LA CONFERENZA PER LA PACE

Il 18 gennaio 1919 era iniziata ufficialmente la conferenza per la pace a Parigi presso Versailles. Essa, presieduta da Clemenceau, inizialmente vide la partecipazione di dieci membri, cioè i capi di governo, i ministri degli Esteri degli Stati Uniti d' America, della Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone. In seguito, escluso il Giappone, la conferenza continuò con i cosìddetti quattro "grandi", ed esattamente Nilson per gli Stati Uniti, Lloyd George per l'Inghilterra, Clemenceau per la Francia, Orlando per l'Italia. Nel corso della prima fase della conferenza, i delegati si occuparono soprattutto di dare uno statuto alla Lega delle Nazioni, argomento questo che stava particolarmente a cuore a Wilson, ed inoltre essi si occupaarono della sistemazione delle questioni tedesche, apertesi nei territori occupati. Nel corso di questa prima fase della conferenza la partecipazione italiana fu molto scarsa, sicchè gli alleati ne trassero l'opinione che l'italiani avevano degli interessi molto limitati e non collaboravano alla totale, completa e definitiva soluzione dei problemi posti dalla pace. Già l'11 febbraio il nuovo governo jugoslavo aveva presentato delle memorie, richiedendo che i confini del nuovo stato jugoslavo fossero fissati verso l'Italia all'altezza del fiume Isonzo. La proposta venne subito respinta daII'Italia, che, si rifiutò di riconoscere, con atteggiamento mancante di realismo politico, l'esistenza stessa della Jugoslavia come nuova entità politica. Eppure proprio l'Italia, ed in particolare il governo Orlando, aveva dato inizialmente alla nascente nuova nazionalità slava tutto il suo appoggio. La Jugoslavia propose allora che per derimere la controversia con l'Italia fungesse da arbitro il presidente americano Wilson. Ciò voleva dire menomare la posizione dell'Italia come grande potenza, sicchè, giustamente, il ministro Sidney Sonnino respinse la proposta. Wilson, il quale si dava arie da oracolo e da gran saggio, e che già aveva manifestato in più occasioni la sua antipatia per le richieste itaIiane, che a lui sembravano contrarie allo spirito della Lega delle Nazioni ed ai suoi 14 punti, in particolare contrarie al criterio di nazionalità che doveva sovvenire alla nuova sistemazione delle frontiere, se ne adombrò e di certo non perdonò all'Italia di avere respinto il suo "superiore" giudizio. Per altro i consiglieri di Wilson pensavano che l'Istria orientale dovesse essere assegnata alla Jugoslavia, così anche Fiume e tutta la Dalmazia e le isole antistanti. A questo punto si cercò un compromesso: ma gli animi erano troppo tesi perchè effettivamente si potesse addivenire ad un qualche accordo. "Orlando minacciò la rottura dell'alleanza in caso di mancata applicazione del Patto di Londra: dietro a delegazione italiana battevano pressioni economiche, militari e nazionaliste, che andavano assai al di là della questione adriatica, ma che su questa facevano perno e resitenza. D'altra parte non minori interessi muovevano le opposizioni delle potenze dell' Intesa: per la Francia era in questione tutta la sua politica continentale ed europea, balcanica e danubiana, di successione alla Germania vinta e quindi anche di affermazione nel Mediterraneo orientale." Il contrasto nell'ambito del consiglio della Conferenza si fece sempre più aspro e ciò in quanto gl'italiani consideravano i croati e gli sIoveni, i più direttamente interessati contro l'ltalia, come ex-nemici, infatti essi avevano combattuto contro gl'italiam con particolare acredine e vero odio nell'esercito austro-ungarico. Invece gli americani, gl'inglesi ed i francesi, pur non riconoscendo ufficialmente ancora il nuovo stato jugoslavo, li mettevano sullo stesso piano dei fedeli alleati serbi. " Al Consiglio dei Quattro, Orlando, su invitp di Lloyd Gearge e Clemenceau, fece il 3 aprile una esposizione sommaria del punto di vista italiano nei riguardi di Fiume iI Trattato di Londra era stato un compromesso; Fiume non era stata allora richiesta dall'Italia perchè non si prevedeva la scomparsa delI' Austria-Ungheria; adesso, per ragioni di nazionalità, con cui si accordavano quelle economiche, era grusto darla all'Italia. Wilson, invece sostenne