Ho
accettato di venire a parlare questa sera al Gruppo Sciesa per
un triplice ordine di motivi: un motivo sentimentale, un motivo
personale ed un motivo politico. Un motivo sentimentale, perché
volevo tributare il mio attestato di ammirazione e di devozione
profonda ai nostri indimenticabili magnifici Caduti, Melloni,
Tonoli e Crespi: i primi due della vostra squadra; il terzo della
Sauro, io li ricordo perfettamente. Poi ho accettato di parlare
per il carattere che il Gruppo ha voluto dare a questa celebrazione.
Finalmente, data l'attesa generale che tiene sospesi gli animi
di tutti gli italiani nel presagio di qualche avvenimento che
dovrà arrivare, non volevo mancare l'occasione di precisare
alcuni punti di vista; precisazione necessaria nel tormentoso
periodo che attraversiamo. Voi sentite, a giudicare dal vostro
atteggiamento austero e silenzioso, che se la materia è
corrompibile, lo spirito è immortale. Voi sentite, stasera,
che in questo piccolo ambiente aleggia ancora lo spirito dei nostri
Caduti. Sono presenti. Noi sentiamo la loro presenza. Poiché
l'anima non può morire. E sono caduti nell'azione più
eroica compiuta dal Fascismo italiano nei quattro anni della sua
storia. Poiché molte volte, quando i fascisti si sono precipitati
a distruggere col ferro e col fuoco i covi della ribalda e vile
delinquenza social-comunista, non hanno visto che le schiene in
fuga; ma gli squadristi della Sciesa ed i due Caduti che qui ricordiamo
e tutti gli squadristi dei Fascio milanese, sono andati all'assalto
dell'Avanti! come sarebbero andati all'assalto di una trincea
austriaca. Hanno dovuto varcare dei muri, spezzare dei reticolati,
sfondare delle porte, affrontare del piombo rovente che gli assaliti
gettavano con le loro armi. Questo è eroismo. Questa è
violenza. Questa è la violenza che io approvo, che io esalto.
Questa è la violenza del Fascismo milanese. Ed il Fascismo
italiano - io parlo ai fascisti di tutta Italia - dovrebbe farla
sua. Non la piccola violenza individuale sporadica, spesso inutile,
ma la grande, la bella, la inesorabile violenza delle ore decisive.
È necessario, quando il momento arriva, di colpir con la
massima decisione e con la massima inesorabilità. Non dovete
credere che qui mi facciano velo i sentimenti di simpatia fortissima
che io ho per il fascismo milanese: ma è soprattutto l'amore
che io porto alla nostra causa. Quando una causa è santificata
da tanto sangue purissimo di giovani, questa causa non deve venire
in nessun modo ed a nessun costo infangata. Eroi sono stati i
nostri amici! La loro gesta è stata guerriera. La loro
violenza santa e morale. Noi li esaltiamo. Noi li ricordiamo.
Noi li vendicheremo. Non possiamo accettare la morale umanitaria,
la morale tolstoiana, la morale degli schiavi. Noi in tempo di
guerra , adottiamo la formula socratica: Superare nel bene gli
amici, superare nel male i nemici! La nostra linea di condotta
è correttissima. Chi ci fa del bene, avrà del bene;
chi ci fa del male, avrà del male. I nostri nemici non
potranno lagnarsi se, essendo nemici, saranno trattati duramente,
come duramente devono essere trattati i nemici. Siamo in un periodo
storico di crisi che accelera ogni giorno i suoi tempi. Lo sciopero
generale, che fu stroncato dal sacrificio di sangue dei fascisti,
è un episodio che si inquadra nella crisi generale. Il
dissidio è fra Nazione e Stato. L'Italia è una Nazione.
L'Italia non è uno Stato. L'Italia è una Nazione,
poiché dalle Alpi alla Sicilia c'è una unità
fondamentale dei nostri costumi; c'è una unità fondamentale
del nostro linguaggio, della nostra religione. La guerra combattuta
dal '15 al '18 consacra tutte queste unità e se queste
unità formidabili bastano a caratterizzare la Nazione,
la Nazione italiana esiste: piena di risorse, potentissima, lanciata
verso un glorioso destino. Ma la Nazione deve darsi lo Stato.
E lo Stato non c'è. Oggi il giornale che rappresenta il
liberalismo in Italia - il giornale più diffuso in Italia,
e che perciò qualche volta ha fatto molto male agli italiani
sostenendo tesi assurde - constatava che in Italia ci sono due
Governi e quando ce ne sono due, ce n'è uno di più.
