Alla
vigilia dell'inaugurazione della legislatura, Mussolini dichiarò
alla stampa che i fascisti non avrebbero presenziato alla seduta inaugurale.
Ciò "perchè il fascismo, pur non avendo una pregiudiziale
contro la monarchia, era tendenzialmente repubblicano". Questa
sua dichiarazione suscitò vivo risentimento tra numerosi membri
del suo movimento-partito. Molti dirigenti d'esso erano di sentimenti
monarchici e quindi si opposero alla decisione di Mussolini. Questi
allora presentò un ordine del giorno sulla partecipazione o
meno dei fascisti alla seduta inaugurale; ma la sua proposta fu respinta,
sicchè i fascisti, escluso Mussolini e qualche altro deputato
fascista, parteciparono alla stessa. Il 13 giugno i fascisti compirono
la loro prima azione violenta nella stessa sede della Camera. Essi
misero alla berlina, e poi cacciarono a viva forza fuori dall'aula,
il deputato comunista Francesco Misiano, disertore nel corso della
Grande Guerra. Tutti i gruppi parlamentari protestarono per i metodi
violenti dei fascisti e per l'offesa arrecata alla Camera, tuttavia
quando il Misiano si presentò in aula, abbandonarono in blocco
la stessa, in segno di protesta per "l'indegno" collega.
Ma ciò che maggiormente preoccupava Mussolini era il fatto
che ormai il movimento fascista stava per sfuggirgli di mano. Egli
non ne aveva più il pieno controllo; ciascuna sezione agiva
in modo del tutto autonomo, compiendo azioni spesso non condivise
dalla direzione. Egli si rese conto allora dell'assoluta esigenza
di riconquistare l'effettivo controllo del suo movimento. Ma perchè
ciò potesse realizzarsi era necessario avviare il partito verso
la strada della pacificazione, cioè occorreva che cessasse
la sua azione violenta, accettando quindi il gioco parlamentare. Ma
per comprendere appieno le idee di Mussolini in questo particolare
momento, è molto utile analizzare il suo primo discorso alla
Camera, discorso ch'egli pronunciò in risposta al discorso
della Corona. Egli iniziò con il criticare la politica di Sforza
in fatto di politica estera; non condivideva né la politica
italiana in Alto Adige, né quella italiana con la Jugoslavia.
Non a caso si erano verificate numerose spedizioni punitive delle
squadre fasciste, proprio contro le comunità slovene a Trieste
e contro quelle di lingua tedesca in Alto Adige. Ma ciò che
maggiormente interessa è l'atteggiamento di Mussolini nei confronti
della politica interna e particolarmente nei confronti degli altri
partiti. Mussolini affermò la vocazione anticomunista dei fascisti.
"Finchè i comunisti parleranno di dittatura proletaria,
- affermò Mussolini di repubbliche, di più o meno oziose
assurdità, fra noi e loro non ci potrà essere che il
combattimento. La nostra posizione varia, quando ci troviamo di fronté
al partito socialista. anzitutto ci teniamo bene a distinguere quello
che è movimento operaio da quello che è partito politico...
Noi, e qui ci sono testimoni che possono dichiararlo, non abbiamo
mai preso aprioristicamente un atteggiamento di opposizione contro
la Confederazione generale del lavoro. Aggiungo che il nostro atteggiamento
verso la Confederazione generale del lavoro potrebbe modificarsi in
seguito, se la Confederazione stessa, ed i suoi dirigenti lo meditano
da un pezzo, si distaccasse dal partito politico socialista... Ascoltate,
del resto, quello che sto per dire. Quando voi presenterete il disegno
di legge delle otto ore di lavoro, noi voteremo a favore. Non ci opporremo
e voteremo a favore di tutte le misure e dei provvedimenti, che siano
destinati a perfezionare la nostra legislazione. Non ci opporremo
nemmeno ad esperimenti di cooperativismo: però vi dico subito
che ci opporremo con tutte le nostre forze a tentativi di socializzazione,
di statizzazione, di collettivizzazione! Ne abbiamo abbastanza del
socialismo di stato! E non desisteremo nemmeno dalla lotta, che vorrei
chiamare dottrinale, contro il complesso delle vostre dottrine, alle
quali neghiamo il carattere di verità e soprattutto di fatalità.