che si doveva farne ma città libera. Trascorsa più di una settimana, Orlando, nelle sedute del Consiglio dei Quattro dell'11, 12 e 13 aprile, fece premura perchè si affrontassero a fondo le questioni italiane: in Italia (egli disse) non sarebbe compreso che le conversazioni con i tedeschi si iniziassero senza un accordo di massima sulle questioni italiane : si sarebbe avuta l'impressione di una pace separata." Si giunse così dopo infruttuose trattative alla seduta del giorno 19, interamente dedicata alle questioni italiane. Orlando chiarì che intendeva risolvere il problema in base ai principi già applicati in analoghi casi. Egli quindi richiese che l'Italia potesse avere frontiere naturali. Chiedeva quindi l'annessione all'Italia di tutti i territori già del disciolto impero austro-ungarico, situati entro le frontiere naturali italiane; Fiume, città, ch'egli riteneva italiana, le isole dalmate, il settentrione della Dalmazia, non soltanto per il criterio della nazionalità, che spesso in effetti non era favorevole all'Italia, bensì anche per necessità strategiche e storiche. Il presidente Wilson, che era il vero e tenace oppositore delle aspirazioni italiane, accettò il principio enunciato da Orlando, di adottare anche alla questione italiana gli stessi principi che già erano serviti per risolvere altre questioni territoriali. Accettò quindi tutto il confine alpino settentrionale italiano, compreso il Tirolo di lingua tedesca, che avrebbe dovuto essere rifiutato dall'Italia per questioni di nazionalità, ma che tuttavia per ragioni strategiche venne riconosciuto all'Italia; inoltre accettò la cessione di Trieste e di gran parte dell'Istria; invece si oppose alla richiesta italiana tendente ad ottenere tutta l'Istria e la città di Fiume, la cui maggioranza della popolazione era slava e non italiana, anche se gl'italiani avevano sempre ricoperto i posti di maggiore responsabilità nell'ambito dell'amministrazione della città. Gl'italiani a questo punto prospettarono le loro difficoltà interne: sarebbe stato impensabile presentarsi innanzi al popolo italiano, rinunziando a Fiume ed a buona parte della Dalmazia. Ciò sarebbe equivalso a rinunziare ai veri fini per i quali era stata combattuta la guerra dal nostro popolo. Soprattutto Sonnino sentiva il rimorso di avere spinto il proprio paese verso una guerra sanguinosissima per risultati così modesti. Malgrado le lamentele degl'italiani, il presidente americano Wilson rimase irremovibile egli non intendeva affatto accettare il Patto di Londra, che non legava gli Stati Uniti d' America, che non l'avevano mai sottoscritto. Dal loro canto gl'inglesi ed i francesi confermarono invece la loro intenzione di attenersi al patto di Londra, ed aggiungevano che proprio in base ad esso, rifiutavano Fiume all'Italia, non essendo detta città compresa fra i territori che avrebbero dovuto diventare di dominio italiano. Lo stesso giorno 19 Orlando minacciò di abbandonare la conferenza; gli alleati lo sconsigliarono facendogli presente come sarebbe stato un gravissimo errore spezzare un'alleanza che era durata per anni in momenti ben più difficile degli attuali. Si continuarono quindi le trattative in modo rigido senza che da una parte e dall'altra si avesse la minima intenzione di cedere su qualche punto e quindi di transigere. A questo punto vi fu una riunione tra Loyd George, Wilson ed Orlando e si tentò un compromesso, fondato su Fiume, Sebenico, Zara, città libere; le isole all'Italia ed il resto della Dalmazia alla Jugoslavia. Si era insomma incamminati sulla strada del trattato di Rapallo. Ma Wilson era sempre più inasprito da Sonnino, impensierito inoltre di restare eventualmente isolato, incitando gli altri alleati, cioè inglesi e francesi, a legare qualsivoglia valore al patto di Londra; temeva che gli slavi, non soddisfatti dalle offerte occidentali si gettassero fra le braccia della Russia; temeva che l'opinione pubblica americana disapprovasse il suo comportamento alla Conferenza per la pace di Versailles. A questo punto fu chiaro vhe gli Stati Uniti avrebbero fatto ricorso al ricatto economico pur di giungere alla pace nei termini ch'essi pretendevano d'ottenere. Inglesi e francesi compresero che senza l'aiuto