Lo Stato di ieri e lo Stato di domani. "Occorre un Governo",
diceva oggi il Corriere della Sera. Siamo d'accordo. Occorre un
Governo. I cittadini si domandano: "Quale Stato finirà
per dettare la sua legge agli italiani?". Noi non abbiamo
nessun dubbio a rispondere: "Lo Stato fascista!". Il
Corriere della Sera dice: "Bisogna far presto!". Siamo
d'accordo! Una Nazione non può vivere tenendo nel suo seno
due Stati, due Governi, uno in atto, uno in potenza. Ma quali
sono le vie per arrivare a dare un Governo alla Nazione ? Diciamo
Governo; ma quando noi diciamo Stato, intendiamo qualche cosa
di più. Intendiamo lo spirito, non soltanto la materia
inerte ed effimera! Ci sono due mezzi, o signori: se a Roma non
sono diventati tutti rammolliti, dovrebbero convocare la Camera
al primi di novembre, fare votare la legge elettorale riformata,
convocare il popolo a comizio entro dicembre. Poiché la
crisi Facta, come invoca il Corriere, non potrebbe spostare la
situazione. Fate trenta crisi al Parlamento italiano, così
come è oggi, ed avrete trenta reincarnazioni dei signor
Facta. Se il Governo, o signori, non accetta questa strada, allora
noi siamo costretti ad imboccare l'altra. Vedete che il nostro
giuoco ormai è chiaro. D'altra parte non è pensabile
più, quando si tratta di dare l'assalto ad uno Stato, la
piccola congiura che rimane segreta sì e no fino al momento
dell'attacco. Noi dobbiamo dare degli ordini a centinaia di migliaia
di persone, e pretendere di conservare Il segreto sarebbe la più
assurda delle pretese e delle speranze. Noi giuochiamo a carte
scoperte fino al punto in cui è necessario di tenerle scoperte.
E diciamo: "C'è un'Italia che voi, governanti liberali,
non comprendete più. Non la comprendete per la vostra mentalità
arretrata, non la comprendete per il vostro temperamento statico,
non la comprendete perché la politica parlamentare vi ha
inaridito lo spirito. L'Italia che è venuta dalle trincee
è un'Italia forte, un'Italia piena di impulsi, di vita
". È un'Italia che vuole iniziare un nuovo periodo
di storia. Il contrasto è quindi plastico, drammatico,
fra l'Italia di ieri e la nostra Italia. L'urto appare inevitabile.
Si tratta ora di elaborare le nostre forze, i nostri valori, di
preparare le nostre energie, di coordinare i nostri sforzi perché
l'urto sia vittorioso per noi. E del resto su di ciò non
può esservi dubbio. Ormai lo Stato liberale è una
maschera dietro la quale non c'è nessuna faccia. È
una impalcatura; ma dietro non c'è nessun edificio. Ci
sono delle forze; ma dietro di esse non c'è più
lo spirito. Tutti quelli che dovrebbero essere a sostegno di questo
Stato, sentono che esso sta toccando gli estremi limiti della
vergogna, della impotenza e del ridicolo. D'altra parte, come
dissi ad Udine, noi non vogliamo mettere tutto in giuoco, perché
non ci presentiamo come i redentori del genere umano, né
promettiamo niente di speciale agli Italiani. Anzi, può
essere che noi imporremo una più dura disciplina agli Italiani
e dei sacrifici. Ma faremo una politica di severità e reazione.
Questi termini non ci fanno paura. Se si dirà dagli organi
rappresentativi della democrazia che noi siamo reazionari, non
ci adonteremo affatto. Perché quel che ci divide dalla
democrazia è la mentalità, è lo spirito.
La storia non è un itinerario obbligato: la storia è
tutta contrasti, è tutta vicende; non ci sono secoli di
tutta luce e secoli di tutte tenebre. Non si può trasportare
il fascismo fuori d'Italia, come non si è potuto trasportare
il bolscevismo fuori dalla Russia. Dividiamo gli italiani in tre
categorie: gli italiani "indifferenti", che rimarranno
nelle loro case ad attendere; i "simpatizzanti", che
potranno circolare; e finalmente gli italiani "nemici",
e questi non circoleranno. Non prometteremo nulla di speciale.
Non assumeremo atteggiamenti di missionari che portano la verità
rivelata. Non credo che i nemici ci opporranno ostacoli serii.
Il sovversivismo è a terra. Voi vedete il congresso di
Roma. Quale cosa pietosa è stata! Quando il leader di un
congresso diventa un Buffoni qualunque, come quell'avvocato di
Busto o di altro paese che sia, voi capite che siamo già
all'ultimo scalino della scala. C'era un socialismo. Oggi ce ne
sono quattro, con tendenza ad aumentare. E quel che conta, ognuno
di costoro intende di essere il rappresentante dell'autentico
socialismo. Il proletariato non può sbandarsi. È
sfiduciato, schifato dei contegno dei socialisti. Ho già
detto, del resto, che il socialismo non è soltanto tramontato
nella filosofia e nella dottrina. Ci vogliono gli Italiani ed
in genere gli occidentali a bucare con gli spilli della loro logica
le grottesche vesciche dei socialismo internazionale. Forse, vista
la cosa sotto l'aspetto storico, è una lotta fra l'Oriente
e l'Occidente: fra l'Oriente fumoso, caotico, rassegnato, e noi,
popolo occidentale, che non ci lasciamo trasportare eccessivamente
dai voli della metafisica e che siamo assetati di concrete, dure
realtà. Gli Italiani non possono essere a lungo mistificati
da dottrine asiatiche, assurde e criminose nella loro applicazione
pratica e concreta. Questo è il senso del Fascismo italiano,
il quale rappresenta una reazione all'andazzo democratico per
cui tutto doveva essere grigio, mediocre, uniforme, livellatore;
in cui si faceva di tutto per attenuare, nascondere, rendere fugace
e transitoria l'autorità dello Stato. La democrazia credeva
di rendersi preziosa presso le masse popolari e non comprendeva
che le masse popolari disprezzano coloro che non hanno il coraggio
di essere quello che devono essere. Tutto questo la democrazia
non ha capito. La democrazia ha tolto lo "stile" alla
vita del popolo: cioè una linea di condotta, cioè
il colore, la forza, il pittoresco, l'inaspettato, il mistico;
insomma, tutto quello che conta nell'animo delle moltitudini.