Neghiamo che esistano due classi, perchè ne esistono molte
di più; neghiamo che si possa spiegare tutta la storia umana
col determinismo economico. Neghiamo il vostro internazionalismo,
perchè è una merce di lusso che solo nelle alte classi
può essere praticato, mentre il popolo è disperatamente
legato alla sua terra nativa..." Quindi il discorso di Mussolini
si occupò del partito popolare: "Ricordo ai popolari che
nella storia del fascismo non vi sono invasioni di chiese, e non c'è
nemmeno l'assassinio di quel frate Angelico Grassi, finito a revolverate
ai piedi di un altare. Vi confesso che c'è qualche legnata
e che c'è un incendio sacrosanto di un giornale, che aveva
definito il fascismo una associazione a delinquere. Il fascismo nòn
predica e non pratica l'anticlericalismo... Qui è stato accennato
al problema del divorzio. Io, in fondo in fondo, non sono divorzista,
perchè ritengo che i problemi di ordine sentimentale non si
possono risolvere con formule giuridiche; ma prego i popolari di riflettere
se sia giusto che i ricchi possano divorziare andando in Ungheria,
e che i poveri diavoli siano costretti qualche volta a portare una
catena per tutta la vita. Siamo d'accordo con i popolari per quel
che riguarda la libertà della scuola; siamo molto vicini per
quel che riguarda il problema agrario... Affermo qui che la tradizione
latina e imperiale di Roma oggi è rappresentata dal cattolicismo...
l'unica idea universale che oggi esista a Roma, è quella che
s'irradia dal Vaticano... Sono all'ultima parte del mio discorso,
- disse ancora Mussolini - e voglio toccare un argomento molto difficile,
e che, dati i tempi, è destinato a richiamare l'attenzione
della Camera. Parlo della lotta, della guerra civile in Italia...
E' inutile che Giolitti dica che vuole restaurare l'autorità
dello Stato. Il compito è enormemente difficile, perchè
ci sono già tre o quattro Stati in Italia, che si contendono
il probabile, possibile esercizio del potere... La guerra civile si
.aggrava anche per questo fatto: che tutti i partiti tendono a formarsi,
a inquadrarsi in eserciti; quindi l'urto, che se non era pericoloso
quando si trattava di partiti allo stato di nebulosa, è molto
più pericoloso oggi che gli uomini sono nettamente inquadrati,
comandati e controllati. D'altra parte è pacifico, oramai,
che sul terreno della violenza le masse operaie saranno battute. Lo
riconosceva molto giustamente Baldesi, ma non ne diceva la ragione
profonda; ed è questa: che le masse operaie sono naturalmente,
oserei dire santamente, pacifondaie, perchè rappresentano sempre
le riserve statiche della società umana, mentre il rischio,
il pericolo, il gusto dell'avventura sono stati sempre il compito,
il privilegio delle piccole aristocrazie. E allora, o socialisti,
se voi convenite e ammettete e confessate che su questo terreno noi
vi batteremo, allora dovete concludere che avete sbagliato strada.
La violenza non è per noi un sistema, non è un estetismo,
e meno ancora uno sport, è dura necessità alla quale
ci siamo sottoposti. E aggiungo anche che siamo disposti a disarmare,
se voi disarmate a vostra volta, soprattutto gli spiriti. Nell'Avanti!
del 18 giugno, edizione milanese, è detto: "Noi non predichiamo
la vendetta come fanno i nostri avversari. Pensiamo all'ascesa maestosa
dei popoli e delle classi con opera pacifica e feconda pur nelle inevitabili,
anzi necessarie, lotte civili. Se questo è il vostro punto
di vista, o signori, sta a voi illuminare gl'incoscienti e disarmare
i criminali. Noi abbiamo già detto la nostra parola, abbiamo
già compiuto la nostra opera". Ora io ribatto che anche
voi dovete illuminare gl'incoscienti, che ritengono che noi siamo
degli scherani del capitalismo, degli agenti del Governo; dovete disarmare
i criminali, perché abbiamo nel nostro martiro- logio 176 morti.
Se voi farete questo, allora sarà possibile segnare la parola
fine al triste capitolo della guerra civile in Italia... Ma il disarmo
non può essere che reciproco. Se sarà reciproco, si
avvererà quella condizione di cose che noi ardentemente auspichiamo,
perché, andando avanti di questo passo, la Nazione corre serio
pericolo di precipitare nell'abisso. Siamo in un periodo decisivo;
lealtà per lealtà, prima di deporre le nostre armi,
disarmate i vostri spiriti." Con questo discorso Mussolini avviò
quel tentativo di conciliazione, che rispondeva a due ordini di necessità:
da un canto l'esigenza di riprendere il controllo del partito, che
ormai sfuggiva dalle sue mani e che organizzava spedizioni punitive
a carattere locale, senza tener conto di una strategia politica complessiva;
in secondo luogo la necessità di abituare il partito a entrare
nel gioco parlamentare, ottenendo in cambio la collaborazione di forze
politiche, presenti in modo massiccio alla Camera.
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Il deputato
comunista Francesco
Misiano rasato e messo alla berlina
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