IL GOVERNO FACTA

Caduto il governo Bonomi e coppiata la quinta crisi in due anni si dimostrò fin dall' inizio molto difficile la formazione del nuovo Governo. La designazione del nuovo Presidente cadeva ovviamente e nuovamente su Giolitti, che restava il più prestigioso leader politico italiano. Tuttavia i popolari si opposero recisamente ad un governo giolittiano per due ordini di motivi; anzitutto perchè Giolitti aveva programmato la nominatività dei titoli, e questo provvedimento era contrario agli interessi del Vaticano, che aveva quindi posto il suo veto ad un governo giolittiano con simile programma; in secondo luogo da parte di don Sturzo esisteva una profonda avversione nei confronti di Giolitti, del quale egli non condivideva i metodi di governo spesso al margine della legalità, anche se innegabilmente i vari governi Giolitti avevano assicurato all'Italia un progresso civile di incalcolabile importanza. Tuttavia ufficialmente il veto sturziano fu giustificato dal fatto che i popolari intendevano opporsi a quegli elementi che secondo loro avevano voluto la crisi, al fine appunto di strumentalizzarla. In altri termini don Sturzo riteneva che fosse stato proprio Giolitti ad ispirare con astuta manovra la crisi governativa al fine appunto di ottenere il reincarico governativo. Senz'altro la decisione dei popolari fu di gravissima importanza, non consentendo in quel momento l'unica possibilità effettiva di governo che rimaneva all'Italia democratica. Giustamente Filippo Meda giudicò almeno inopportuna questa aperta e totale ostilità di don Sturzo e dei popolari contro Giolitti. In ogni caso questa opposizione a priori contro Giolitti ne rese sdegnoso il comportamento, inducendolo ad abbandonare l'Italia, ponendosi quindi fuori del tutto dalla crisi e dagli intrighi ministeriali, e costringendolo quindi ad esprimere aperte simpatie nei confronti dei fascisti. Il re, caduta la candidatura Giolitti, pensò di incaricare l'onorevole De Nicola. Costui godeva le simpatie sia dei socialisti che dei popolari ed avrebbe potuto effettivamente ottenere la maggioranza in Parlamento. Ma gli enormi problemi che si ponevano innanzi allo Stato, e gli scarsi mezzi dei quali si disponeva per fronteggiarli, lo scoraggiarono grandemente e lo portarono a rifiutare definitivamente qualsiasi incarico, evitando quindi la formazione di un governo che egli non si sentiva di presiedere. Nuovo tentativo venne quindi fatto cdn Orlando, il quale godeva l'appoggio di tutta la destra e dei liberali, ma i popolari richiesero un numero tale di portafogli da rendere impossibile la formazione del nuovo governo. A questo punto il re si vide costretto a respingere le dimissioni di Bonomi, che ancora non si era presentato alla Camera per il dovuto dibattito. Egli quindi invitò Bonomi a presentarsi al Parlamento, che come sappiamo, gli negò la fiducia con 295 voti contrari e solo 107 favorevoli. Adesso la crisi si riaprì in modo drammatico, fu quindi necessario che il re trovasse una soluzione e potesse quindi designare un qualsiasi personaggio politico in grado di raccogliere una maggioranza che permettesse di governare alle bene meglio il Paese. Falliti i tentativi quindi nei confronti di Giolitti, di Orlando, di De Nicola, e anche di Meda, si ripiegò su l'onorevole Facta, già ministro con Giolitti, del quale si conoscevano le doti di galantuomo ma anche le scarse capacità politiche e quindi sembrava l'uomo adatto, proprio per la sua debolezza, a consentire un ministero di transizione fino a quando la situazione politica si fosse chiarita e fosse quindi possibile formare un governo stabile. Del nuovo governo entrarono a far parte tre popolari ed esattamente Bertone alle Finanze, Anile all'Istruzione e Bertini all'Agricoltura; un riformista l'onorevole Dello Sbarba al Ministero del Lavoro. Ben dieci erano i democratici tra i quali Schanzer agli Esteri, Peano al Tesoro, Rossi alla Giustizia; alle colonie era stato chiamato Amendola, dichiarato nemico dei fascisti; Di Cesarò era stato chiamato alle Poste, mentre l'onorevole Riccio, salandrino, venne designato Ministro dei Lavori Pubblici. Il 18 marzo il ministero Facta si presentò alla Camera, la quale gli accordò la fiducia con 75 voti favorevoli contro soli 89 contrari. Votarono a favore tutti i deputati, ecetto i socialisti, i comunisti, e qualche indipendente.


Luigi Facta nuovo
Presidente
del Consiglio


Carlo Schanzer
minisrto
degli Esteri



Giovanni Amendola
ministro delle Colonie



Camillo Peano
ministro del Tesoro



Teofilo Rossi ministro
della Giustizia



Vincenzo Riccio
ministro dei
Lavori Pubblic
i



Arnaldo Dello Sgarba ministro della
Prev. Sociale



Giovanni Bertini ministro
dell'Agricoltura


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