PARTITO POPOLARE

Tra il dicembre 1918 ed il seguente gennaio 1919, un nuovo partito politico fece il suo debutto sulla scena italiana: il Partito Popolare, d'ispirazione cattolica. L'avvenimento fu molto importante, qualora si consideri che sino ad allora, almeno ufficialmente, i cattolici italiani non avevano partecipato alla vita politica nazionale. Prima del 1870 il Papa era stato dotato oltre che di potere spirituale anche di potere temporale, ch'egli esercitava su ampi territori del centro Italia. Annessi dall'Italia tutti i territori del Papa, Roma compresa, il Papa insieme alla sua corte si ritirò nel cosiddetto Vaticano, un complesso di edifici, giardini e altri terreni, che coprono un'area di circa 44 ettari sulla riva destra del Tevere". II Parlamento italiano aveva allora approvato la così detta "legge delle guarentigie", con le quali aveva sancito la libertà ed indipendenza del Papa, ed aveva anche stanziato una cifra d'appannaggio annuale per il mantenimento della corte vaticana. Si trattava tuttavia di una legge del parlamento italiano, il quale avrebbe potuto, in qualsiasi momento, abolirla o modificarIa. Sicchè i vari Papi succedutisi negli anni seguenti, non l'avevano mai riconosciuta. Leone XIII, ritenendosi prigioniero in casa propria dello stato italiano, proibì ai fedeli italiani di partecipare alla vita politica, sia votando che presentandosi come candidati al Parlamento. I Papi successivi non modificarono sostanzialmente questa loro posizione, anche se il comportamento del Vaticano nella prassi giornaliera diveniva sempre meno intrasigente. Frattanto assumeva sempre maggiore rilievo nel mondo occidentale tutto, la questione sociale. In questo campo anche la Chiesa di Roma sentì l'esigenza di pronunciarsi. Destò allora grande scalpore la pubblicazione, avvenuta nel 1891, dell'enciclica di Papa Leone XIII "Rerum novarum ", secondo la quale "operai e padroni dovevano collaborare e non combattersi" e si auspicava inoltre "una più coraggiosa milizia sociale del cattolici e di una lotta al socialismo non sul piano della mera opposizione, ma della Concorrenza ". Fu appunto in questo rinnovato clima sociale che venne formandosi un gruppo di cattolici italiani, i quali, capeggiati da Romolo Murri, un sacerdote marchigiano stabilitosi a Roma, intrapresero un'ampia operazione di propaganda cattolico-sociale, costituendo una Lega, quasi sindacato di stampo cattolico. La chiesa cattolica tuttavia, non soltanto non approvò, bensì fece di tutto per scoraggiare l'iniziativa del Murri, che nel 1907, essendosi ribellato agli ordini delle autorità ecclesiastiche, fu sospeso a divinis . "Murri e la sua Lega, quindi, cominciarono a cercare appoggi all'estrema sinistra e a chiedere la separazione totale della Chiesa dallo Stato.. In uno stato d'animo di crescente delusione e amarezza, Murri finì con l'assumere un atteggiamento di anticlericalismo militante che nasceva da convinzioni religiose. Nel 1909 fu eletto al parlamento nelle sue Marche come radicale, (sedendo) all'estrema sinistra, vestito da prete... (ciò) indusse Giolitti a chiedere se l'estrema sinistra si fosse procurata un "cappellano". Tuttavia l'idea democratica cristiana sopravvisse al Murri, soprattutto grazie all'instancabile opera di un altro prete: don Luigi Sturzo. Originario di Caltagirone, era divenuto un esponente dell'Azione Cattolica siciliana. "Come Murri, egli vagheggiava un partito cattolico nazionale e democratico che fosse indipendente dal Vaticano... inoltre condivideva anche il disgusto di Murri pr l'acquiescenza di Pio X alle pretese politiche del conservatorismo laico. Obiettivo deI partito autonomo, aconfessionaIe e Iaico a cui egli pensava... sarebbe stato... il più completo sviluppo dello stato laico unitario delle libertà democratiche, tra le quali le libertà cattoliche avrebbero trovato il loro posto". A differenza di Murri, Sturzo non si era ribellato alla condanna, ma vi si era invece sottomesso in silenzio aspettando che i tempi fossero maturi per un movimento cattolico che cercasse al tempo stesso dì essere demcratico". Frattanto il nuovo pontefice Benedetto XV , Papa illuminato e democratico, aveva già attenuato la portata del non expedite, terminata la grande guerra, lo rimosse del tutto, consentendo quindi ai cattolici di partecipare ufficialmente alla vita politica deIla nazione italiana. Il Partito Popolare non fu fondato per iniziativa della Curia vaticana, tuttavia, all'esterno era ampiamente appoggiato dalla gerarchia ecclesiastica, molto potente allora, soprattutto nelle campagne. Ufficialmente "il Papa Benedetto XV ed il suo segretario di stato cardinal Gasparri nè approvarono nè proibirono la nascita del nuovo partito politico: Io ignorarono. Ma ignorandolo lo permettevano, o almeno lo tolleravano". II Partito Popolare italiano all'atto della sua nascita presentò il suo programma politico agli "uomini liberi e forti". Questo programma venne sottoscritto da una