Alla
fine di novembre del 1921 i socialisti presentarono interpellanza
alla Camera contro il Governo, accusandolo di essere complice delle
violenze fasciste, e di tollerare apertamente le bande armate, che
ormai da tempo spadroneggiavano lo Stato. Si aprì quindi in
Parlamento la discussione e Bonomi affermò che nei confronti
delle squadre fasciste, così come contro le squadre dell'estrema
sinistra, chiamate "arditi del popolo", il governo avrebbe
applicato le leggi con la massima severità non tollerando che
all'interno dello stato potessero crearsi delle forze incontrollate
e armate, che avrebbero potuto turbare l'ordine democratico dello
stesso. Si venne quindi alla questione della fiducia e il governo
la ottenne superando quindi indenne la tempesta. Il risultato comunque
di questa discussione alla Camera fu una circolare di Bonomi ai prefetti
con la quale ripetutamente egli ribadiva la necessità di essere
imparziali e di applicare rigidamente la legge contro tutti quei cittadini
che si costituivano in banda armata. Frattanto la procura del re di
Milano apriva un'inchiesta a carico di Mussolini per il delitto di
formazione di corpi armati contro lo stato ed altri reati. Questa
procedura si nianifestò con la richiesta di autorizzazione
a procedere contro l'onorevole Mussolini; ma pochi mesi dopo, avendo
Mussolini conquistato il potere, ovviamente la richiesta passò
sotto silenzio e di essa non si fece più nulla. Ma il vero
problema dell'Italia rimaneva quello di un socialismo che non sapeva
vedere nello Stato l'arma, attraverso la quale, avrebbe potuto combattere
il nascente fascismo; era troppo abituato e troppo aveva predicato
contro di esso, e adesso non riusciva più ad inserirsi in una
visione di governo del paese seria e costruttiva. I collaborazionisti,
tra i quali continuava a fare spicco Turati, restavano in minoranza
e non avevano alcuna probabilità di riuscire a staccarsi dall'ala
intransigente, per tentare di governare lo stato italiano. Dall'altro
lato il partito popolare, ancora incerto circa le direttive politiche
da seguire, e anch'esso praticamente congelato contro il socialismo,
contro il giolittismo, contro il fascismo, viveva in uno splendido
isolamento rendendo lo stato italiano del tutto ingovernabile. Di
ciò si rese conto Mussolini il quale nel suo discorso alla
Camera dell'1 dicembre non fece altro che constatare la situazione
di impasse nel quale le funzioni dello stato erano cadute, non consentendo
nessuna forma di governabilità. Egli quindi proponeva l'eventualità
di un gabinetto di tecnici oppure una dittatura militare, ma si rendeva
conto che quest'ultima carta era estremamente pericolosa e da tentare
in casi di assoiutà necessità. In ogni caso l'atteggiamento
di Mussolini e dei fascisti restava equivoco. Da un canto, egli blandiva
le forze parlamentari, da un altro canto le disprezzava e ricorreva
alla violenza per averne ragione. Il contradditorio atteggiamento
dei fascisti tuttavia invece di indurre le forze democratiche ad assumere
precisa posizione, le disorientò notevolmente non consentendo
ad esse un'adeguata reazione e paralizzando.ne in pratica qualsiasi
tentativo di azione politica.reazione e paralizzandone in pratica
qualsiasi tentativo di azione politica. La circolare spedita da Bonomi
ai prefetti incominciò tuttavia a sortire degli effetti positivi,
sicchè le varie Prefetture vigilando e incominciando a ritirare
le ingenti quantità di armi illegalmente circolanti in Italia,
ridussero notevolmente l'area della conflittualità e i conseguenti
atti criminali ad essa legata. Ma proprio quando la nuova politica
di Bonomi stava incominciando a sortire un qualche effetto positivo
ed iniziava ad impensierire Mussolini, che si rendeva contò
che il mutato atteggiamento del Governo avrebbe potuto ridimensionare
notevolmente le aspirazioni fasciste, proprio allòra, il governo
Bonomi cadde su una questione che tra l'altro non aveva alcun nesso
con la situazione politica che si era verificata in Italia. Nel 1914
dalla fusione della banca di Busto Arsizio con la Società Bancaria
era nata una nuova banca la cosiddetta Banca Italiana di Sconto. Questo
istituto che nel corso della guerra si era occupato di finanziamenti
alle industrie belliche, si era venuto gravemente scoperto nei confronti
dei suoi clienti, sicchè alla fine del 1921 aveva uha posizione
debitoria nei confronti della Banca d'Italia di diciassette miliardi
di lire di quel tempo. Contro questo gravissimo debito vi erano dei
crediti di difficile e dubbio realizzo e soprattutto mancava la liquidità,
cercando ormai tutti i correntisti, allarmati dalle voci che circolavano
sulla liquidità della banca, di ritirare il proprio danaro.
Da più parti, ma soprattutto da parte degli industriali, si
richiese l'intervento del governo per evitare il fallimento della
banca, fallimento che avrebbe inevitabilmente coinvolto numerose grandi
aziende industriali. Tuttavia il governo non si sentì di farsi
carico di un passivo così considerevole e ritenne inoltre che
non rientrasse nei compiti e nelle mire politiche del governo salvare
istituti così gravemente deficitari come la Banca Italiana
di Sconto. Per cui il Ministro dell'industria e Commercio Bellotti,
d'accordo con il presidente del consiglio Bonomi, decise di non intervenire
tramite il Tesoro e di lasciare che la Banca fosse posta in liquidazione.
Contro il Governo si vennero a coalizzare forze disparate e di ispirazione
diversa sicchè, essendosi reso conto Bonomi di non avere più
una maggioranza in Parlamento, presentò le dimissioni al Re
il 2 febbraio 1922. Il Re tuttavia respinse le dimissioni di Bonomi
invitandolo a presentarsi dinnanzi alla Camera per tentare di salvare
il Governo in un momento in cui il Paese aveva assoluto bisogno che
lo Stato mantenesse una continuità governativa e la linea politica
già intrapresa. Così come Bononii aveva previsto si
dichiararono contro il governo i democratico-sociali, i nazionalisti,
i socialisti, i comunisti e tùtta la destra; sicchè
essendo rimasti a favore di Bonomi soltanto i popolari, la fiducia
venne negata al Governo che cadde il 17 febbraio con ben 295 voti
contrari contro solo 107 favorevoli. Si apriva quindi un'ulteriore
crisi governativa, dalla quale doveva scaturire un ultimo governo
democratico, quello debole e impotente di Facta, passato alla storia
come esempio insuperato di inefficienza e incapacità.
|
Il principe Umberto
di Savoia
ad una esercitazione militare
|