Discorso
pronunciato al Senato del Regno l'11 marzo 1926 sulla finzione
storica del sindacalismo (fascista)
Come è nato questo sindacalismo? dov'è nato? quando
è nato? Atto di nascita: 1921. Luogo: la Valle Padana.
Modo: la conquista e la distruzione dei fortilizi sovversivi.
Questa conquista e questa distruzione, necessarie, hanno costato
molto giovane sangue fascista. Il primo sindacalismo fu dunque
un sindacalismo prettamente rurale, fu la rivoluzione dei taglieggiati,
la rivolta dei piccoli proprietari, dei fittavoli, dei mezzadri.
In un secondo tempo c'è stata anche l'adesione del bracciantato.
Si poneva il problema: che cosa doveva essere questo sindacalismo?
Doveva limitarsi ad essere un sindacalismo rurale? No, i dirigenti
del Fascismo si preoccuparono di prendere posizione nei servizi
pubblici ed allora sorse l'associazione nazionale dei ferrovieri
fascisti, che ha purificato l'ambiente ferroviario. Sorsero
le analoghe organizzazioni tra i postelegrafonici, che hanno
reso un ricordo tutte le agitazioni di altri tempi: ma non bastarono.
Bisognava andare anche verso le masse urbane, verso il proletariato
industriale. Quindi il sindacalismo fascista allargava il suo
raggio d'azione. Oggi esso raccoglie non meno di due milioni
di individui fra rurali ed industriali. È una forza imponente.
È una massa grande che il Fascismo ed il Governo controllano
in pieno, una massa che obbedisce. È di ieri lo scioglimento
di una lega, di un sindacato fascista, che aveva proclamato
uno sciopero intempestivo. Perché? Perché il sindacalismo
fascista è prima di tutto educativo. Vuole una minoranza
operaia cosciente, consapevole delle necessità della
disciplina nazionale. L'onorevole Loria dirà: Minoranza?
Ma sempre nel movimento operaio si è trattato di minoranza.
Io che ho una vasta esperienza che mi ha giovato moltissimo,
che mi ha reso possibile di conoscere la psicologia delle masse,
e di avere quasi una sensibilità tattile e visiva di
quello che le masse vogliono, pensano in un determinato momento,
posso dire all'onorevole Loria che sempre si è trattato
di minoranze; che le famose masse evolute e coscienti, che poi
non erano né evolute né coscienti, erano guidate
da minoranze esigue, che si moltiplicavano per un processo di
inflazione nel momento in cui si inscenava una agitazione; e
ad agitazione ultimata, a sciopero vittorioso o a sciopero sconfitto,
si dileguavano. E così accadeva che i quarantamila metallurgici
di Milano diventavano quattromila regolarmente iscritti al Sindacato,
dei quali solo 600 in regola con le tessere. Sindacalismo educativo.
La guerra ha dato agli italiani, a tutti gli italiani, la nozione
della Nazione. Non è vero, come ha affermato l'onorevole
Loria, che il proletariato sia internazionale. Basta aprire
i giornali per assistere a questo fenomeno. Mala dottrina e
la tattica di Gompers, in America, non erano l'espressione più
egoistica di uno sciovinismo proletario portato a manifestazioni
di esclusivismo intransigente di fronte a tutti i popoli e a
tutte le razze? E non si assiste continuamente al fenomeno di
lotta di operai di Francia e di altri paesi contro la mano d'opera
italiana? E ciò, anche se la mano d'opera italiana oggi
non si presta a compiere quella che nei bei tempi si chiamava
azione di crumiraggio? La verità è questa: che
sono le classi più alte della società le prime
ad infrancesarsi, inglesizzarsi, ed americanizzarsi, a prendere
i costumi degli altri popoli, spesso la psicologia, molto spesso
i difetti. Le classi umili, quelle che sono radicate alla terra,
quelle che sono ancora sufficientemente barbare per non apprezzare
tutti i vantaggi del cosiddetto "comfort" moderno,
sono quelle che restano attaccate disperatamente alla loro Patria
di origine. Altro punto del sindacalismo fascista: il riconoscimento
della funzione storica del capitale e del capitalismo. Qui siamo
nettamente antisocialisti. Secondo la dottrina socialista il
capitale è il mostro, il capitalista è l'aguzzino,
il vampiro. Secondo la nostra dottrina, tutto ciò è
della cattiva letteratura; poi che il capitalismo, con le sue
virtù e con i suoi difetti, ha dinanzi a sé alcuni
secoli di esistenza; tanto è vero che là dove
lo si era abolito, anche fisicamente, là ritorna. Falsa
era la concezione del socialismo che impersonava il capitalismo
in determinati individui e si dava ad intendere che questi individui
godevano di sfruttare il povero proletariato. Tutto ciò
è ridicolo. I capitalisti moderni sono dei capitani di
industria, dei grandissimi organizzatori, uomini che hanno e
devono avere altissimo senso di responsabilità e civile
ed economica, uomini dai quali dipendono il destino e il salario
e il benessere di migliaia e decine di migliaia di operai. Che
cosa possono chiedere questi uomini? Il successo della Nazione.
