Discorso
pronunciato alla Camera dei Deputati il 26 maggio 1927,
ricordato come "discorso dell'ascenzione"
Il mio discorso si divide in tre parti: primo, esame della situazione
del popolo italiano dal punto di vista della salute fisica e
della razza; secondo, esame dell'assetto amministrativo della
Nazione; terzo, direttive politiche, generali, attuali e future
dello Stato. Qualcuno, in altri tempi, ha affermato che lo Stato
non doveva preoccuparsi della salute fisica del popolo. Anche
qui doveva valere il manchesteriano "lascia fare, lascia
correre". Questa è una teoria suicida. È
evidente che, in uno Stato bene ordinato, la cura della salute
fisica del popolo deve essere al primo posto. Come stiamo a
questo proposito? Quale è il quadro? La razza italiana,
cioè il popolo italiano nella sua espressione fisica,
è in periodo di splendore, o vi sono dei sintomi di decadenza?
Se lo sviluppo retrocede, quali sono le possibili prospettive
per il futuro? Questi interrogativi sono importanti non solo
per coloro che professano le dottrine della sociologia. Le malattie
cosiddette sociali segnano una recrudescenza. Bisogna preoccuparsene,
e preoccuparsene in tempo. Intanto, che cosa ha fatto la Direzione
generale di Sanità? Moltissime cose, che io vi leggo,
non foss'altro per la documentazione necessaria. Si è,
prima di tutto, intensificata la difesa sanitaria alle frontiere
marittime e terrestri cella Nazione. Sotto la diretta sorveglianza
degli organi della Sanità pubblica si sono derattizzati
novemila bastimenti, cioè si sono uccisi quei roditori
che portano dall'Oriente malattie contagiose: quell'Oriente
donde ci vengono molte cose gentili, febbre gialla e bolscevismo.
Ci siamo occupati della professione sanitaria, dell'assistenza
sanitaria, dell'igiene scolastica, dei servizi antitubercolari,
della lotta contro i tumori maligni, della vigilanza sugli alimenti
e bevande, delle opere igieniche, - acquedotti e fognature,
- delle sostanze stupefacenti, delle specialità medicinali
e finalmente dei consorzi provinciali antitubercolari. Tutto
questo, probabilmente, non vi dice gran che. Ma passiamo alle
cifre, che sono sempre interessanti. Intanto si può oggi
annunciare che una malattia sociale, la quale gravava sulla
popolazione italiana da almeno un quarantennio, è totalmente
scomparsa Parlo della pellagra. Nel Veneto, che era la regione
più colpita, si ha 1,3 morto per ogni 100.000 abitanti;
si può quindi dire, oggi, che la Nazione italiana ha
vinto definitivamente questa battaglia. Ma non altrettanto può
dirsi per la tubercolosi. Questa miete ancora abbondantemente.
Sono cifre terribili, che debbono far riflettere. Vanno da un
minimo di 52.293 nel 1922, a 59.000 nel 1925. La regione più
colpita è la Venezia Giulia; quella che è meno
colpita è la Basilicata. Altrettanto notevole è
il numero di coloro che sono colpiti dalle infermità
dovuti ai tumori maligni. Qui la regione più colpita
è la Toscana; la meno colpita, fortunatamente è
la Sardegna, la quale Sardegna paga però un tributo tristissimo
e amplissimo alla malaria. Le cifre assolute dei morti per malaria
non sono gravi e segnano una diminuzione.Vanno da 4.085 nel
1922 a 3.588 nel 1925. Qui la Sardegna ha il primato: 99 morti
ogni 100.000 abitanti. Un altro fenomeno sul quale bisogna richiamare
l'attenzione dei cittadini consapevoli, è quello della
mortalità per alcoolismo. Non vorrei, a questo punto,
che gli organizzatori del recente Congresso antiproibizionista
temessero alcunché dalle mie parole. Io, non solo non
credo all'astinenza assoluta; penso, anzi, che, se ragionevoli
dosi di alcool avessero fatto molto male al genere umano, a
quest'ora l'umanità sarebbe scomparsa o quasi, perché
liquidi fermentati si bevono fin dai tempi preistorici. Però
non vi è dubbio che in Italia si comincia a bere troppo
egregiamente. Il Mortara, nelle sue "Prospettive economiche"
ci fa sapere che l'Italia ha 3 milioni di ettari dedicati a
vigna; un milione di più di quello che non ne abbiano
la Francia e la Spagna, che sono, come sapete, paesi produttori
mondiali di vino. I morti per alcolismo non sono una cifra eccessiva;
si va da 664 nel 1922 a 1.315 nel 1925; e i quozienti più
alti sono nelle Marche, nella Liguria, nel Veneto, nell'Umbria,
nel Piemonte, negli Abrizzi, nell'Emilia. Qui si è affacciato
il problema della riduzione degli spacci, che erano moltissimi:
187.000 osterie in Italia! Ne abbiamo chiuse 25.000, e procederemo
energicamente in questa direzione anche perché noi lo
possiamo fare. Siccome noi, probabilmente, non avremo più
occasione di sollecitare voti dagli osti e dai loro clienti,
come accadeva durante il Medio-Evo democratico-liberale, possiamo
permetterci il lusso di chiudere questi spacci di rovinosa felicità
a buon mercato. Anche la mortalità per pazzia è
in aumento, ed è in aumento il numero di suicidi. Voi
vedete da queste cifre che il quadro, pur senza essere tetro
e tragico, merita una severa attenzione. Bisogna quindi vigilare
il destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare
dalla maternità e dall'infanzia. A questo tende l'Opera
nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia,
voluta dall'onorevole Federzoni (e non è questo uno dei
suoi ultimi meriti durante il suo passaggio al ministero dell'Interno);
Opera nazionale che oggi è diretta, con un fervore che
ha dell'apostolato, dal nostro collega Blanc. Fatta la legge,
organizzata l'Opera per la Maternità e l'Infanzia nel
suo Comitato centrale, - che era troppo numeroso, ragione per
cui venne sciolto, - e nei suoi Comitati provinciali, bisogna
finanziare quest'Opera. Esistono nel paese 5.700 istituzioni
che si occupano della maternità e dell'infanzia, ma non
hanno denaro sufficente. Di qui la tassa sui celibi, alla quale
forse in un lontano domani potrebbe fare seguito la tassa sui
matrimoni infecondi. Questa tassa dà dai 40 ai 50 milioni;
ma voi credete realmente che io abbia voluto questa tassa soltanto
a questo scopo? Ho approfittato di questa tassa per dare una
frustata demografica alla Nazione. Questo vi può sorprendere;
qualcuno di voi può dire: "Ma come, ce n'era bisogno?"
Ce n'è bisogno. Qualche inintelligente dice: "Siamo
in troppi". Gli intelligenti rispondono: "Siamo in
pochi". Affermo che, dato non fondamentale ma pregiudiziale
della potenza politica, e quindi economica e morale delle Nazioni,
è la loro potenza demografica. Parliamoci chiaro: che
cosa sono 40 milioni d'Italiani di fronte a 90 milioni di Tedeschi
e a 200 milioni di Slavi? Volgiamoci a Occidente: che cosa sono
40 milioni di Italiani di fronte a 40 milioni di Francesi, più
i 90 milioni di abitanti delle Colonie, o di fronte ai 46 milioni
di Inglesi, più i 450 milioni che stanno nelle Colonie?
Signori, l'Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi
sulla soglia della seconda metà di questo secolo con
una popolazione non inferiore ai 60 milioni di abitanti. Voi
direte: Come vivranno nel territorio? Lo stesso ragionamento,
molto probabilmente, si faceva nel 1815, quando in Italia vivevano
soltanto 16 milioni di Italiani. Forse anche allora si credeva
impossibile che nello stesso territorio avessero potuto trovare,
con un livello di vita infinitamente superiore, alloggio e nutrimento
i 40 milioni di Italiani di oggidì. Da cinque anni noi
andiamo dicendo che la popolazione italiana straripa. Non è
vero! Il fiume non straripa più, sta rientrando abbastanza
rapidamente nel suo alveo. Tutte le Nazioni e tutti gli imperi
hanno sentito il morso della loro decadenza, quando hanno visto
diminuire il numero delle loro nascite. Che cosa è la
pace romana di Augusto? La pace romana di Augusto è una
facciata brillante, dietro la quale già fermentavano
i segni della decadenza. Ed in tutto l'ultimo secolo della seconda
Repubblica, da Giulio Cesare, che mandò i suoi legionari
muniti di tre figli nelle terre fertili del Mezzogiorno, alle
leggi di Augusto, agli ordines maritandi, l'angoscia è
evidente. Fino a Traiano tutta la storia di Roma, nell'ultimo
secolo della Repubblica e dal primo al terzo secolo dell'Impero
è dominata da questa angoscia: l'Impero non si teneva
più, perché doveva farsi difendere dai mercenari.
Problema: queste leggi sono efficaci? Queste leggi sono efficaci,
se sono tempestive. Le leggi sono come le medicine: date ad
un organismo che è ancora capace di qualche reazione,
giovano; date ad un organismo vicino alla decomposizione, ne
affrettano, per le loro congestioni fatali, la fine. Non si
può discutere se le leggi di Augusto abbiano avuto efficacia.
