Discorso
pronunciato in Roma il 28 ottobre 1929 sull'insediamento dell'accademia
d'Italia
Non vi sorprenda, eccellenze e signori, se io comincio col ricordare
agli Italiani che l'Accademia d'Italia è nata il 7 gennaio
dell'anno 1926, con un decreto legge approvato dal Consiglio dei
Ministri, convertito in legge il 25 marzo successivo. Sono dunque
passati quasi quattro anni da allora a questo 28 ottobre dell'anno
VII, nel quale l'Accademia entra ufficialmente nella scena del
mondo, e inizia il primo ciclo della sua storia, si mette senz'altro
al lavoro. Taluno può pensare che il periodo di elaborazione
sia stato soverchiamente lungo. Ma per fare le Accademie, e soprattutto
per fare un'Accademia degna di Roma, dell'Italia e del Fascismo,
occorreva un certo e piuttosto lungo periodo di preparazione spirituale,
politica, amministrativa. Occorreva ancora ripristinare la raffaellesca
Farnesina, incomparabile sede! Non si è perduto del tempo,
lo si è scrupolosamente impiegato. A quest'opera d'elaborazione
si è dedicato con sapienza che chiamerò paterna,
con acuto intelletto, con assidua diligenza il vostro presidente,
il quale non da oggi può e dev'essere onorato come un benemerito
della cultura italiana. Quattro anni fa si chiese e oggi si ripete:
perché un'altra Accademia? L'interrogativo esige una risposta.
Nessuna delle Accademie attualmente esistenti in Italia compie
le funzioni assegnate all'Accademia d'Italia. O sono Accademie
limitate nello spazio, o ristrette nella materia. Talune di esse
sono celebri, e quasi tutte, anche le minori, sono rispettabili,
ma nessuna ha il carattere d'universalità dell'Accademia
d'Italia. Questa nasce dopo due avvenimenti destinati a operare
formidabilmente nella vita e nello spirito di un popolo: la guerra
vittoriosa e la Rivoluzione fascista. Nasce, mentre sembra esasperarsi,
nel macchinismo e nella sete di ricchezza, il ritmo della civiltà
contemporanea; nasce quasi a sfida contro lo scetticismo di coloro
i quali da molti, sia pure gravi, sintomi prevedono un'eclissi
dello spirito che sembra ormai rivolto soltanto a conquiste di
ordine materiale. Questo carattere dell'Accademia d'Italia appare,
sotto altri aspetti, evidente. Non è l'Accademia d'Italia
mia vetrina di celebrità arrivate e non più disputabili;
non vuole essere e non sarà una specie di giubilazione
degli uomini insigni o un riconoscimento più o meno tardivo
dei loro meriti; non sarà soltanto questo. Voi vedete tra
gli accademici delle quattro categorie uomini di origini, di temperamenti,
di scuole diverse; uomini rappresentativi di un dato momento sono
al lato di uomini rappresentativi di un momento successivo, o
attuale, o futuro. L'Accademia è necessariamente eclettica,
perché non può essere monocorde. Nell'Accademia
passa così la vita dello spirito, la quale è continua,
e complessa, e unitaria: dalla musica alla matematica, dalla filosofia
all'architettura, dall'archeologia al futurismo. Nell'Accademia
è l'Italia con tutte le tradizioni del suo passato, le
certezze del suo presente, le anticipazioni del suo avvenire.
L'importanza di un'Accademia nella vita di un popolo può
essere immensa, specialmente se essa convogli tutte le energie,
le scopra, le disciplini, le elevi a dignità. Si può
immaginare l'Accademia come il faro della gloria che addita la
via e il porto ai naviganti negli oceani inquieti e seducenti
dello spirito. La sorte di questi naviganti è varia: talune,
naufraga alle prime tempeste, qualche altro finisce nelle secche
della mediocrità e del mestiere, i più dotati e
i più tenaci, - il genio è anche metodo e pazienza,
- talvolta approdano mentre il crepuscolo già discende
sulla loro vita, e qualche altro è colpito dal destino
alla vigilia del trionfo: vi è, infine, chi tocca la meta
nell'età giovanile e virile, ma questo fortunato immortale
non può a lungo sostare! Egli ha il dovere di levare le
ancore e di spiegare le vele per altri itinerari e per nuove conquiste.
Eccellenze, signore, signori!
Sono fiero di aver fondato l'Accademia d'Italia. Sono certo che
essa sarà all'altezza del suo compito nei secoli e nei
millenni della nostra storia. Sono lieto di inaugurare ufficialmente
l'Accademia d'Italia nel simbolo del Littorio e nel nome augusto
del Re.
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