune
di Sabaudia. Vi prego di notare queste date. Il 28 ottobre 1935
sì inaugurerà il terzo comune: Pontinia. A quell'epoca,
per quella data, noi, probabilmente, avremo toccata la mèta
e realizzato tutto il nostro piano di lavoro. Voglio elogiare
in primo luogo il Presidente dell'Opera Nazionale Combattenti;
poi i suoi immediati collaboratori, gli ingegneri, i tecnici tutti.
Voglio elogiare gli operai venuti da tutte le parti d'Italia e
i coloni che dalle terre del Veneto e della Valle del Po son venuti
qui a lavorare. Sarà forse opportuno ricordare che una
volta, per trovare lavoro, occorreva valicare le Alpi o traversare
l'Oceano. Oggi la terra è qui, a mezz'ora soltanto da Roma.
È qui che noi abbiamo conquistato una nuova provincia.
È qui che abbiamo condotto e condurremo delle vere e proprie
operazioni di guerra. È questa la guerra che noi preferiamo.
Ma occorrerà che tutti ci lascino intenti al nostro lavoro.
La nuova vita di Littoria comincia. Sono sicuro che i coloni qui
giunti saranno lieti di mettersi al lavoro, anche perché
hanno in vista, tra quindici o venti anni, il possesso definitivo
del loro podere. Io dico ai contadini e ai rurali, che sono particolarmente
vicini al mio spirito, che essi, da vecchi soldati, debbono affrontare
fieramente le difficoltà che si incontrano quando si comincia
una nuova fatica. Debbono guardare a questa torre, che domina
la pianura e che è un simbolo della potenza fascista: convergendo
verso di essa, troveranno, quando occorra, aiuto e giustizia!
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