Tacito diceva di no; Bertillon, dopo 20 secoli, diceva di sì,
in un suo libro molto interessante, dedicato allo spopolamento
della Francia. Comunque, sta di fatto che il destino delle Nazioni
è legato alla loro potenza demografica. Quand'è
che la Francia domina il mondo? Quando poche famiglie di baroni
normanni erano così numerose che bastavano a comporre
un esercito. Quando, durante il periodo brillante della Monarchia,
la Francia aveva questa orgogliosa divisa: "Égale
à plusieurs" e quando, accanto ai 25 o 30 milioni
di Francesi, non c'erano che pochi milioni di Tedeschi, pochi
milioni di Italiani, pochi milioni di Spagnoli. Se vogliamo
intendere qualche cosa di quello che è successo negli
ultimi 50 anni di storia europea, dobbiamo pensare che la Francia,
dal '70 ad oggi è aumentata di 2 milioni di abitanti,
la Germania di 24, l'Italia di 16. Andiamo ancora nel profondo
di questo problema che mi interessa. Qualcuno ritiene, - altro
luogo comune che oggi si demolisce, - che la Francia sia la
Nazione a più basso livello demografico che vi sia in
Europa. Non è vero. La Francia si è stabilizzata
sul 18 per mille di natalità da circa 15 anni. Non solo,
ma in certi dipartimenti francesi vi è un risveglio della
natalità. La nazione che tiene il primato in questa triste
faccenda è la Svezia, che è al 17 per 1000, mentre
la Danimarca è al 21, la Norvegia al 19 e la Germania
è in piena decadenza demografica; dal 35 per 1000, è
discesa al 20. Mancano due punti e sarà al livello della
Francia. Anche l'Inghilterra non è in condizioni brillanti.
Nel 1926 il suo livello di natalità è stato il
più basso d'Europa: 16,7 per 1000. Delle nazioni europee,
quella che tiene la palma è la Bulgaria, coi 40 per 1000,
poi vengono altre nazioni con livelli diversi, e finalmente
vale la pena di occuparsi d'Italia. Il quinquennio di massima
natalità fu tra il 1881 e il 1885, con 38 nati vivi su
1000; il massimo fu nel 1886, con 39. Da allora siamo andati
discendendo, cioè dal 39 a 35 per 1000 siamo discesi
oggi al 27. È vero che di altrettanto sono diminuite
le morti; ma l'ideale sarebbe: massimo di natalità, minimo
di mortalità. Molte regioni d'Italia sono già
al disotto del 27 per 1000. Le regioni che stanno al disopra
sono la Basilicata, ed io le tributo il mio plauso sincero,
perché essa dimostra la sua virtù e la sua forza.
Evidentemente la Basilicata non è ancora sufficientemente
infetta da tutte le correnti perniciose della civiltà
contemporanea. Vengono poi la Puglia, la Sardegna, le Marche,
l'Umbria, il Lazio. Ma le regioni che si tengono sul 27 per
1000 sono l'Emilia e la Sicilia; al disotto la Lombardia, la
Toscana, il Piemonte, la Liguria, le Venezie Tridentina e Giulia.
Questo ancora non basta. C'è un tipo di urbanesimo che
è distruttivo, che isterilisce il popolo, ed è
l'urbanesimo industriale. Prendiamo le cifre delle grandi città,
delle città che si aggirano e superano il mezzo milione
di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino, nel 1926,
è diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano: è
aumentata di 22 abitanti. Genova è aumentata di 158 abitanti.
Queste sono tre città a tipo prevalentemente industriale.
Se tutte le città italiane avessero di queste cifre,
tra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono altri
popoli. Fortunatamente non è così: Palermo ha
4177 abitanti di più - parlo di quelli che nascono, non
di quelli che ci vanno, perché questo è spostamento,
non aumento -; Napoli 6695 e Roma tiene il primato con 7925.
Ciò significa che, mentre Milano, in 10 anni, crescerà
di 220 abitanti, Roma crescerà di 80.000. Ma voi credete
che, quando parlo della ruralizzazione dell'Italia, io ne parli
per amore delle belle frasi, che detesto? Ma no! Io sono il
clinico che non trascura i sintomi, e questi sono sintomi che
ci devono far seriamente riflettere. Ed a che cosa conducono
queste considerazioni? primo, che l'urbanesimo industriale porta
alla sterilità le popolazioni; secondo che altrettanto
fa la piccola proprietà rurale. Aggiungete a queste due
cause d'ordine economico la infinita vigliaccheria morale delle
classi cosiddette superiori della società. Se si diminuisce,
signori, non si fa l'Impero, si diventa una colonia! Era tempo
di dirle queste cose; se no, si vive nel regime delle illusioni
false e bugiarde, che preparano delusioni atroci. Vi spiegherete
quindi che io aiuti l'agricoltura, che mi proclami rurale; vi
spiegherete quindi che io non voglia industrie intorno a Roma;
vi spiegherete quindi come io non ammetta in Italia che le industrie
sane, le quali industrie sane sono quelle che trovano da lavorare
nell'agricoltura e nel mare. Da questa digressione d'ordine
demografico, che mi farete il piacere di meditare e di rileggere
fra le righe, passo alla seconda parte del mio discorso, quella
che concerne l'assetto amministrativo del Paese, che è
legato per una piccola passerella a questo capitolo del mio
discorso. Perché ho creato 17 nuove provincie? Per meglio
ripartire la popolazione; perché questi centri provinciali,
abbandonati a se stessi, producevano un'umanità che finiva
per annoiarsi, e correva verso le grandi città, dove
ci sono tutte quelle cose piacevoli e stupide che incantano
coloro che appaiono nuovi alla vita. Abbiamo trovato, all'epoca
della Marcia su Roma, 69 provincie del Regno. La popolazione
era aumentata di 15 milioni, ma nessuno aveva mai osato di toccare
questo problema, e di penetrare in questo terreno, perché
nel vecchio regime l'idea, l'ipotesi di diminuire od aumentare
una provincia, di togliere una frazione ad un comune o, putacaso,
l'asilo infantile di una frazione comunale, era tale problema
da determinare crisi ministeriali gravissime. Noi siamo più
liberi in questa materia, e allora, fin dal nostro avvento,
abbiamo modificato quelle che erano le più assurde incongruenze
storiche e geografiche dell'assetto amministrativo dello Stato
italiano. È allora che abbiamo creato la provincia di
Taranto e quella della Spezia, che abbiamo restituito la Sabina
a Roma, perché i Sabini questo desideravano, e il circondario
di Rocca San Casciano alla provincia di Forlì, per ragioni
evidenti di geografia. Ci sono state quattro provincie particolarmente
mutilate, che hanno accettato queste mutilazioni con perfetta
disciplina: Genova, Firenze, Perugia e Lecce. C'è stata
una provincia soppressa, che ha dato spettacolo superbo di composta
disciplina: Caserta. Caserta ha compreso che bisogna rassegnarsi
ad essere un quartiere di Napoli. La creazione di queste provincie
è stata senza pressioni degli interessati; è stato
perfettamente logico che i segretari federali siano stati festeggiati,
ma non ne sapevano nulla. Abbiamo creato delle provincie di
confine. Le abbiamo create adesso perché sono scomparse
le condizioni per cui noi non le creammo quattro anni fa. Provincie
di confine che non sono comparabili l'una all'altra: Aosta,
italianissima, fierissima di patriottismo, Aosta non ha niente
a che fare con Bolzano o Bolgiano, e lo vedremo tra poco. Di
tutte le provincie, delle quali non tesserò l'elogio
per non mortificare la modestia dei deputati che le rappresentano
qui, una particolarmente m'interessa: quella di Bolzano. È
tempo di dire che Bolzano per molti secoli s'è chiamata
Bolgiano; è tempo di dire che Bolgiano è stata
sempre una città italianissima, è tempo di dire
che l'intedescamento di Bolgiano è dell'ultima metà
del secolo scorso, e precisamente di dopo che l'Austria, perduta
Venezia, volle intedescare ferocemente l'Alto Adige ed il Trentino,
per avere un cuneo sicuro da piantare fra due regioni italiane.
Tutto ciò non ha niente a che vedere col confine del
Brennero. Anche se, per avventura, ci fossero nell'Alto Adige
centinaia di migliaia di tedeschi puri al 100 per 100, il confine
del Brennero è sacro e inviolabile. E lo difenderemmo,
se fosse necessario, anche con la guerra, anche domani. Lassù
non c'è che una minoranza di italiani che parlano un
dialetto tedesco come lingua d'uso, e lo parlano solo da mezzo
secolo. Nel resto il problema delle minoranze allogene è
irrisolubile. Lo si capovolge, ma non lo si risolve. Da un archivio,
che era tenuto gelosamente segreto, risulta che tutti gli atti
del magistrato mercantile di Bolgiano, che è stato per
alcuni secoli l'autorità più importante di quel
paese, erano scritti in lingua italiana. I privilegi, le confirmazioni,
decine e decine di codici interessantissimi sono in lingua italiana.
In lingua italiana erano redatti atti di commercio, registrazioni
contabili, petizioni giuridiche, ricorsi al magistrato mercantile,
bollettini commerciali, elencazioni nominative di commercianti
e persino suppliche alla maestà dell'Imperatore. Documentiamo.
Ecco una supplica alla Maestà dell'Imperatore. Udite
in Quale lingua fu scritta: "Monarca, l'inalterabile meta
dell' ardentissimo nostro voto è di collocare la statua
dell'immortale nostro Monarca in questo palazzo mercantile.
