Discorso
pronunziato a Verona
Camicie
Nere di Verona, di questa mia un poco, molto, Verona, di questa
Verona romana, bersaglieresca, fascista nell'anima fin dalla
Vigilia! Con questa maestosa adunata di popolo, accompagnata
da uno schieramento superbo di forze, si chiude il mio viaggio
tra le genti del Veneto, e il mio pellegrinaggio sui Campi sacri
delle nostre gloriose battaglie. I nostri avversari, coloro
ai quali io allusi l'altro giorno davanti alla fremente adunata
delle Camicie Nere di Belluno, i nostri avversari raccolti sotto
i segni del triangolo e della falce e martello, avevano in questi
ultimi tempi dato corpo alle loro pietosissime speranze. Queste
moltitudini, che hanno risposto in modo univoco alle mie domande,
dimostrano a tutti, dico a tutti, che mai come in questo momento
fu totale, intima, profonda la comunione tra Fascismo e popolo
italiano. E questo popolo italiano non è disorganizzato
e senza anima come molti altri popoli; è potentemente
inquadrato, armato spiritualmente e pronto ad esserlo anche
materialmente. Lo svolgersi degli eventi che tengono in questo
momento sospesi gli animi, ci permette oggi di fare il punto
della situazione. Bisogna riconoscere e apprezzare gli sforzi
che il Primo Ministro britannico ha compiuto per dare una soluzione
al problema dell'ora. Bisogna uguale riconoscimento fare per
la longanimità di cui ha dato prova fin qui la Germania.
Il "memorandum" tedesco non si discosta dalle linee
che erano state approvate nella riunione di Londra. È
di tutta evidenza che se i cèki saranno lasciati a contare
sulle loro forze, saranno i primi forse a riconoscere che non
vale la pena d'impegnare un combattimento, sul cui esito finale
non può esistere dubbio alcuno. Dal momento che è
stato posto dalle forze irresistibili della storia, il problema,
che ha un triplice aspetto: tedesco, magiaro, polacco, deve
essere integralmente risalto. Se vi è uomo in questo
momento in Europa che è il più indicato a rendersi
conto di quello che succede, questo uomo è il Presidente
della Repubblica cekoslovacca. Egli è stato uno degli
artefici più ostinati, se non maggiori, della disgregazione
della duplice monarchia absburgica.