La
mia sorte è decisa e sembra vogliate compiere l'atto con
una certa solennità. Voi siete più severi dei giudici
borghesi, i quali lasciano il diritto alla difesa; alla difesa
più ampia, la più esauriente, anche dopo la sentenza,
perché accordano dieci giorni di tempo per produrre i motivi
di ricorso. Se è deciso, se voi ritenete che io sia indegno
di militare fra di voi... espelletemi pure, ma io ho il diritto
di pretendere un atto di accusa in piena regola. Ma in questa
assemblea il pubblico ministero non ha ancora fatto ne la questione
politica, ne la questione morale. Io dunque sarò ghigliottinato
con un ordine del giorno che non dice niente. Qui si doveva dire:
Voi siete indegno per questi e questi motivi; ed allora io avrei
accettato il mio destino. Questo però non si è detto,
e molti di voi, se non tutti, uscirete di qui con la coscienza
turbata. Per quello che riguarda la questione morale ripeto ancora
una volta che son pronto a sottomettermi a qualsiasi commissione
che indaghi, inquirisca e riferisca. Per quanto riguarda la questione
disciplinare dirò che questa non è stata prospettata
perché vi sono precedenti calzantissimi, precedenti, però,
che io non invoco, perché mi sento sicuro, perché
ho la coscienza tranquilla. Voi credete di perdermi, ma io vi
dico che vi illudete. Voi oggi mi odiate perché mi amate
ancora, perché... Ma voi non mi perderete: dodici anni
della mia vita di partito sono o dovrebbero essere una sufficiente
garanzia della mia fede socialista. Il socialismo è qualche
cosa che si radica nel sangue. Quello che mi divide ora da voi
non è una piccola questione, è una grande questione
che divide il socialismo tutto. Amilcare Cipriani, sul cui nome
abbiamo fatto una mirabile lotta al sesto collegio (voi la ricordate
quella grande lotta?), Amilcare Cipriani non potrà più
essere vostro candidato perché egli ha dichiarato, a voce
e per iscritto, che se i suoi settantacinque anni glielo permettessero,
egli sarebbe sulle trincee a combattere contro la reazione militarista
europea, che soffoca la rivoluzione. Il tempo dirà chi
aveva ragione e chi aveva torto in questa formidabile questione
che non si era mai presentata al socialismo, semplicemente perché
non si era mai presentata nella storia umana una conflagrazione
come quella attuale, in cui milioni e milioni di proletari sono
gli uni contro gli altri. Non è cosa di tutti i giorni
quella di una guerra come Fattuale, che ha qualche rassomiglianza
con l'epopea napoleonica. Waterloo fu del 1814; forse nel 1914
qualche altro principio andrà per terra, qualche altra
corona andrà in frantumi, forse si salverà la libertà,
e si inizierà una nuova era nella storia del mondo. Specialmente
nella storia del proletariato - continua Mussolini - il quale
in tutte le ore critiche mi ha visto qui, in questo stesso posto,
come mi ha visto in piazza. Ma vi dico fin da questo momento che
non avrò remissione, non avrò pietà alcuna,
per tutti coloro che in questo tragico momento non dicono la loro
parola, sia per paura dei fischi, o per paura delle grida di abbasso.
Non avrò remissione, non avrò pietà - prosegue
Mussolini - per tutti i reticenti, per tutti gli ipocriti, per
tutti i vili! E voi mi vedrete ancora al vostro fianco. Non dovete
credere che la borghesia sia entusiasta del nostro intervenzionismo;
essa ringhia, ci accusa di temerarietà e paventa che il
proletariato, munito della baionetta, possa servirsene per gli
scopi suoi. Non crediate che, strappandomi la tessera, mi interdirete
la fede socialista, m'impedirete di lavorare ancora per la causa
del socialismo e della rivoluzione. Un caldo applauso saluta le
ultime parole che Mussolini ha pronunziate con grande energia
e con accento della più profonda convinzione. Egli scende
dalla tribuna e si apre il varco nell'immensa sala, mentre tutt'intorno
gli si stringe la feroce ressa dei giustizieri, amareggiati dalle
poche, incisive parole di colui che ha avuto la forza di assistere
senza turbamento ad una simile esplosione di odio inverecondo,
che ha avuto il coraggio di fare un nuovo atto di fede, più
solenne, più bello, appunto perché più contrastato.
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