L'aquila imperiale, segno caratteristico del Dio de' Dei, siede
ai suoi piedi. Avanti al suo maestoso aspetto giace Mercurio
sulle ginocchia carico di catene e chino al quale l'aquila scioglie
i ceppi e l'ottimo nostro Giove ridona il suo caduceo. Sì,
clementissimo Monarca, questa è l'immagine impressa dal
più vivo sentimento di gratitudine dei nostri animi.
Augustissimo Monarca, mai e poi mai si avrà a pentire
la Maestà Vostra della clementissima risoluzione notificatasi
in data del 20 passato agosto e della Sovrana grazia mediante
questo onore al nostro commercio concesso. Questa è la
voce, clementissimo Principe, dei nostri cuori penetrati dal
più efficace spirito di gratitudine, di fedeltà
e di sommisione, col quale ci prostriamo ai piedi della Maestà
Vostra; fedelissimi e ossequiosissimi consoli e consiglieri
dello Stato mercantile di Bolgiano, insieme ai contrattanti
e fieranti." Raccomando quel "fieranti", bellissimo,
che sa di buono, come il buon pane campagnolo che si faceva
prima dell'invenzione dei forni elettrici. Ebbene, questi sono
documenti di singolare valore storico. Ne risulta che mal si
apponevano coloro, i quali pensavano che la posizione della
provincia di Bolgiano costituisse un regalo o una concessione
all'elemento tedesco, specialmente a quello più turbolento
di oltre Brennero. Niente di ciò: si è fatta la
provincia di Bolgiano per più rapidamente italianizzare
quella regione. Nessun'altra politica può essere adottata.
Questo non significa che si debbano vessare gli abitanti dell'Alto
Adige, che noi consideriamo come cittadini italiani che si sono
ignorati e che devono ritrovarsi. Non appena fu pubblicato sui
giornali l'elenco delle nuove provincie, sorsero dei desideri.
Alcune città, che si ritenevano degne di questo onore,
lo sollecitarono. Ma io risposi con un telegramma ai notabili
di caltagirone, dicendo che fino al 1932 di ciò non si
sarebbe parlato. Perché nel 1932? Perchè nel 1932
sarà finito il censimento che noi stiamo preparando sin
da questo istante. Mancano quattro anni, ma io ho deciso che
entro sei mesi si devono conoscere i risultati del censimento
del 1931. Ed allora molto probabilmente ci sarà una nuova
sistemazione delle provincie italiane, ci saranno città
che diventeranno provincie, se le popolazioni saranno laboriose,
disciplinate, prolifiche. Intanto abbiamo realizzato l'ordinamento
podestarile in tutti i Comuni del Regno. Quando si parlò
del podestà, non pochi furono coloro che versarono delle
lacrime sul vecchio elezionismo che tramontava nelle competizioni
amministrative. Ebbene, la nomina dei podestà si è
svolta in tutta Italia senza quegli incidenti, senza quei disordini
che taluni profetizzavano. Poche beghe, mediocri, e limitate
a piccoli paesi. E si capisce che, trattandosi del primo magistrato
cittadino, del primo della serie, si potesse battagliare per
vedere quale dei pretendenti fosse dotato delle superiori virtù.
Questo è umano, è naturale. Ma il fatto è
che tutti i podestà insediati, o quasi tutti, amministrano
col pieno, e spesso entusiastico consenso delle popolazioni.
Devo dire ai podestà d'Italia, da questa tribuna, una
parola: adagio con le spese! Io comprendo perfettamente che
il primo podestà della serie voglia far qualche cosa
per cui si dica: Questo è il Colosseo, questa è
la fontana, la scuola, ecc. Ma, adagio, bisogna che tutto sia
adeguato alla politica del Governo, perché altrimenti
avremo degli squilibri ed i Comuni andranno ad indebitarsi.
Non potranno pagare i debiti e metteranno delle tasse, ricorreranno
allo Stato, che metterà delle altre tasse, perché
lo Stato fascista non vuole stampare moneta. Adagio anche con
le municipalizzazioni. Questo è un residuo del vecchio
socialismo amministrativo. Adagio anche con le cerimonie, i
banchetti e le manifestazioni e possibilmente anche con i discorsi.
Intanto, con tutta calma, procederemo al riordinamento delle
circoscrizioni municipali: novemila Comuni in Italia sono troppi,
vi sono dei Comuni che hanno 200, 300, 400 abitanti. Non possono
vivere, devono rassegnarsi a scomparire e fondersi in più
grandi centri. Un servizio ha dato risultati eccellenti: è
il servizio ispettivo. Come voi sapete, vi sono nelle Prefetture
dei funzionari che hanno il compito di andare ad ispezionare
le gestioni amministrative municipali. Vediamo i risultati:
ispezioni che hanno accertato delle irregolarità gravi,
le quali hanno portato alla adozione di particolari provvedimenti,
238; ispezioni che hanno rilevato piccole manchevolezze di ordine
contabile e senza nessuna conseguenza pratica, 2041; ispezioni
che hanno accertato il regolare funzionamento amministrativo,
176. Totale delle ispezioni, 2455. Dal che vedete che il servizio
funziona ed è assolutamente necessario. Così sarà
necessario, ad un certo momento, addivenire alla nomina delle
consulte, e questo rientrerà nel piano generale dell'ordinamento
corporativo. Sempre su questo argomento dovremo finalmente delineare
i confini giuridici, amministrativi e morali della provincia.
Affronteremo anche la riforma del Consiglio di Stato, ma non
è urgente. Il Consiglio di Stato può essere riformato
anche nel 1928: abbiamo molto tempo innanzi a noi. Veniamo alla
Polizia. Fortunatamente, gli Italiani stanno liberandosi dei
residui lasciati nei loro spiriti dai ricordi delle dominazioni
straniere: absburgiche, borboniche, del granducato, per cui
la Polizia rappresentava una funzione odiosa, abominevole, da
evitare. Signori! è tempo di dire che la Polizia va,
non soltanto rispettata, ma onorata. Signori: è tempo
di dire che l'uomo, prima di sentire il bisogno della coltura,
ha sentito il bisogno dell'ordine. In un certo senso si può
dire che il poliziotto ha preceduto, nella storia, il professore,
perché se non c'è un braccio armato di salutari
manette, le leggi restano lettera morta e vile. Naturalmente
ci vuole il coraggio fascista per parlare in questi termini.
L'onorevole Federzoni ha lasciato una legge di Pubblica Sicurezza.
Abbiamo in Italia 60.000 carabinieri, 15.000 agenti di polizia,
5.000 metropolitani, 10.000 appartenenti alle Milizie, diremo
così, tecniche: la Milizia Ferroviaria, la Portuale,
la Postelegrafonica, la Stradale; tutte Milizie e Polizie che
compiono un servizio regolare, perfetto ed utile. Poi abbiamo
la Milizia Confinaria e finalmente la Milizia Forestale. Io
calcolo che il regime ha un complesso di 100.000 uomini come
forza di Polizia. È un numero imponente. Bisogna epurare
la Polizia, specie quella in borghese. Io non ho voluto aumentare
il numero delle divise, non ho voluto cioè che i 15.000
agenti in borghese avessero la divisa. Ma quando la polizia
è in borghese e non controllabile attraverso l'uniforme,
deve essere scelta, cioè deve essere composta di cittadini
irreprensibili, zelanti e silenziosi. Tutti coloro che non hanno
questi attributi, io li mando a spasso senza pietà. Così,
in questi mesi, ho allontanato sette questori, quattro vice-questori,
venti commissari, sei commissari aggiunti, cinque vice-commissari,
ed ho fatto una rapida pulizia, ho dato un colpo di "ramazza"
in quella Questura di Milano che non mi è mai piaciuta.
Sono in corso altri 52 collocamenti a riposo di funzionari e
di 37 impiegati del gruppo C. Ma questo è il principio
dell'epurazione. Dovrà essere continuata. Poi bisogna
dare i mezzi alla Polizia. La delinquenza moderna è avanzatissima,
come progresso! Conosce la chimica, la fisica, la balistica,
adopera tutti i mezzi più veloci. La Polizia italiana
aveva ancora le vecchie automobili, che col rumore della loro
incomposta ferraglia si annunziavano di lontano al delinquente,
che faceva in tempo a fuggire. Abbiamo portato le autovetture
della Questura da 161 a 611. Tutti i comandi di legione dei
carabinieri hanno un'automobile. Altrettanto dicasi di tutti
i comandi di legione della Milizia volontaria. La polizia dispone
oggi, quindi, di 774 autovetture, di 290 camions, di 198 motocicli,
di 48 natanti e motoscafi, e di 12.000 biciclette. Da una Polizia
così epurata, così organizzata, così attrezzata,
io esigo molte cose. E le sta facendo. Vi parlerò di
tre operazioni della Polizia italiana: la lotta contro i falsi
monetari, la lotta contro la delinquenza dei Mazzoni, la lotta
contro la mafia. La lotta contro i falsi monetari è una
lotta contro il falso nummario, per il qual falso nummario sono
stati arrestati nell'anno decorso 824 individui. È pericoloso
falsificare la valuta dello stato Fascista! Veniamo ai Mazzoni.
I Mazzoni sono una plaga che sta tra la provincia di roma e
quella di Napoli, ex-Caserta: terreno paludoso, stepposo, malarico,
abitato da una popolazione che fin dai tempi dei romani aveva
una pessima reputazione, ed era chiamata popolazione di latrones.