Noi suoniamo la lira su tutte le corde: da quella della violenza
a quella della religione, da quella dell'arte a quella della politica.
Siamo politici e siamo guerrieri. Facciamo del sindacalismo e
facciamo anche delle battaglie nelle piazze e nelle strade. Questo
è il Fascismo, così come fu concepito e come fu
attuato e come è attuato, soprattutto, a Milano. Bisogna,
o amici, mantenere questo privilegio. Tenere sempre il Fascismo
magnifico in questa linea meravigliosa di forza e di saggezza.
Non abbandonarsi alla imitazione; poiché quello che è
possibile in una data plaga agricola, in un dato momento, in un
dato ambiente, non è possibile a Milano. Qui la situazione
è stata capovolta più per la maturazione spontanea
di eventi che per violenza di uomini o di cose. Qui il nostro
dominio si afferma sempre più solido, sicuro, effettivo.
Ed allora, o amici, noi dobbiamo prepararci con animo puro, forte,
sgombro di preoccupazioni ai compiti che ci aspettano. Domani
è assai probabile, è quasi certo, tutta la impalcatura
formidabile di uno Stato moderno sarà sulle nostre spalle.
Non sarà soltanto sulle spalle di pochi uomini: sarà
sulle spalle di tutto il Fascismo italiano. E milioni di occhi,
spesso malevoli, e milioni di uomini anche oltre le frontiere,
ci guarderanno. E vorranno vedere come funzionano le nostre gerarchie;
vorranno vedere come si amministrerà la giustizia dello
Stato fascista, come si tutelano i galantuomini, come si fa la
politica estera, come si risolvono i problemi della scuola, della
espansione, dell'esercito. Ed ognuno che sia colto in fallo riverberà
il suo fallo e la vergogna su tutta la gerarchia dello Stato e,
necessariamente, del Fascismo. Avete voi, o amici, la sensazione
esatta di questo compito formidabile che ci attende? Siete voi
preparati spiritualmente a questo trapasso? Credete voi che basti
soltanto l'entusiasmo? Non basta! È necessario, però,
perché l'entusiasmo è una forza primitiva e fondamentale
dello spirito umano. Non si può compiere nulla di grande
se non si è in istato di amorosa passione, in istato di
misticismo religioso. Ma non basta. Accanto al sentimento ci sono
le forze raziocinanti del cervello. Io credo che il Fascismo,
nella crisi generale di tutte le forze della Nazione, abbia i
requisiti necessari per imporsi e per governare. Non secondo la
demagogia, ma secondo la giustizia. Ed allora, governando bene
la Nazione, indirizzandola verso i suoi destini gloriosi, conciliando
gli interessi delle classi senza esasperare gli odii degli uni
e gli egoismi degli altri, proiettando gli Italiani come una forza
unica verso i compiti mondiali, facendo del Mediterraneo il lago
nostro, alleandoci, cioè, con quelli che nel Mediterraneo
vivono, ed espellendo coloro che del Mediterraneo sono parassiti;
compiendo questa opera dura. paziente, di linee ciclopiche, noi
inaugureremo veramente un periodo grandioso della storia italiana.
Così ricorderemo i nostri Morti; così onoreremo
i nostri Morti; così li iscriveremo nel libro d'oro dell'Aristocrazia
fascista. Indicheremo i Loro nomi alle nuove generazioni, ai bambini
che vengono su e rappresentano la primavera eterna della vita
che si rinnova. Diremo: "Grande fu lo sforzo, duro il sacrificio
e purissimo il sangue che fu versato: e non fu versato per salvaguardare
interessi di individui o di caste o di classe: non fu versato
in nome della materia; ma fu versato in nome di una idea: in nome
dello spirito, in nome di quanto di più nobile, di più
bello, di più generoso, di più folgorante può
contenere un'anima umana. Vi domandiamo di ricordare ogni giorno
con l'esempio i nostri Morti: di essere degni dei Loro sacrificio:
di compiere quotidianamente il vostro esame di coscienza".
Amici, io ho fiducia in voi! Voi avete fiducia in me! In questo
mutuo leale patto è la garanzia, è la certezza della
nostra vittoria! Viva l'Italia! Viva il Fascismo! Onore e gloria
ai nostri Martiri!
|