Malgrado
il patto di pacificazione, firmato fra socialisti e fascisti, i disordini
e le azioni violente continuarono ininterrotte. Unica novità
fu adesso la presenza di formazioni paramilitari comuniste, che iniziarono
anch'esse a svolgere azioni punitive a carattere violento. Ciò
dette maggior forza ai gruppi fascisti che volevano la denuncia del
patto, ed intendevano continuare nelle loro azioni violente. Si ebbero
quindi gravissimi incidenti a Bologna, Ravenna, Mola di Bari, Modena
e Trieste. Invano il Governo aveva impartito istruzioni alle prefetture
ed alle questure d'intervenire per evitare i disordini, ormai era
chiaro che agenti e carabinieri si erano fascistizzati, ed essi trovavano
appoggio da parte dei propri ufficiali, che non li redarguivano, ma
sotto sotto li lodavano; a tutto ciò si aggiungeva la magistratura,
anch'essa fascistissima, sicché divenne impossibile al Governo
opporsi alla crescente marea del disordine e dell'anarchia dilagante.
Il movimento fascista a questo punto era in crisi. "L'autorità
di Mussolini sembrava scossa. I vari capi acquistavano un potere indipendente
e lo esercitavano imponendo leggi baronali da provincia in provincia...
I diversi ras (così vennero chiamati i vari gerarchetti provinciali,
potenti e prepotenti) erano quasi tutti per la rivoluzione permanente,
contro il padamentarismo cui sembrava indulgere Mussolini. Farinacci
a Cremona, Balbo a Ferrara, Giunta a Trieste, Perrone-Compagni a Firenze,
Ricci a Carrara, Caradonna a Bari esercitavano le loro satrapie secondo
criteri personalissimi e seguendo scopi divergenti". Dal 7 al
10 novembre si riunì quindi a Roma il congresso fascista, il
quale avrebbe dovuto ratificare la trasformazione del movimento fascista
in partito. Tuttavia restavano alcune gravi questioni di fondo da
decidere: se bisognasse fondere il partito, dando un programma allo
stesso; se bisognasse mantenere l'organizzazione squadrista del movimento.
Al primo di questi quesiti, si rispose con la decisione di attenersi
ad un programma contingente, necessariamente vago; mentre al secondo
quesito si rispose decidendo che l'organizzazione paramilitare del
movimento, sarebbe rimasta ed istituzionalizzata dal Partito Nazionale
Fascista. Frattanto, mentre si svolgeva il Congresso, l'atteggiamento
aggressivo dei fascisti provocò una serie di disordini nella
città di Roma, e si ebbero quindi gravi scontri tra fascisti
e cittadini romani. Nel corso di questi disordini rimasero uccisi
un ferroviere ed un congressista fascista. L'atmosfera del Congresso
quindi risentì di questo clima teso, e Mussolini, che era venuto
a Roma con la speranza di fare accettare ai congressisti il patto
di pacificazione, dovette limitarsi a esortare i congressisti "a
difendersi ma a non attaccare". Roma, ancora sotto l'impressione
dell'arrivo nella Capitale della salma del milite ignoto, non tollerò
i modi brutali dei fascisti. E Mussolini in proposito, nel suo discorso
pronunciato in Parlamento l'I dicembre disse: "C'è stato
un fenomeno di incomprensione tra i fascisti e la popolazione romana
e sono così sincero da ammettere che la simbologia fascista,
pittoresca, se si. vuole, ma ricordante troppo da vicino i simboli
della fase estrema della guerra, abbia urtato una popolazione come
quella di Roma, che è fondamentalmente edonistica, cioè
portata a vivere tranquillamente la propria giornata.;. I fascisti
credevano che il popolo di Roma fosse loro contrario; viceversa il
popolo romano credeva che i fascisti fossero venuti a Roma per fare
chi sa quale mal fantastica azione punitiva... Io ricordo che nel
discorso dell'Augusteo dissi ai fascisti parole durissime, come forse
non ne poteva dire nemmeno un socialista; dissi che era eccessivo
il saluto ai gagliardetti; (i fascisti avevano preteso che la gente
si levasse il cappello e salutasse rispettosamente i loro gagliardetti
- n. d. r.) ma vi faccio considerare che le fedi che sorgono sono
necessariamente intransigenti, mentre sono transigentissime le fedi
che declinano e muoiono. Il Congresso di Roma si chiuse con una serie
di azioni violente da ambo le parti, mentre i ferrovieri proclamavano,
per l'uccisione del loro collega, lo sciopero generale. Infine il
patto di pacificazione, mai rispettato, ma che almeno formalmente
era durato dall'agosto alla fine di novembre, fu definitivamente denunzìato
dai socialisti. Essi inoltre accusarono il Governo di avere tollerato
le bande armate, e d'aver fallito il programma governativo, che prevedeva
il ripristino dell'autorità dello Stato. Giustamente Mussolini
coglieva nel segno la contraddizione della mozione socialista, che
da un canto chiedeva protezione al Governo, e da un altro canto, negava
la legittimità stessa di quello stesso Governo "borghese",
al quale chiedeva protezione. "Non sapete uscire da questa contraddizione
- diceva Mussolini ai socialisti - in cui si annulla tutto vostro
programma. Ma nella sostanza dei fatti Mussolini non riuscì
con la trasformazione del suo movimento in partito a riprendere pienamente
il controllo dei fascisti. Egli a quel punto decise di accettare la
formula della violenza, e ciò per non essere estromesso del
tutto dal Partito fascista.
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Il corteo fascista
in Piazza del Popolo
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