Vi do un'idea della delinquenza di questa plaga. Nei cinque
anni che vanno dal 1922 al 1926, furono commessi i seguenti
delitti principali, trascurando i minori: oltraggi alla forza
pubblica 171; incendi 378; omicidi 169; lesioni 918; furti e
rapine 2.082; danneggiamenti 404. Questa è una parte
di quella plaga. Veniamo all'altra parte, quella dell'Aversano:
oltraggi 81; incendi 161; omicidi 194; lesioni 410; furti e
rapine 702; danneggiamenti 193. Ho mandato un maggiore dei Carabinieri
con questa consegna: Liberatemi da questa delinquenza con ferro
e fuoco! Questo maggiore ci si è messo sul serio. Difatti,
dal dicembre ad oggi, sono stati arrestati, per delitti consumati
e per misure preventive, nella zona dei Mazzoni 1.699 affiliati
alla malavita, e nella zona di Aversa 1.278. I podestà
di quella regione sono esultanti, i combattenti di quella regione
altrettanto. Io ho qui un plico di telegrammi, di lettere, di
ordini del giorno, documenti con i quali la parte sana di quella
popolazione ringrazia le autorità costituite, le autorità
del regime fascista per l'opera necessaria di igiene che sarà
continuata fino alla fine. Vengo alla mafia. Signori deputati!
Anche qui parlerò chiaro: non m'importa nulla se domani
la stampa di tutto il mondo si impadronirà delle mie
cifre. La stampa di tutto il mondo, però, dovrà
ammettere che la chirurgia fascista è veramente coraggiosa,
è veramente tempestiva. Di quando in quando giungono
fino al mio orecchio delle voci dubitose, le quali vorrebbero
dare ad intendere che in Sicilia attualmente si esageri, che
si mortifica un intiera regione, che si getta un'ombra sopra
un'isola dalle tradizioni nobilissime. Io respingo sdegnosamente
queste voci, che non possono partire che da centri malfamati.
Signori! È tempo che io vi riveli la mafia. Ma prima
di tutto, io voglio spogliare questa associazione brigantesca
da tutta quella specie di fascino, di poesia, che non merita
minimamente. Non si parli di nobiltà e di cavalleria
della mafia, se non si vuole veramente insultare tutta la Sicilia!
Vediamo. Poiché molti di voi non conoscono ancora l'ampiezza
del fenomeno, ve lo porto io come sopra un tavolo clinico: ed
il corpo è già inciso dal mio bisturi. Nei comuni
di Bolognetta, Marineo e Misilmeri (Palermo), sin dal 1920 si
era costituita un'associazione a delinquere composta da circa
160 malfattori, che si erano resi responsabili di 34 omicidi,
21 mancati omicidi, 25 rapine, furti ecc. A Piana dei Greci
- e molti di voi ricordano quell'ineffabile sindaco che trovava
modo di farsi fotografare in tutte le occasioni solenni, e che
ora è dentro, e ci resterà per un pezzo - , a
Piana dei Greci. Santa Cristina, Gelo e Parco venne arrestata
una comitiva di 43 malviventi che avevano consumato 12 omicidi,
6 rapine ecc. Nel circondario di Termini Imerese, fra il 1°
e il 31 marzo, sono stati arrestati 278 delinquenti associati,
che devono rispondere di 50 omicidi, 9 mancati omicidi, 26 rapine,
trascuro la minutaglia minore. Un'altra vasta associazione a
delinquere venne scoperta nei circondari di Mistretta e Patti.
Degli associati, 40 vennero arrestati, e vennero sequestrati
grandi quantità di animali e derrate per un valore di
due milioni. Un'altra comitiva di malviventi, a Belmonte ed
a Mezzoluso, aveva commesso 5 omicidi, 7 rapine, ecc. A Piana
dei Colli un'altra comitiva di gentiluomini, 37 omicidi; 31
mancati omicidi. A Bisacquino, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina,
Corleone, Campofiorito, 72 delinquenti, 14 omicidi e reati minori.
A Casteldaccia, Baucina e Ventimiglia (Palermo) si poté
stabilire che 179 malfattori, in epoche varie, si erano resi
responsabili di 75 omicidi, 14 mancati omicidi, ecc. Nei comuni
di Bagheria, Ficarazzi, Villabate, Santaflavia (Palermo) si
era composta un'associazione di 330 individui, che, in epoche
diverse si sono resi responsabili di 111 omicidi, 31 mancati
omicidi, 19 rapine, ecc. A Santo Stefano Quisquina, provincia
di Girgenti, 42 individui, 12 omicidi, ecc. A Roccamena (Palermo),
altra comitiva di 42 delinquenti, con 7 omicidi, ecc. A quest'opera,
che è stata fatta in gran parte dai carabinieri, si è
associata anche la Milizia. In tutte le grandi battute contro
la delinquenza della mafia, la Milizia è stata al suo
posto. Ma non crediate che tutto ciò non abbia costato
qualche cosa. Ecco qui l'ordine del giorno, che torna a onore
dell'Arma fedele dei Reali Carabinieri. Dopo un anno di lavoro,
l'Arma può fare questo rendiconto morale: 10 militari
uccisi in conflitto con malviventi, 1 morto nel compimento del
proprio dovere, 350 feriti con lesioni guaribili oltre i 10
giorni, 14 premiati con medaglia d'argento al valor militare,
47 con medaglia di bronzo al valor militare, 6 con medaglia
al valor civile, 10 attestati di pubblica benemerenza, 50 encomi
solenni. Bisogna che tutti i fascisti sappiano che l'Arma dei
Reali Carabinieri è una delle colonne del regime fascista.
Quali sono i risultati di quest'opera contro la delinquenza?
Notevoli. Ecco un bollettino del prefetto Mori, al quale mando
il mio saluto cordiale. Ecco il suo bollettino: è il
bollettino complessivo per tutta la Sicilia. Nel 1923, 696 abigeati,
nel 1926, 126: le rapine, da 1.216, sono discese a 298; le estorsioni,
da 238 a 121; i ricatti, da 16 a 2; gli omicidi, da 675 a 299;
i danneggiamenti, da 1327 a 815; gli incendi dolosi, da 739
a 469. Questo è il miglio elogio che si può fare
a quel prefetto e a un altro funzionario che collabora con lui
molto egregiamente: parlo del magistrato Giampietro, il quale,
in Sicilia, ha il coraggio di condannare i malviventi. Qualcuno
mi domaderà: quando finirà la lotta contro la
mafia? Finirà, non solo quando non ci saranno più
mafiosi, ma quando il ricordo della mafia sarà scomparso
definitivamente dalla memoria dei siciliani. Parliamo della
Milizia Confinale. Voi sapete che il confine è vigilato
dalle camicie nere, dai carabinieri e dagli agenti e dalle guardie
di finanza in questa proporzione: 55 funzionari, 224 agenti,
1.626 carabinieri, 2806 camicie nere e 4417 guardie di finanza.
Perché dico queste cifre? Per una ragione molto semplice:
per snebbiare i cervelli di oltre frontiera. Quando le camicie
nere sono arrivate alla frontiera occidentale, qualcuno ha sentito
il passo delle legioni che andavano oltre il Colle dell'Argentera
e il Passo di tenda in terra altrui. È ridicolo. Su tutto
il confine occidentale non ci sono che 900 camicie nere, le
quali camicie nere si occupano, purtroppo, soltanto dei cattivi
italiani che vogliono uscire e dei cattivi italiani che vorrebbero
entrare. Vengo alla terza. parte del mio discorso. L'azione
politica dello Stato fascista. Voi ricordate in quale circostanza
io assunsi il Ministero dell'Interno. Ricordate la grande giornata
del 31 ottobre, a Bologna: uno spettacolo incomparabile ed insuperabile,
che non sarà mai dimenticato da coloro che lo hanno visto
e vissuto. Ricordate il trascurabile incidente della sera. Ci
fu una emozione profonda in Italia, e bisognava prendere delle
misure. Bisognava che la rivoluzione puntasse i piedi contro
l'antirivoluzione. Fu allora che su questo foglio di carta scritto
di mio pugno, a lapis, come vedete, dettai le misure che si
dovevano prendere: ritiro e revisione di tutti i passaporti
per l'estero; ordine di far fuoco senza preavviso su chiunque
sia sorpreso in procinto di valicare clandestinamente la frontiera;
soppressione di tutte le pubblicazioni antifasciste quotidiane
e periodiche; scioglimento di tutte le associazioni, organizzazioni
e gruppi antifascisti o sospetti di antifascismo; deportazione
di tutti coloro che siano sospetti di antifascismo, o che esplichino
una qualsiasi attività controrivoluzionaria, e di chiunque
porti abusivamente la camicia nera; creazione di una polizia
speciale in tutte le regioni, e creazione di uffici di polizia
e di investigazione e di un tribunale speciale. L'onorevole
Federzoni che è un soldato fedele alla consegna, volle
ritornare al ministero delle Colonie; ma volle, prima di ritornare
al ministero delle Colonie, elaborare queste misure e presentarle
con la sua elaborazione al Consiglio dei Ministri. Questo va
notato e ricordato. Queste misure sono state applicate. Sono
state applicate con intelligenza, perché bisogna essere
molto intelligenti nel fare opera di repressione. Tutti i giornali
d'opposizione sono stati soppressi; tutti i partiti antifascisti
sono stati sciolti, si è creata la Polizia speciale per
regioni, che rende già segnalati servizi; si sono creati
gli uffici politici di investigazione; si è creato il
Tribunale speciale, che funziona egregiamente e non ha dato
luogo ad inconvenienti, e meno ne darà, specialmente
se si adotterà la misura di escludere dalle sue mura
l'elemento femminile, il quale spesso porta nelle cose serie
il segno incorreggibile della sua frivolezza. È stata
applicata la pena del confino. Perché ho detto che in
quest'opera bisogna essere intelligenti? Perché la opposizione,
in Italia, non bisogna esagerarla, come è forse stato
fatto. È stata più bagolistica che altro: ha versato
molto inchiostro; ma, in realtà, in questi cinque anni
di regime fascista non vi è stata che la manifestazione
collettiva del cosiddetto "soldino", e bastò
l'apparire di poche autoblindate tra Messina e Palermo per farla
finire. Poi c'è stata la grande carnevalata dell'Aventino,
nella seconda metà del 1924; ma gli oppositori non sono
usciti mai dalle trincee giornalistiche e, del resto, io li
avrei aspettati nelle altre trincee. C'è stata poi la
serie fastidiosa degli attentati, fastidiosa per voi. Quanti
sono questi confinati? Sarà tempo di dirlo, poiché
all'estero si è parlato di 200.000 confinati e nella
sola Milano ne sarebbero stati rastrellati 26.000. È
stupido, prima di essere vile. Distinguiamo intanto i confinati
nelle loro due categorie: i confinati comuni e i confinati politici.