economico americano, le loro economie, sconquassate dalla guerra, avrebbero incontrato gravissimi problemi per risollevarsi, ed a questo punto abbandonarono del tutto l'Italia, non senza far presente anche al presidente Orlando la gravità della situazione economica, che si sarebbe creata in Italia, qualora gli Stati Uniti avessero del tutto interrotto i loro aiuti all'Italia. Nella realtà dei fatti si erano incontrati quattro statisti assolutamente impreparati. Uomini d'idee ristrette, legati a necessità di propaganda elettorale, e costoro crearono, senza averne consapevolezza, la difficile situazione nella quale sarebbe maturato il germe del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Il giorno 23 aprile Wilson fece pubblicare un suo manifesto, con il quale si rivolgeva direttamente al popolo italiano. E' inutile sottolineare l'indelicatezza, l'inopportunità, la scarsa sensibilità politica di Wilson in questa occasione. Egli aveva già dato prova di queste sue scarse capacità politiche, quando, venendo in visita ufficiale in Italia, si era incontrato con Bissolati, che sapeva ministro dimissionario per l'insanabile dissidio con il governo italiano. Orbene nuovamente la storia si ripeteva: mentre si svolgevano trattative al massimo livello per la pace, Wilson decideva di scavalcare i legittimi governanti italiani e di parlare direttamente al popolo, sperando chiaramente di riuscire clamorosamente a provocare la caduta del governo Orlando e la sostituzione dei governanti italiani con altri più duttili e più propensi ad accettare il suo parere. In questo manifesto Wilson si rivolgeva al popolo italiano, enunciando, nuovamente i suoi principi, già ben noti, e di conseguenza in base ad essi, determinava i confini ch'egli riteneva giusti tra Italia e Jugoslavia. Nel complesso il tono del manifesto era pacato e senza eccessi, tuttavia esso suscitò in Italia un'ondata di sdegno senza precedenti Wilson che era stata forse la persona più popolare in Italia, venne adesso sbeffeggiato ed insultato e l'odio popolare fu pari all'amore di cui era stato in precedenza oggetto. Il giorno seguente Orlando si affrettò a far pubblicare un contromanifesto, con esso rivelava i retroscena delle trattative e poneva inoltre l'accento circa il modo strano di agire di Wilson, che intendeva contrapporre il popolo italiano al suo legittimo governo, scavalcando i normali canali diplomatici. Orlando ribadiva la giustizia di tutte le rivendicazioni italiane, fatte nello spirito del trattato di Londra, per il quale il popolo italiano tutto aveva combattuto. Anche questo contromanifesto italiano era abbastanza amichevole. Ancora il 24 si riunirono i quattro grandi e si cercò ancora una volta di giungere ad un compromesso. Ma Wilson con il suo attegglamento rigido, ed Orlando con la sua intransigenza fecero fallire qualsiasi possibilità di dialogo e di trattativa. Senz'altro i risultati diplomatici ottenuti a Rapallo nel novembre del 1920, avrebbero potuto essere conclusi già nell'aprile del'19, evitando quell'ondata di odio e di nazionalismo, che investì il nostro Paese. Senza rendersene conto, Wilson ed Orlando facilitarono in vario modo l'ascesa del nuovo fascismo nazionale. Il 24 sera stesso Orlando abbandonò la conferenza: egli disse di allontanarsi, non per rompere qualsiasi rapporto con gli alleati, ma per riprendere contatto con il suo popolo, e per verificare l'aderenza delle idee del governo a quelle delle masse popolari. Sonnino invece, che insisteva perchè si continuassero le trattative, rimase a Versailles sino al 26. Ma alla fine anch'egli, dovette seguire il suo capo del governo, facendo il suo rientro in Italia.

La seduta inaugurale della Conferenza

L'arrivo del maresciallo Foch

L'arrivo del presidente francese Poincaré

V.E. Orlando capo del governo e della delegazione italiana per la pace a Versailles

Manifestazione di protesta degli italiani di Fiume sulle decisioni della Conferenza

Manifestazione pro Dalmazia a Venezia

Sidney Sonnino

Manifestazione degli italiani di
Fiume contro il manifesto di Wilson

Woodrow Wilson

L'accoglienza di Torino all'On.Orlando dopo l'abbandono della Conferenza di Versailles


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