I godimenti individuali ? Ma c'è una legge ed è
questa che è possibile di accumulare delle ricchezze
all'infinito, ma la possibilità di goderle è limitata.
Una delle cose più burlesche della letteratura socialista
era quella di far credere che la felicità degli uomini
dipendesse esclusivamente dal soddisfacimento più o meno
completo dei loro bisogni materiali; e questo è assurdo.
Il capitalismo ha una funzione che il sindacalismo fascista
riconosce in pieno. Così pure il sindacalismo fascista
si rende conto che il tutto è legato ai destini della
Nazione; che se la Nazione è potente, anche l'ultimo
degli operai può tenere alta la fronte; se la Nazione
è impotente e disorganizzata, se la Nazione è
abitata da un piccolo popolo, disordinato, tutti ne risentono
le conseguenze e tutti devono assumere un'aria di umiliazione
e di rassegnazione, come è stato per venti e più
anni in Italia. Collaborazione di classe: altro punto fondamentale
del sindacalismo fascista. Capitale e lavoro non sono due termini
in antagonismo, sono due termini che si completano; l'uno non
può fare a meno dell'altro, e quindi devono intendersi,
ed è possibile che s'intendano. Lo dico, perché
ho l'esperienza di tre anni di governo. Tutte le crisi di ordine
sindacale, che si sono avute in questi anni, hanno avuto la
loro soluzione quasi sempre a Palazzo Chigi, attraverso la conciliazione
degli interessi. Certo è che lo Stato si assume dei grandi
compiti; ma nel discorso della Scala io ho dichiarato che nella
mia concezione, nella concezione del Fascismo, tutto è
nello Stato, nulla fuori dello Stato, e soprattutto, nulla contro
lo Stato. Oggi noi veniamo a controllare tutte le forze dell'industria,
tutte le forze della banca, tutte le forze del lavoro. Il compito
è arduo, ma l'esperienza ci conforta e dà a noi
stessi la fiducia che l'esperimento riuscirà. Perché
il clima storico è cambiato. Riuscirà perché
le masse vanno educandosi, perché noi le educheremo,
migliorandole qualitativamente, selezionando i quadri, respingendo
gli indegni, espellendo i poltroni. Tutto ciò non può
essere fatto in un giorno, ma l'importante è che ciò
esista e sia applicato. Vi è un'altra ragione che vi
spiega questa legge. Meditando su quello che accade nelle società
contemporanee, io mi sono convinto che si potrebbe forse stabilire
questa legge: che la vita moderna ha abolito ogni margine. Non
c'è più margine per gli individui e non c'è
più margine nemmeno per i popoli. Nessuno, né
individuo né popolo, può permettersi il lusso
di fare quello che faceva venti anni fa. La lotta per la vita
è diventata e sta diventando sempre più ardua.
Le società nazionali che un secolo fa erano scarse di
numero, oggi sono imponenti di popolazione. La popolazione dell'Europa
è aumentata di alcune diecine di milioni. Oggi non vi
è individuo che possa permettersi il lusso di commettere
delle sciocchezze e non vi è popolo che possa darsi alla
pazza gioia degli scioperi ripetuti e permanenti. Un'ora sola,
dico un'ora sola di lavoro perduto in una officina, è
già una grave iattura di ordine nazionale. Se ritornate
col pensiero a quello che si faceva quando si perdevano dei
mesi intieri, quando uno dei più grandi stabilimenti
dell'Italia contemporanea, stabilimento che è un vanto
dell'economia italiana, ha avuto uno sciopero di 40 giorni semplicemente
perché si era spostata la lancetta dell'orologio, voi
vi renderete conto che usciamo veramente dal pelago disgraziato
per andare verso la riva della saggezza. Onorevoli Senatori,
rinunzio ad altre considerazioni e vi prego, nella vostra alta
coscienza, nel vostro squisito senso di responsabilità,
di dare il vostro suffragio favorevole a questo disegno di legge.
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