Spero che per i confinati comuni nessuno vorrà impietosirsi.
Si tratta, in generale, di autentiche canaglie, ladri, sfruttatori
di donne, venditori di stupefacenti, che devono essere tolti
rapidamente dalla circolazione, strozzini, ecc. Sono in tutto
1527. Sono appena cinque mesi che il confino funziona. Veniamo
ai politici. Sono stati diffidati 1541 individui; ne sono stati
ammoniti 959; sono alle isole 698. Sfido chiunque a smentire
l'attendibilità di queste cifre, che, come vedete, sono
modeste. Ma nessuno di questi confinati vuol essere antifascista
e qualcuno ha l'aria di essere fascista. Difatti, al 21 maggio
dell'anno in corso, su 698 confinati hanno dichiarato di non
aver svolto alcuna attività politica, 61; da aver da
tempo cessato ogni attività politica, 286; di non aver
svolto attività sovversiva, 175; di aver da tempo cessato
ogni attività sovversiva, 182; di non aver appartenuto
a partiti politici, 69; hanno fatto atto di sottomissione al
regime, 29; hanno confermato le proprie idee politiche, 21;
non hanno fatto affermazione di carattere politico, 52. Ma qui
c'è un carteggio interessante dal punto di vista umano.
Non dirò il nome di coloro che mi hanno mandato queste
missive, che sono interessanti. Il fatto che quasi tutti i confinati
si sono rivolti a me, deve essere considerato come uno dei più
grandi successi del regime fascista; prima di tutto, perché
nessuno di costoro voleva avere la taccia di essere antifascista,
e, in secondo luogo, perché tutti, nonostante i loro
precedenti, sapevano che potevano rivolgersi a me se erano meritevoli
di giustizia. "Io credo - dice uno - che l'avere professato
idee massimaliste e l'avere esercitato un mandato parlamentare
nell'ambito delle vigenti leggi non possa costituire una legittima
ragione di provvedimento verso di me". "Ho militato
nel partito comunista fino a ieri - dice un altro -; non essendo
più il Partito riconosciuto come organismo politico del
paese, mi dimetto". Il signor X dichiara di essere deciso
a rinunciare ad ogni attività politica. Il signor Y scrive
che "l'aver seguito idealità politiche non ortodosse,
non stabilisce " sic et simpliciter" l'opportunità
di adottare così grave misura come quella decisa nei
miei confronti". Un altro promette "di lasciare ogni
forma di attività politica e di ritirarmi a Santa Margherita
Ligure". È un bel posto! "Io predicai il marxismo
- dice un altro - secondo la legge della evoluzione intesa dialetticalmente".
Il signor Z si era adoperato, per quanto gli era stato possibile,
per ottenere che il partito mutasse taattica. Non c'è
riuscito. "Riaffermo il mio patrimonio ideale; ma mi sono
ritirato da tempo a vita privata. Fu solo in questi ultimi tempi
che si delineò l'ordinamento corporativo che mi ha chiarito
le idee". Qui c'è un altro che ama i sospensivi
e dice che sospenderà ogni attività per tutto
il tempo del regime fascista. Questi documenti hanno un interesse
vivo dal punto di vista dell'umanità. Ora, questi confinati
non si trovano certamente in una posizione brillante, ma non
esageriamo. Ricevono intanto 10 lire al giorno rivalutate; sono
stati divisi dai detenuti comuni; sono stati concentrati in
due isole. Taluno ha parlato di amnistia. No, signori, niente
amnistia, non se ne parla di amnistia fino al 1932, e se ne
parlerà nel 1932, se, come mi auguro, non sarà
necessario prorogare le leggi speciali. Ma il diniego dell'amnistia
collettiva non impedisce di fare i condoni individuali, sopra
tutto quando sono raccomandati dai fascisti, e qualche volta
anche da interi direttori fascisti. Con quali criteri io procedo
quando si tratta di condonare? Tengo prima di tutto conto del
passato di guerra del confinato. Evidentemente, se è
un mutilato, un decorato, un combattente, esso ha il titolo
superiore agli altri; poi delle condizioni di famiglia e di
salute; poi anche delle dichiarazioni che il ricorrente fa.
Terrore, signori, questo? No, non é terrore, è
appena rigore. E forse nemmeno; è igiene sociale, profilassi
nazionale. Si levano questi individui dalla circolazione come
un medico toglie dalla circolazione un infetto. Ma poi, chi
sono coloro che rimproverano alla più umana delle rivoluzioni
il terrore? Ma qui non si ha più l'idea di quello che
sia stato il Terrore? Il Terrore delle altre rivoluzioni, il
Terrore, ad esempio, della rivoluzione dalla quale scaturirono
i cosiddetti immortali principi! Quale Terrore era quello che
ghigliottinava venti teste in media ogni mattina in piazza della
Maddalena? Ma quale Terrore era quello che ha annegato migliaia
di persone nei fiumi, che ha scannato migliaia di persone in
prigione, che ha mandato alla ghigliottina un chimico come Lavoisier,
un poeta come Chénier, decine di giuristi, che ha distrutto
regioni intere, che ha seminato la devastazione e la morte dovunque,
che non ha rispettato né giovani, né vecchi, né
donne, né bambini, né civili, né sacerdoti,
che aveva per massima che per fare una rivoluzione bisogna tagliare
molte teste? C'è bisogno che vi dia la bibliografia del
Terrore? No, voi la conoscete, ma io vi consiglio di leggere
un libro, che è un "vient de paraître"
ed è intitolato: "Le suppliziate del Terrore".
È la storia delle 2000 ghigliottinate, spesso la madre
insieme con le figlie, spesso l'intera famiglia, e spesso, quello
che più conta, non si trattava di aristocratici: si trattava
di povera gente sorpresa con un Cristo sul petto. Sepolcri imbiancati!
Sepolcri pieni di fetido elemento, non parlate di Terrore quando
la rivoluzione fascista fa semplicemente il suo dovere: si difende!
È accaduto che si è devastato qualche studio di
avvocato, o qualche biblioteca di professore. Lo deploro. Ma
tra il 1789 e il 1793 - badate bene che non voglio fare un ridicolo
processo alla rivoluzione francese; documento soltanto il periodo
storico, perché la storia si giustifica sempre in se
stessa - ci fu la caccia all'ingegno. Condorcet, nel suo progetto
di Costituzione, aveva detto che i popoli liberi non conoscono
altri meriti di preferenza all'infuori dell'ingegno e della
virtù; d'Herbois, uno dei collaboratori di Robespierre,
rispondeva che solo gli intriganti parlano ancora di ingegno.
Garnier, a Nantes, prometteva di uccidere tutti gli uomini di
ingegno. Nei clubs di Parigi si diffidava di chiunque avesse
scritto un libro! Certo è che, da allora, tutte le opposizioni
in Italia sono franate, sono disperse, sono finite: polvere.
Un gruppo importante come quello dell'Azione cattolica ha fatto
atto di adesione al Regime. Poi c'è stato il movimento
dei confederali. Parliamo anche di questo episodio. Si è
esagerata la portata di questo fatto. Quando fu pubblicata la
circolare a firma Rigola, io pregai i giornali di non stamburlarla,
di accettarla come un riconoscimento, perché non vogliamo
evidentemente impiccare tutti gli uomini al loro passato. Ci
n sarebbero troppi uncini in giro. Doveva essere interpretata
come un segno dei tempi, come un segno della forza adesiva del
regime. E così è in realtà. Si può
dubitare di qualcuno di coloro che stanno intorno a Rigola;
ma Rigola è un galantuomo, per lo meno, ed è certamente
un uomo d'ingegno e di cultura, e la dichiarazione conteneva
cose utili a sapersi, anche dal punto di vista fascista. Qui
sorge il problema: ma come fate a vivere senza un'opposizione?