commissione, della quale facevano parte, oltre a don Sturzo, alcuni parlamentari ed importanti esponenti politici, come Giovanni Bertini, Giovanni Longinotti, Angelo Mauri, Giulio Rodinò, Achille Grandi. Il programma del Partito, articolato in dodici punti, prevedeva: "tutela della famiglia, infanzia, tutela della moralità pubblica, libertà d'insegnamento in ogni tipo di scuola (è da tenere presente che numerose erano allora le scuole gestite da ecclesiastici, e quindi questa norma tendeva a garantirne la libertà) riconoscimento giuridico e libertà dell'organizzazione di classe nell'unità sindacale (in questo campo il Partito Popolare doveva fare i conti con la Confederazione Generale del Lavoro di ispirazione marxista); legislazione sociale nazionale e internazionale (fra postulati specifici erano "incremento e difesa della piccola proprietà rurale e del bene di famiglia"); organizzazione di tutte le capacità produttive della nazione (con conseguente eliminazione del latifondo, che ancora esisteva soprattutto nel sud); libertà ed autonomia degli enti locali: riorganizzazione della beneficenza pubblica, con rispetto delle istituzioni private (cioè di quelle eclesiastiche); "libertà e indipendenza della chiesa nella piena esplicazione del suo magistero spirituale; libertà e rispetto della coscienza cristiana, considerata come fondamento e presidio della vita della nazione, delle libertà popolari e delle ascendenti conquiste della civiltà nel mondo"; riforma tributaria; riforma elettorale politica, fondata sulla proporzionale, voto alle donne, senato elettivo corporativo; difesa nazionale, tutela e valorizzazione della emigrazione italiana; sfere di influenza per lo sviluppo commerciale del Paese; politica coloniale in rapporto agI'interessi nazionali, ed ispirata da un programma di incivilimento dei poli colonizzati; in politica estera, pieno appoggio agli ideali di Wilson per la creazione di una Lega delle Nazioni; arbitrato internazionale in caso di controversie tra gli stati; abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria; disarmo universale.
Venne nominato primo segretario politico del Partito, don Luigi Sturzo, che, accettando l'incarico si rendeva conto come il programma del Partito Popolare non fosse contrario agl'interessi del Vaticano, perchè se fosse stato contrastante con le idee della curia, egli avrebbe senz'altro subito gravi censure da parte dei suoi superiori ecclesiastici, dai quali, nella sua qualità di sacerdote dipendeva. NeI complesso il Partito Popolare con il suo programma moderato, si presentò all'elettorato italiano come partito interclassista. Esso adottò come simbolo uno scudo crociato con la parola Libertas. Libertà quindi: secondo don Sturzo questa libertà doveva essere garantita a tutti, ai cattolici e ai non cattolici. Dello stesso avviso non erano tuttavia gli uomini della sinistra. Ad esempio Gaetano Salvemini ritenne che si trattasse di una libertà a senso unico, cioè una libertà "cattolica". Sappiamo bene, diceva in sostanza il Salvemini, che la libertà della Chiesa ammette soltanto la libertà per il bene, o meglio la libertà per ciò che essa definisce essere il bene. Di conseguenza la sinistra ritenne che questa libertà, alla quale il Partito Popolare faceva riferimento, fosse non per tutti, bensì soltanto per coloro che si uniformavano all'insegnamento della Chiesa cattolica. Se i cattolici avvessero ottenuto il potere, la sinistra riteneva che lo avrebbero usato per sopprimere "il maIe", o almeno ciò che la Chiesa riteneva fosse "il male". Secondo il Salvemini "in altre parole, il partito rimaneva autonomo finchè non faceva niente che fosse sgradito alle autorità ecclesiastiche, ma il giorno in cui queste dichiaravano che non potevano più approvare il suo operato, il partito si sarebbe trovato ad un bivio: o rinunciare alla propria autonomia e obbedire alle autorità ecclesiastiche, o affermare la propria autonomia e affrontare una condanna da parte delle autorità ecclesiastiche." Il Partito Popolare Italiano venne a porsi tenuto conto della sua struttura politica, fra i gruppi liberali e quelli socialisti. Sin dall'inizio questo partito presentò una struttura interclassista, che poteva senz'altro favorirne l'ascesa al potere, ma nel contempo non avrebbe effettivamente potuto orientare compiutamente le masse verso precisi ideali politici. E' molto importante notare come tra il programma del Partito Popolare e quello dell'Azione Cattolica, vi fossero notevoli affinità di ispirazione: entrambi erano apertamente e dichiaratamente cattolici, e quindi necessanamente entrambi dovevano tendere al medesimo scopo politico e sociale. Restava sempre in piedi la questione romana, che il Partito Popolare, imbarazzato all'inverosimile ad assumere una qualsivoglia posizione, fu costretto ad ignorare completamente. Esso infatti, non avrebbe potuto approvare lo stato italiano senza incorrere nelle ire del Vaticano, nè avrebbe potuto