Discorso
pronunciato il 20 marzo 1933 al Senato del Regno. La commemorazione
del Duca degli Abruzzi
Signori Senatori, Con alta e commossa parola il Presidente illustre
della vostra assemblea ha testé mirabilmente rievocato
dinanzi a voi la vita e le opere del Duca degli Abruzzi. La sua
figura di navigatore, di esploratore, di pioniere, di scienziato,
è passata dinanzi al vostro spirito ed insieme una serie
di vicende gloriose, che già riempirono le cronache del
mondo e oggi sono consegnate per sempre alla Storia. Precursore
ed incarnazione compiutissimi Egli fu dell'Italiano nuovo, per
il quale il titolo, il nome, il passato, la tradizione hanno valore
solo in quante siano stimolo al compimento di più gravi
doveri ed alla rivelazione di più forti virtù. Dalle
solitudini sconfinate e deserte dei Polo alle cime inaccessibili
delle montagne; dalle immensità tempestose degli Oceani
alle inospitali lande africane; dovunque il Duca degli Abruzzi
espresse nello sforzo teso ad una conquista il suo animo di combattente,
che durante le lunghe navigazioni per tutti i mari aveva appreso,
sin dall'adolescenza sognatrice, l'arte del freddo ardimento e
il metodo della tenace pazienza. Non solo l'obiettivo e il risultato
felice delle imprese, ma il "modo" sollevava i più
grandi entusiasmi fra il popolo italiano e fra tutti i popoli
civili. Egli meritava il titolo di "Eroe" nel significato
più vasto e profondo del termine. Spregiatore degli agi,
del riposo, delle futili, se anche talvolta inevitabili, cosiddette
mondanità, Egli amava il rischio con le sue incognite,
il pericolo con le sue seduzioni, la solitudine coi suoi silenzi,
che pongono finalmente l'uomo a contatto con l'essenziale e l'Eterno.
Egli fece della sua vita una ininterrotta severa milizia e nelle
opere di pace ed in quelle di guerra preferì, al molle,
il clima duro. Taciturno, come coloro che molto videro e molto
compresero, schivo di clamori e di onori, come i privilegiati
che non sanno sostare nemmeno per raccogliere l'alloro della gloria,
poiché una segreta, indomita volontà Il sospinge
ad andare più oltre. Anche morendo, Egli ha rivelato la
sua anima, chiedendo di rimanere nella terra Somala da lui, con
sacrificio incessante, con quotidiano, umile lavoro, chiamata
alla fertilità. I gagliardetti abbrunati delle Camicie
nere si inchinano oggi, con atto di riverenza e di amore, sulla
salma del Principe sabaudo. Egli si avvia tra le grandi ombre,
salutato dal nostro appello, che echeggia potente dai lidi della
Madre Patria a quelli dell'Oceano Indiano. Il Duca degli Abruzzi
è presente fra noi e presente rimarrà nel memore,
fedele cuore del Popolo.
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