L'opposizione ci vuole, perché sta bene nel quadro. Noi
respingiamo nella maniera più perfetta e sdegnosa questo
ordine di ragionamento. L'opposizione non è necessaria
al funzionamento di un sano regime politico. L'opposizione è
stolta, superflua in un regime totalitario come è il
regime fascista. L'opposizione è utile in tempi facili,
di accademia, come avveniva prima della guerra, quando si discuteva
alla Camera, se, come e quando si sarebbe realizzato il socialismo,
e si fece un contraddittorio, che evidentemente non era serio,
malgrado gli uomini che vi partecipavano. Ma l'opposizione l'abbiamo
in noi, cari signori; noi non siamo dei vecchi ronzini che hanno
bisogno di essere pungolati. Noi controlliamo severamente noi
stessi. L'opposizione sopra tutto la troviamo nelle cose, nelle
difficoltà obiettive, nella vita, la quale ci dà
una vasta montagna di opposizioni, che potrebbe esaurire spiriti
anche superiori al mio. Quindi, nessuno speri che, dopo questo
discorso, si vedranno dei giornalisti antifascisti, no: o che
si permetterà la resurrezione di gruppi antifascisti:
neppure. Si ritorna al mio discorso tenuto prima della rivoluzione
in un piccolo circolo rionale di Milano, l'"Antonio Sciesa";
in Italia non c'è posto per gli antifascisti; c'è
posto solo per i fascisti e per gli afascisti, quando siano
dei cittadini probi ed esemplari. Ora, non si deve pensare che
la rivoluzione fascista, - poiché ormai anche i nostri
più feroci avversari sono convinti che noi stiamo rimpastando
l'Italia da cima a fondo, e siamo appena all'inizio, - possa
convivere con la controrivoluzione. Che cosa succederà?
Succederà che gli antifascisti si ridurranno al lumicino;
vivranno di sante memorie; non potranno fare altro. Sapete voi
che fino al 1914 ci fu a Napoli un gruppo borbonico? Lo sapete
che fino al 1914 si stampava anche un giornale che si chiamava
il Neoguelfo? Chi erano? Erano dei vecchi funzionari dell'epoca
borbonica, i quali tutte le volte che vedevano i crachats delle
decorazioni, o i papiri del loro Regime, si commovevano. Finalmente
venne la guerra, si riunirono, collocarono una lapide sul Circolo
e non se ne parlò più. Così sarà
di tutti gli altri antifascisti; ad un certo momento riconosceranno
che è veramente stupido cozzare contro i macigni. Vengo
ad un altro punto: Regime, prefetti, partito. Coloro che ricordano
il Gran Consiglio, il primo Gran Consiglio che si tenne al Grand
Hôtel in data 11 gennaio 1923, e che fu importantissimo,
perché creò il Gran Consiglio e la Milizia, ricordano
che io dissi al Partito: datemi 76 prefetti fascisti e 76 questori.
Parve un'eresia fare il prefetto e soprattutto fare il questore.
Pareva che avessi fatto una proposta oscena; tuttavia ci furono
degli eroi che accettarono di fare il prefetto uscendo dal Partito,
e due di costoro hanno funzionato egregiamente. Quindi non è
vero che solo nel novembre si siano presi dei prefetti dal Partito.
L'esperimento era stato fatto prima, solamente con una aliquota
ridotta. Devo dire che i prefetti presi dal Partito funzionano
splendidamente. Aggiungo che quando mi deciderò a fare
un movimento di prefetti (e adesso avete notato che i movimenti
sono rari, distanziati: i prefetti non devono viaggiare continuamente
nella tradotta del trasloco, perché altrimenti finiscono
col non capire più nulla della situazione provinciale)
quando mi deciderò, dicevo, a fare un movimento di prefetti,
chiederò al partito un'altra aliquota di prefetti fascisti,
possibilmente della prima ora. La Circolare ai Prefetti è
un documento fondamentale, perché ha stabilito la posizione
netta del Partito nel Regime, in maniera che non tollera più
equivoci. Dico subito che dai colloqui che ho avuto con ben
90 Prefetti, ho avvertito che solo in una decina di provincie,
o signori, la situazione non era chiara, c'era cioè quello
che ho chiamato lo slittamento dell'autorità, la mezzadria
del potere. Ma in tutte le altre provincie debbo dichiarare
solennemente che tutti i segretari federali erano, come devono
essere, degli organi subordinati al capo della provincia. Così
come al centro il Segretario del Partito viene tutte le mattine
da me a prendere ordini, altrettanto è logico, e non
per semplice analogia formale, che nelle provincie accada altrettanto.
Chiarita così la posizione, ci potranno ancora essere
delle frizioni, perché la natura umana non è facilmente
addomesticabile; ma queste frizioni diminuiranno e, ad ogni
modo, io non darò mai la testa di un prefetto a nessun
Segretario federale, soprattutto se questo prefetto viene dal
Partito nazionale fascista, e se è, come deve essere,
un probo funzionario, servitore devoto del Regime. Poi, in quella
circolare mi occupavo di un altro fenomeno. Ormai questo discorso
ha un valore puramente retrospettivo, perché molti di
quei fenomeni sono in via di esaurimento o definitivamente scomparsi.
Mi occupavo dello squadrismo, che è stato una grande
cosa, come strumento dell'attività fascista, ma è
semplicemente assurdo, ridicolo e stupido di farne qualche cosa
a sé. Lo squadrismo deriva da squadra: così noi
potremmo fare anche il battaglionismo ed il reggimentismo. Può
una semplice formazione tattica, di battaglia, dare motivo ad
un ordine, a qualche cosa? No. E poi, o signori, lo squadrismo
va da Torino a Trieste, nella valle padana, nella Toscana e
nell'Umbria; più in giù non ce n'è stato,
salvo nelle Puglie o in pochi altri centri. Poca roba. Quindi
è semplicemente assurdo lo squadrismo fatto in ritardo.
I fascisti devono essere tempisti. Io non posso soffrire fisicamente
coloro che sono ammalati di nostalgia, che ad ogni minuto traggono
dai loro petti sospiri e respiri profondi: "Come erano
belli quei tempi!". Tutto ciò è semplicemente
idiota! La vita passa, o signori, e continuamente si ha di fronte
la realtà vivente. Lo squadrismo, quando porta il grigio-verde,
è esercito che deve combattere. E vi è una distinzione
profonda per quello che concerne l'illegalismo. Anche qui il
discorso ha un valore retrospettivo. Io ho fatto l'apologia
della violenza per quasi tutta la mia vita; io l'ho fatta quand'ero
a capo del socialismo italiano, e allora spaventavo il ventre,
talvolta esuberante, dei miei compagni di tessera, con molte
previsioni guerriere: il "bagno di sangue", le "giornate
storiche". Volevo provare la capacità combattiva
di questa entità mitica, intangibile che si appellava
il proletariato italiano. Ma ho sempre distinto la violenza
dalla violenza, sin dal congresso di Udine, sino ai discorsi
nei circoli rionali, e ho sempre detto che c'è la violenza
tempestiva, cavalleresca di uno contro uno, nobile, migliore
del compromesso e della transazione. Ma le violenze che servono
agli interessi personali, quelle non sono fascismo. E sono finite
da quando il regime ha riassunto in sé tutte le forze
e in una sola tutta l'autorità. Altro punto, di carattere
retrospettivo: quando un regime, quando un partito ha assunto
la terribile e grave responsabilità del potere, allora
è responsabile in toto, ed anche l'ultimo gregario dell'ultimo
Fascio d'Italia ha la sua parte di responsabilità. Il
Regime è giudicato da lui come è giudicato da
me, e il popolo ha perfettamente il diritto di giudicare il
Regime dai campioni che esso gli offre. E se quei campioni non
sono all'altezza della situazione, il popolo ha diritto di manifestare
il suo severo giudizio. Perché? Perché siamo e
ci vantiamo di essere un regime autoritario e non si deve nemmeno
pensare, nemmeno dubitare che abbiamo adottato questa severa
disciplina semplicemente per nascondere qualche cosa che non
sia purissima e cristallina. Ma poi c'era una distinzione piena
di dottrina e piena di vita in quella circolare: la distinzione
tra l'ordine morale e l'ordine pubblico. Non è la stessa
cosa. Ci può essere un ordine pubblico perfetto, e ci
può essere un disordine morale profondo. Dobbiamo preoccuparci
dell'ordine morale, non dell'ordine pubblico, perché
per l'ordine pubblico, nel senso poliziesco della parola, abbiamo
forze sufficienti; dobbiamo invece preoccuparci dell'ordine
morale e dobbiamo volere, lavorando in profondo, che l'adesione
tra le masse ed il regime sia sempre più vasta, sempre
più sana, sempre più vitale. Ma intanto quale
è stato il risultato di questa politica? Un senso di
pace diffuso in tutto il Paese; le piccole prepotenze locali
sono finite, gli illegalismi anche. Tutti gli elementi di parte
sono inquadrati: del resto, quando non lo sono, li colpisco.
