Discorso
pronunciato ai lavoratori del reggiano
Camicie nere!
Sono venuto nella vostra città per diversi motivi: prima
di tutto volevo ripassare per quei luoghi dove ho trascorso
qualche tempo della mia giovinezza; in secondo luogo volevo
dare un attestato di simpatia al Fascismo della vostra città
e della vostra provincia. Fascismo quadrato, solido, fedele.
Infine mi piaceva di cominciare il quinto anno del Regime fascista
con l'inaugurazione di opere che onorano il Regime. Il Regime
fascista non si raccomanda alla storia attraverso ordini del
giorno più o meno elaborati e discorsi più o meno
eloquenti. Il Regime fascista passa e passerà alla storia
attraverso alle sue opere concrete, attraverso alle cose che
avrà creato, attraverso alle trasformazioni effettive,
fisiche, profonde del volto della Patria. Abbiamo stamane inaugurato
una ferrovia che fu voluta da me e che i vostri costruttori
hanno compiuta, così come si deve fare in Regime fascista,
nel termine rigorosamente prescritto. Poi ho veduto le terre
redente dalla palude: anche questa è un'opera di un'immensa
portata e mi è piaciuto di trovare in quelle terre uomini
della vecchia nobiltà, che sanno però rinverdire
il blasone avito attraverso alle pratiche ed attive fatiche
dei campi. Così va fatto, o camerati, perché non
è più permesso a nessuno di vivere su quello che
fu fatto da altri prima di noi. Bisogna che noi creiamo; noi
di questa epoca e di questa generazione, perché a noi
spetta il rendere, vi dico, in dieci anni irriconoscibile fisicamente
e spiritualmente il volto della Patria. Fra dieci anni, o camerati,
l'Italia sarà irriconoscibile! Noi l'avremo trasformata,
ne avremo fatta un'altra, dalle montagne che avremo ricoperte
della loro necessaria chioma verde, ai campi che avremo completamente
bonificati, alle ferrovie che avremo aumentate, ai porti che
avremo attrezzati, perché l'Italia deve ritrovare la
sua anima marinara. Queste sono le trasformazioni politiche
e morali. Creeremo l'italiano nuovo, un italiano che non rassomiglierà
a quello di ieri. Sono le generazioni di coloro che hanno fatto
la guerra e sono quindi intimamente fasciste. Poi verranno le
generazioni di coloro che noi educhiamo oggi e creiamo a nostra
immagine e somiglianza, le legioni dei balilla e degli avanguardisti
che ho voluto l'altro giorno raccolti nell'austera e solenne
maestà del Colosseo. Questa, o camerati, è l'Italia
che noi portiamo nei nostri spiriti, non l'Italia del nostro
sogno, ma l'Italia del nostro lavoro.
Camerati,
Voi non dovete credere che la fatica sia terminata: essa è
appena incominciata. Ormai tutti si sono convinti che il nostro
Regime è imbattibile. Tutti coloro che ne dubitavano
sono ormai delle larve, dei fantasmi, dei pallidi uomini di
un'altra età, di un altro secolo; costoro non possono
più fermare la nostra marcia. Ci sono difficoltà
obiettive, delle difficoltà che sono della natura stessa
delle cose e che noi affrontiamo con grande coraggio, con grande
senso di responsabilità ed assoluto spirito di disciplina.
La grande parola che il Fascismo ha detto agli italiani è
questa: non v'è diritto senza che prima sia compiuto
un dovere. La nostra dottrina prima di essere consegnata in
ponderosi volumi è stata vissuta come passione ardente
ed operante di tutto il popolo italiano e per questa dottrina
sono morti migliaia di fascisti durante l'epoca necessaria e
cruenta della lotta civile. La storia non è dei vili,
ma dei coraggiosi; non è dei poltroni, ma degli operanti.
La storia è di coloro che sanno prenderla e piegarla
alla propria tenace volontà. Questo è il credo
del fascista dell'anno 1926-27, anno quinto del Regime. Il nostro
occhio può guardare tranquillo ai compiti del domani.
Io sento come Capo dei Regime fascista che il popolo mi assiste
nella mia fatica.
Camicie nere!
State tranquilli che io vi porterò sempre più
in alto, sempre più avanti.
|