schierarsi apertamente dalla parte della Chiesa di Roma, senza entrare in conflitto con la maggioranza del popolo italiano, il quale tutto aveva voluto ed agognato alla fine del potere temporale papale. Senz'altro la curia romana, tramite il cardinal Gasparri, dovette dare la sua approvazione a questa ignoranza del problema da parte del nuovo partito popolare. Ma la curia aveva importanti ragioni per comportarsi in tal senso. In quello stesso periodo infatti Benedetto XV aveva già iniziato segreti abboccamenti con i responsabili politici italiani. Erano infatti già avvenuti contatti a Parigi ed in altre sedi tra i governanti italiani e vari inviati del Papa, al fine di delineare un possibile accordo tra la Chiesa di Roma e lo stato Italiano. Questi contatti, già iniziati d Orlando, vennero sospesi in seguito alla caduta del governo. Nitti, nel corso del suo breve e tormentato governo, ebbe soltanto conversazioni sporadiche sull'argomento col cardinaI Gasparri. Tuttavia è importante ricordare questi incontri, al fine di rendersi conto come i patti lateranensi non siano stati altro che la logica conclusione di questi continui contatti e della comune volontà delle parti di giungere ad una definitiva conclusione della questione romana. La nascita del Partito Popolare rappresentò una serie di vantaggi, ma anche di svantaggi, per la vita politica italiana. Possiamo annoverare tra gli esiti positivi, la partecipazione alla vita politica nazionale dei cattolici, che, a causa della questione romana erano rimasti assenti dalla scena politica. Tuttavia questo nuovo partito, interclassista e centrista, finì con l'erodere la base elettorale sia dei partiti di destra che di sinistra, per cui non si riuscì a costituire in Italia nè una destra storica abbastanza forte, nè una sinistra di dimensioni tali da potere aspirare al governo democratico del Paese. Per altro, sin dall'inizio, questo nuovo partito ebbe non soltanto l'appoggio del clero, bensì anche quello di una ventina di quotidiani e di decine di settimanali; grazie quindi ad un notevole apparato giornalistico ed all'opera instancabile e capillare degli ecclesiastici, soprattutto nelle zone di campagna, in breve tempo poterono formarsi migliaia di sezioni con decine di migliaia di tesserati. Il Partito Popolare nacque quindi con una organizzazione poderosa alle spalle, che consentì ad un partito nuovo, sin dalla prIma prova elettorale, di ottenere in parlamento una cospicua rappresentanza. Il Partito Popolare tenne un suo primo congresso nel giugno del 1919. N el corso di esso emersero tre correnti dominanti: la destra, che faceva capo a don Gemelli, che aveva acquisito grande notorietà come cappellano militare durante la guerra ; don Gemelli auspicava un partito clericale e confessionale, strettamente legato alla religione cattolica ed alla gerarchia ecclesiastica. Una seconda corrente, di sinistra, capeggiata da Miglioli, pacifista ben noto e sindacalista, chiedeva che il partito assumesse un orientamento anticapitalista e proletario: in pratica un partito "marxista-cristiano". Infine una terza corrente, che era di gran lunga la più numerosa, e faceva capo a don Sturzo, ma che vedeva già tra i suoi più importanti esponenti il giovane AIcide De Gasperi, ex deputato di Trento presso il parlamento di Vienna, il quale gruppo auspicava un partito aconfessionale, interclassista, con un ampio programma di riforme sociali: tra le quali la più urgente era l'eliminazione del sistema elettorale giolittiano e la creazione di rappresentanze parlamentari con il sistema proporzionale: ciò avrebbe consentito di eliminare i sistemi disonesti ed intrallazzistici di Giolitti e della sua cricca, ed avrebbe consentito al grandi partiti di massa, di entrare con ampie rappresentanze nel parlamento. In fatto di politica estera, tutte le correnti del Partito Popolare erano wilsoniane, accettavano quindi del tutto i 14 punti di Wilson, auspicando tuttavia, con un certo realismo, che alla Lega delle Nazioni venisse data la forza per potere imporre ai riottosi la propria volontà. Nel novembre del 1919 il papa Benedetto XV tolse definitivamente il non expedit ed infine eliminò anche il divieto, sino ad allora imposto, al capi di stato cattolici di visitare in forma ufficiale la capitale d'Italia. Iniziava fra Stato e Chiesa un clima di serena collaborazione, che avrebbe potuto favorire il Partito Popolare, se non fosse inrvenuta la dittatura mussoliniana, a spazzare via tutti i partiti e tutte le forme associative politiche avversarie.


Il Cardinal Gasparri

Meda e Federzoni

Filippo Turati capo dei socialisti

Giolitti capo del socialismo italiano

Papa Pio IX

Papa Pio X

Papa Benedetto XV

Simbolo del Partito Popolare Italiano

Ruggero Leoncavallo

Costruzione della marylands

Affondamento della Regia nave Basilicata
nel Canale di Suez

Il Presidente americano
Teodoro Roosvelt

Alcide De Gasperi


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