Nessuno si illuda di pensare che io non sappia quello che succede
nel Paese fino nell'ultimo villaggio d'Italia. Lo saprò
un po' tardi, ma alla fine lo so. Ed allora arriva la mia spada,
come arrivò di recente in una grande città, dove
ho sceverato i fascisti che lavorano e che dimostrano come lavorano,
da quelli che non possono fare questa brillante, questa ardua
dimostrazione. Vi dirò che in questi primi quattro mesi
del 1927 gli incidenti seguiti da ferimenti sono stati 11 in
tutta Italia. In quattro mesi, l'anno scorso, furono 99. Questo
dimostra che il senso della disciplina e dell'ordine sono ormai
diffusi in tutte le classi di cittadini. On. Colleghi! Siamo
ormai alla fine dell'anno V del regime. Voi sapete che io sono
sempre un po' malcontento; però, se mi guardo attorno,
se guardo quello che abbiamo fatto in questi cinque anni, ho
qualche motivo di soddisfazione. Vi dirò tra poco quale
è la ragione più profonda della mia soddisfazione;
voi forse non la intuite in questo momento. Le forze del regime
sono compatte, salde, incrollabili. Quali sono queste forze?
In primo luogo, il Governo. Ci sono ancora degli sfaccendati,
i quali ad ogni Consiglio di Ministri ricadono negli antichi
peccati, perché la forza dell'abitudine, qualche volta,
e pericolosissima, e parlano di rimpasto, ed il mio orecchio
deve essere ferito da questa terminologia che mi ricorda l'epoca
di Carlo Magno. No, il Governo è compatto, solido, affiatato.
E dovete considerare che nel Governo fascista tutti i ministri
e tutti i sottosegretari di Stato sono dei soldati: essi vanno
là dove il loro capo indica che devono andare e stanno,
se io dico loro di stare. Non c'è nulla di quelle che
ricorda la vecchia cucina dei vecchi tempi! C'è la rigida
disciplina militare del regime fascista! Accanto al Governo,
il Partito. Il Partito ha migliorato la sua compagine in questi
ultimi tempi. Intanto ha chiuso le porte; quelli che sono stati
fascisti nel 1925, 1924, 1923 benissimo; adesso non si diventa
più fascisti. Tanto peggio per i ritardatari. I nostri
treni non li aspettano! Ma come nutriremo il Partito di linfe
vitali? Con la giovinezza. Io spero che voi avrete riflettuto
sul significato straordinariamente simbolico e profondamente
vitale della cerimonia del 28 marzo; questa leva in massa della
gioventù, che entra nel Partito e riceve una tessera,
che è qualche cosa come ricevere un moschetto, che infinitamente
è di più. Accanto al Partito, la Milizia: la Milizia
che, in questi ultimi tempi, è diventata un organismo
anche più importante di quello che non fosse e che, intanto,
ha avuto la soddisfazione di avere la guardia ai confini, di
dare i suoi ufficiali al Tribunale speciale, di costituire gli
uffici politici di investigazione, di ottenere, 6000 moschetti
ogni mese. Le legioni sono state dotate dei mezzi necessari.
Si sta studiando per utilizzarle in caso di guerra, poiché
il problema della Milizia è un problema organico. Intanto
a quelli che hanno più di 40 anni sarà data la
difesa antiaerea e la difesa costiera. Ma soprattutto la Milizia
ha avuto l'educazione premilitare, che ha dato risultati superbi.
Così si forma l'esercito fascista: dal basso; così
si fanno le generazioni guerriere: non soltanto di soldati che
obbediscono, ma di generazioni di soldati che si battono, perché
tale è il loro desiderio; perché questa è
la loro passione, perché sentono di portare un'idea.
Gli eserciti che hanno vinto erano eserciti che portavano sulla
loro bandiera un'idea. E noi, oggi, portiamo l'idea dell'ordine,
della gerarchia, dell'autorità dello Stato contro la
teoria suicida dei disordine, della indisciplina, della irresponsabilità.
I Sindacati vanno bene. Non bisogna però farsi illusioni
eccessive per quello che concerne il cosiddetto proletariato
urbano: è in gran parte ancora lontano, e, se non più
contrario come una volta, assente. È evidente che noi
dovremo essere aiutati anche dalle leggi fatali della vita.
La generazione degli irriducibili, di quelli che non hanno capito
la guerra e non hanno capito il fascismo, ad un certo momento
si eliminerà per legge naturale. Verranno su i giovani,
verranno su gli operai ed i contadini che noi stiamo reclutando
nei Balilla e negli Avanguardisti. Potenti istituzioni, potenti
organismi, che ci danno modo di controllare la vita della Nazione
dai 6 ai 60 anni, che creano l'Italiano nuovo, l'Italiano fascista.
Poi, accanto ai Sindacati, abbiamo oggi tutte le forze vive
della coltura, dello spirito, dell'economia, delle banche. Il
regime è totalitario, ma è il regime che ha il
più vasto consenso. L'hanno gli altri regimi? Come si
forma il loro Governo? Attraverso un voto di maggioranza. Ma
come è creata la maggioranza? Attraverso una consultazione
elettorale. Parlerò tra poco delle consultazioni elettorali.
Questo regime, invece, è regime che si appoggia sopra
un partito di un milione di individui, su un altro milione di
giovani, su milioni e milioni d'Italiani che vanno perfezionandosi,
raffinandosi, organizzandosi. Nessun altro Governo, di nessun'altra
parte del mondo ha una base più vasta e più profonda
di quella del Governo italiano. Un problema. Il consenso del
popolo c'è. Difatti l'opposizione si riduce a qualche
conato vociferatorio, ma così fantastico e pacchiano,
che lo stesso popolo ne fa giustizia. La classe dirigente comincia
ad esserci. Ci sono, infatti, 9000 podestà, 2000 ufficiali
della Milizia, migliaia di organizzatori fascisti, che domani
possono assumere una funzione di comando. Cinque anni fa io
credevo che dopo cinque anni, non dico che avrei potuto prendermi
un riposo, - queste sono parole che repugnano profondamente
al mio spirito, - ma ritenevo di aver compiuto gran parte della
mia fatica. Signori, mi accorgo che non è così.
Lo constato, come constato che questo è un libro: non
ci metto nessuna simpatia e nessuna antipatia. Mi sono convinto,
che, malgrado ci sia una classe dirigente in formazione, malgrado
ci sia una disciplina di popolo sempre più consapevole,
io debbo assumermi il compito di governare la Nazione italiana
ancora da 10 a 15 anni. È necessario. Non è ancora
nato il mio successore. Perché? È dunque una libidine
di potere che mi tiene? No. Credo, in coscienza, che nessun
italiano pensi questo. Nemmeno il mio peggiore avversario. È
un dovere preciso verso la rivoluzione e verso l'Italia. E poi
abbiamo ancora dei grandi compiti, dei grandissimi compiti.
Ve ne cito tre. Sono fondamentali: la messa a punto di tutte
le forze armate dello Stato; la battaglia economico-finanziaria;
la riforma costituzionale. Voi ricordate che io andai a Locarno.
Locarno è un paese che sta sul Lago Maggiore. Andai perché
si trattava di compiere un atto politico e diplomatico d'importanza
fondamentale. Notate che io non voglio fare una digressione
di politica estera; parlerò di politica estera al Senato,
ma fra qualche tempo, perché mi riterrei disonorato per
sempre se infliggessi due discorsi alla Nazione nello stesso
periodo di tempo. L'architettura di Locarno è la seguente:
Francia e Germania prendono l'impegno di non aggredirsi reciprocamente.
E ci sono, a lato, un paio di carabinieri che vigilano perché
questo impegno non sia violato: l'Inghilterra e l'Italia. Era
importante che l'Italia, in quel momento, si mettesse sullo
stesso piano dell'Inghilterra e si rendesse garante di quella
pace sul Reno, che, in realtà, è la pace dell'Europa.
Ma a Locarno si fece qualche cosa di più e di meglio:
si fece un'operazione di chimica pura, di distillazione; si
fabbricò lo "spirito di Locarno". Signori,
lo "spirito di Locarno ", oggi, a due anni appena
di distanza, è straordinariamente decolorato. Lo constato
qui, senza nessuna intenzione di polemica; mi dà l'impressione
del rapporto che può intercedere tra il murmure che si
sente in una conchiglia messa vicino all'orecchio ed il rombo
dell'Oceano. Non è la stessa cosa, evidentemente. Che
cosa è accaduto? È accaduto che le Nazioni, diremo
così locarniste, si armano furiosamente per terra e per
mare; è accaduto che in alcune di queste Nazioni si è
osato perfino parlare di una guerra di dottrine che doveva essere
mossa dalla democrazia degli immortali principi contro questa
irriducibile Italia fascista, antidemocratica, antiliberale,
antisocialista ed antimassonica. Poi ci sono state delle manifestazioni
davanti alle quali sarebbe criminoso chiudere gli occhi, poiché
quello che io rimprovero alla democrazia è questo: di
foggiarsi un tipo di uomo e credere realmente che questo uomo
esista. Di qui gli atroci disinganni, le tragedie ed i macelli
della storia. Signori, è dell'altro giorno la grande
parata berlinese degli elmi a chiodo. Erano 120.000, e questo
ci potrebbe interessare mediocremente, ma una delle loro tabelle
aveva questa dicitura: "Da Trieste a Riga". Pazzesca,
paradossale, gaffeuse, se volete: ma è un fatto. Allora?
