Mussolini
in questa circostanza si dimostrò deciso ad ottenere tutto
ciò che voleva. Invano si cercò di sollecitarlo ad accettare
un governo Salandra con partecipazione fascista, invano il re fece
intervenire Federzoni, De Vecchi, Ciano e Grandi affinchè il
futuro duce accettasse una soluzione di transizione; egli rimase a
Milano chiedendo il governo per sé e per i fascisti, e respingendo
qualsiasi altra possibilità d'accordo. Frattanto numerosi senatori
e deputati, tutti appartenenti all'area del conservatorismo, premevano
affinchè si giungesse ad un governo interamente fascista. Infine
il re, premuto da mille istanze, pieno di timori per il futuro dinastico
della sua famiglia, si lasciò convincere e capitolò:
il giorno 29 ottobre il generale Cittadini convocò Mussolini
per telefono, comunicandogli che era intenzione del re di affidargli
l'incarico di formare il governo, e che di conseguenza era necessario
ch'egli venisse a Roma. Ma a Mussolini non bastò neppure questo:
egli pretese ed ottenne che gli venisse conferito l'incarico con un
telegramma: soltanto allora si sarebbe mosso da Milano. Sicchè,
facendo buon viso a questa nuova imposizione, lo stesso giorno 29
il Cittadini telegrafò a Milano a Mussolini il seguente messaggio:
S.M. il Re la prega recarsi al più presto a Roma, desiderando
darle l'incarico di formare il ministero. Ossequi. Cittadini".
Quel giorno stesso alle ore 20 Mussolini partì in vagone letto
per Roma, acclamato lungo la via dai suoi seguaci, che lo attendevano
presso le varie stazioni ferroviarie di transito. Il 30 ottobre alle
ore 10 e 30 Mussolini, giunto a Roma, si presentò al Quirinale
al re. Pare abbia detto presentandosi: "Chiedo perdono a Vostra
Maestà se sono costretto a presentarmi ancora in camicia nera,
reduce dalla battaglia, fortunatamente incruenta, che si è
dovuta impegnare. Porto a Vostra Maestà l'Italia di Vittorio
Veneto, riconsacrata dalla Vittoria, e sono il servo fedele di Vostra
Maestà". La frase "storica" è buffa se
esaminata con un minimo di senso critico. Mussolini si dichiarò
"reduce dalla battaglia": da quale battaglia? Forse quella
combattuta in vagone letto? Tuttavia non è da sottovalutare
il significato politico tracotante, insito nella frase di Mussolini.
Egli infatti volle con questa frase sottolineare nuovamente che la
presa del potere da parte dei fascisti aveva carattere rivoluzionario,
violento, anticostituzionale. Egli andava al governo perchè
aveva vinto una battaglia; il suo ministero non derivava dalla libera
scelta delle istituzioni. Il suo governo si era imposto con la forza,
con la marcia su Roma. Mussolini aveva già preparata la lista
del suo governo, tuttavia attese 24 ore prima di presentare ufficialmente
i nomi dei componenti il suo gabinetto. Il giorno 31 il governo Mussolini
iniziò ufficialmente la sua attività. Frattanto le colonne
delle camicie nere, inzuppate dalle continue pioggie, attendevano,
ferme presso le varie stazioni ferroviarie, ordini. Il giorno 30,
mentre Mussolini era già impegnato a formare il nuovo governo,
fu concesso loro di entrare a Roma. Esse quindi arrivarono nella Capitale
in parte a piedi, ma i più su treni speciali, compiendo finalmente,
in modo incruento, la loro marcia su Roma. Vi furono disordini e furono
compiute inutili violenze: vennero infatti distrutte le sedi del "Paese",
dell' "Epoca" e dell' "Avanti!". Nei quartieri
operai di San Lorenzo e Trionfale si ebbero gravi disordini con tredici
morti, sicchè per ristabilire l'ordine dovette intervenire
l'esercito. Il successo fece ovviamente aumentare a dismisura il numero
delle camicie nere, che adesso raggiunsero la ragguardevole quantità
di 70 mila persone. Il giorno 31 per sei ore di seguito queste camicie
nere, pittoresche nei loro strani abbigliamenti e nelle loro fogge
eterogenee, sfilarono innanzi al Quirinale, salutate dal re con a
fianco il generale Diaz e l'ammiraglio Thaon di Revel; mentre Mussolini,
che aveva già passato in rassegna le camicie nere a Villa Borghese,
non si fece vedere nel corso della sfilata. "Fu una parata della
vittoria, senza alcuna importanza politica, perchè il potere
era già stato conquistato senza ricorrere alla forza. Come
commentò più tardi lo stesso Mussolini, era stata una
rivoluzione di nuovo stile, attuata non dall'impotente comando supremo
di Perugia, ma dalla direzione di un giornale di Milano. A ragione,
un vecchio prelato, che cinquantadue anni prima aveva visto sfilare
l'esercito italiano, potè affermare osservando la scena: "Roma,
nel 1870 l'abbiamo difesa meglio".
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La folla attende
Mussolini
fuori dal Quirinale
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