Allora il dovere preciso, fondamentale e pregiudiziale dell'Italia
fascista è quello di mettere a punto tutte le sue forze
armate della terra, del mare e del cielo. Bisogna potere, ad
un certo momento, mobilitare cinque milioni di uomini, e bisogna
poterli armare: bisogna rafforzare la nostra Marina e bisogna
che l'aviazione, nella quale credo sempre di più, sia
così numerosa e così potente che l'urlio dei suoi
motori copra qualunque altro rumore nella penisola e la superficie
delle sue ali oscuri il sole sulla nostra terra. Noi potremo
allora, domani, quando tra il 1935 e il 1940 saremo a un punto
che direi cruciale della storia europea, potremo far sentire
la nostra voce e vedere finalmente riconosciuti i nostri diritti.
Questa preparazione richiede ancora alcuni anni. E c'è,
poi la battaglia economica e finanziaria. Io non voglio anticipare
il discorso che il Ministro delle Finanze pronuncerà
giovedì prossimo in quest'assemblea; ma tuttavia è
necessario che qualche cosa dica. E qui la mia polemica diventerà
pungente e qui suonerà con sei chiavi, di violino, naturalmente.
Voi ricordate che l'estate scorsa, quando la sterlina, - parliamo
della sterlina a parità col dollaro, perché ciò
volle l'Inghilterra, come fanno i popoli forti, - andava a 140
ed a 150, c'erano dei risolini in giro. Tutti gli antifascisti
pareva che avessero una parola d'ordine comune: "Bella
cosa il Fascismo, grand'uomo il Duce, però, non si sa
come, guardate i cambi: la sterlina è a 140. Ci vuol
altro, signori! I banchieri di Wall Street e della City non
sono "ricinati ". Il manganello non fa salire il termometro
dei cambi!". Ebbene, venne il mio discorso di Pesaro: il
mio discorso di Pesaro che fu improvvisato, naturalmente. Bisognerà
però che dica che lo avevo meditato da tre mesi e che
in data 8 agosto scrissi una lettera di ben 16 pagine al ministro
delle Finanze. Le mie improvvisazioni sono di questo genere!
Che cosa dicevo? Che il regime fascista non ammette la sconfitta
sul terreno finanziario. La può subire se domani le forze
saranno inferiori alla sua volontà, ma certo non può
accettarla. Allora, dopo il mio discorso di Pesaro - che pronunciai
a Pesaro semplicemente perché vi ero di passaggio nel
pomeriggio, perché è una bella città che
mi è simpatica, ma che potevo pronunciare anche a Sassoferrato,
perché non ho mai creduto che per fare un discorso interessante
ci sia bisogno di salire su una bigoncia brillante - i risolini
ironici e sarcastici sono scomparsi. Ma adesso, che cosa succede?
Quando l'altro giorno la sterlina andò ad 85, pareva
che ci fosse in vista una catastrofe nazionale: si vedevano
in giro delle facce ancor più grigie, come se si trattasse
di impiantare delle succursali di Raveggi. "Ma è
una rovina; ma è una catastrofe nazionale", dicevano
i manipolatori dei titoli e dei cambi. Costoro io li stimo abbastanza,
ma qualche volta, quando li vedo col distintivo all'occhiello,
mi danno la nausea. E non è facile, dato il mio regime
dietetico. Ma dove poi è questa catastrofe, signori?
Ma non piangete prima del tempo! Non fasciatevi la testa prima
di averla scassata! Adagio! Calma, signori disfattisti del rialzo,
che prima eravate disfattisti del ribasso. Per me la storia
comincia nell'ottobre 1922. Se voi prendete il punto culminante
della sterlina, allora sì, abbiamo un miglioramento di
60 punti; ma se prendete la quotazione media di 120, il miglioramento
si riduce a 30 punti, e se tornate alla quotazione della marcia
su Roma, il miglioramento si riduce a 15, perché all'epoca
della marcia su Roma la sterlina era a 105 e 110. Ma allora,
o signori, avevamo un bilancio in deficit, avevamo i debiti
esteri non pagati, un Regime che cominciava e che quindi poteva
anche supporsi non duraturo; avevamo una bilancia dei pagamenti
passiva. Ed allora che cosa è questo miglioramento di
15 punti, oggi che abbiamo sistemalo il debito interno e il
debito estero, che abbiamo il bilancio in pareggio ed in avanzo,
che abbiamo contenuto la circolazione? È il premio, il
modesto premio che il popolo italiano si merita dopo cinque
anni in cui ha lavorato come un negro o, se volete, come un
eroe e come un santo. D'altra parte, si plachino queste preoccupazioni:
non abbiamo conquistato nulla; abbiamo ripreso le posizioni
che avevamo nel 1922. Le chiameremo "la quota 90"
e su questa quota aspettiamo tutto il grosso dell'esercito.
Ci staremo il tempo sufficiente e necessario perché tutte
le forze dell'economia a questa quota si adeguino; le quali
forze però si adeguavano rapidamente, volonterosamente,
quando i cambi, scendendo in giù, facevano i salti del
canguro. Oggi trovano difficoltà insormontabili perché
procediamo col passo del grillo verso il miglioramento. Tutto
ciò è miserabile. Abbiamo creato lo Stato corporativo.
Questo Stato corporativo ci pone dinanzi il problema istituzionale
del Parlamento. Che cosa succede di questa Camera? Intanto,
questa Camera, che ha egregiamente, nobilmente e costantemente
servito la causa del regime, durerà per tutta intera
la Legislatura. Tutti coloro che volevano liquidarla e sopprimerla,
quasi per punirla, saranno certamente delusi. Ma è evidente
che la Camera di domani non può rassomigliare a quella
d'oggi. Oggi, 26 maggio, noi seppelliamo solennemente la menzogna
del suffragio universale democratico. Ma che cosa è questo
suffragio universale? Noi l'abbiamo visto alla prova. Sopra
11 milioni di cittadini che avevano il diritto di votare, ce
n'erano 6 milioni che periodicamente se ne infischiavano. E
gli altri, che valore potevano avere, quando il voto è
dato al cittadino semplicemente perché ha compiuto i
21 anni, e quindi il criterio discriminativo della capacità
del cittadino è legato a una questione di cronologia
o di stato civile? Ci sarà anche domani una Camera, ma
questa Camera sarà eletta attraverso le organizzazioni
corporative dello Stato. Molti di voi ritorneranno in questa
Camera, molti di voi troveranno il seggio naturale nel Senato,
alcuni nel Consiglio di Stato, alcuni nelle Prefetture, nella
carriera diplomatica e consolare, dove si può servire
egregiamente il Regime, qualche altro si ritirerà a vita
privata. Non si può pensare che tutti siano gerarchi.
Ci vogliono anche i gregari. Del resto, la Nazione sente forse
il bisogno elettorale? Lo ha dimenticato, ed è proprio
necessario per noi di avere, attraverso un bollettino di voto,
l'attestazione del consenso del popolo? Lasciatemi pensare che
questo non è assolutamente necessario. Verso la fine
di quest'anno, nell'anno prossimo, noi stabiliremo le forme
con cui sarà eletta la Camera corporativa dello Stato
italiano. Ma intanto vengo ad un punto essenziale del mio discorso:
forse al più importante. Che cosa abbiamo fatto, o fascisti,
in questi cinque anni? Abbiamo fatto una cosa enorme, secolare,
monumentale. Quale? Abbiamo creato lo Stato unitario italiano.
Pensate che dall'Impero in poi, l'Italia non fu più uno
Stato unitario. Noi qui riaffermiamo solennemente la nostra
dottrina concernente lo Stato; qui riaffermo non meno energicamente
la mia formula del discorso alla Scala di Milano, "tutto
nello Stato, niente contro lo Stato, nulla al di fuori dello
Stato". Non so nemmeno pensare nel secolo XX uno che possa
vivere fuori dello Stato, se non allo stato di barbarie, allo
stato selvaggio. È solo lo Stato che dà l'ossatura
ai popoli. Se il popolo è organizzato, il popolo è
uno Stato, altrimenti è una popolazione che sarà
alla mercé del primo gruppo di avventurieri interni o
di qualsiasi orda di invasori che venga dall'estero. Perché,
o signori, solo la Stato con la sua organizzazione giuridica,
con la sua forza militare, preparata in tempo utile, può
difendere la collettività nazionale se la collettività
umana si è ridotta al nucleo familiare, basteranno cento
normanni per conquistare la Puglia. Che cosa era lo Stato, quello
Stato che abbiamo preso boccheggiante, roso dalla crisi costituzionale,
avvilito dalla sua impotenza organica? Lo Stato che abbiamo
conquistato all'indomani della Marcia su Roma era quello che
c'è stato trasmesso dal '60 in poi. Non era uno Stato;
ma un sistema di Prefetture malamente organizzate, nel quale
il prefetto non aveva che una preoccupazione, di essere un efficace
galoppino elettorale. In questo Stato, fino al 1922 il proletariato
- che dico?! - il popolo intero, era assente, refrattario, ostile.
Oggi preannunziamo al mondo la creazione del potente Stato unitario
italiano, dall'Alpi alla Sicilia, e questo Stato si esprime
in una democrazia accentrata, organizzata, unitaria, nella quale
democrazia il popolo circola a suo agio, perché, o signori,
o voi immettete il popolo nella cittadella dello Stato, ed egli
la difenderà, o sarà al di fuori, ed egli l'assalterà.
Un discorso come questo non tollera perorazioni. Solo io vi
dico che, tra dieci anni, l'Italia, la nostra Italia sarà
irriconoscibile a se stessa ed agli stranieri, perché
noi l'avremo trasformata radicalmente nel suo volto, ma soprattutto
nella sua anima.
|