FORZE ARMATE

Singolarmente costruttiva è stata l'azione del Fascismo nel campo della efficienza bellica nazionale.
Creata dal nulla l'Aviazione e rinnovata la Marina militare, cosi che ali e navi d'Italia fendono oggi, superbamente, tutti i cieli e tutti i mari. Restaurato l'Esercito in modo che la sua potenza appare garanzia sempre più sicura di prestigio e di pace. Che la Rivoluzione non dovesse porsi in contrasto con le Forze Armate e non dovesse, soprattutto, sovvertire la disciplina del più numeroso e delicato istituto militare, l'Esercito, era ben naturale. Facili tuttavia potevano essere gli equivoci, facili le interessate distorsioni di parole e di concetti. Ma ogni collusione fu evitata per merito della esperta sensibilità politica e del grande amore patrio, che guidarono, fin dal primo istante, ogni atto del Duce. Collocati alla testa delle amministrazioni della Guerra e della Marina i maggiori artefici della Vittoria Diaz e Thaon di Revel le Forze Armate dello Stato entravano costituzionalmente nella corrente sicura della Rivoluzione. L'Esercito era in crisi: lo tenevano in perpetuo turbamento la paralisi degli ordinamenti e, più ancora, la paralisi del principio di autorità. Per quattro anni, nove ministri avevano tentato invano diverse e contradittorie esperienze. Ma nell'ottobre del 1922 l'Esercito non aveva ancora trovato l'assetto soddisfacente per quel minimo di esigenze, che poteva avere un Paese, intorno alle cui frontiere i flutti, dopo la gran tempesta, non s'erano ancora placati. Vi provvide, senza indugi, il Governo fascista, nel gennaio 1925, con l'ordinamento Diaz: il quale non era, naturalmente, perfetto, ma rappresentava l'inizio dell'ordine e della stabilità e creava, finalmente, la base concreta della riorganizzazione definitiva. Su quella base i tecnici potevano meglio riprendere e proseguire i loro studi, per gli ulteriori perfezionamenti. Gli studi dei tecnici portano sovente a contrasti, difficili da superare e risolvere senza l'intervento tempestivo ed energico di una volontà superiore. L'intervento si verificò il 2 aprile del 1925, quando succeduto al Duca della Vittoria il generale Di Giorgio Mussolini pronunciò al Senato il discorso, nel quale furono poste le basi della coordinazione armonica delle tre Forze Armate. Esercito, Marina, Aeronautica e dei tre elementi fondamentali di ciascuna di esse quadri, truppe, macchine. Quella data segna l'inizio dell'azione diretta dal Duce, intesa a dare alle istituzioni militari l'impronta unitaria fascista ed ad infondervi una volontà decisa di rinnovamento. Fino a quel momento l'opera del Fascismo si era limitata ed era pur sempre compito grandioso a riparare agli effetti deleteri della crisi morale e materiale, in cui le Forze Armate trovavano all'inizio della Rivoluzione. Generalizzato ormai il senso della stabilità, restaurato il principio dell'autorità e della di-sciplina, suscitata nuova fede nell'avvenire della Patria e ripreso da tutti e in tutti i campi il lavoro, con fervida passione, era giunto il tempo di costruire. Nello stesso aprile 1925 Mussolini assumeva dunque la direzione di tutti i dicasteri militari e dava inizio immediato alla fase di rapida e concreta realizzazione. A due mesi di distanza dalla enunciazione dei criteri di stretta coordinazione tra le Forze Armate, tre problemi fondamentali venivano risolti: 1°) organizzazione dell'alto comando, con la istituzione del Capo di S. M. Generale, con funzioni di coordinamento per la Marina e l'Aeronautica, e compiti nettamente distinti da quelli del Capo di S. M. dell'Esercito; 2°) istituzione della Commissione Suprema di difesa; 3°) preparazione della Nazione per la guerra. A meno di un anno di distanza, il marzo 1926, diventava legge dello Stato il nuovo ordinamento dell'Esercito, che, integrato ad altre provvidenze legislative, assumeva forma di vero Statuto militare. Fu lo statuto militare dell'anno IV, che diede stabilità definitiva alle istituzioni pur consentendo elasticità razionale per ogni perfezionamento che l'esperienza facesse apparire utile o necessario. Ed è per questa elasticità intrinseca che l'ordinamento del 1926 rimane tuttora la solida struttura fondamentale dell'Esercito. Valorizzare la Vittoria: questo era stato uno dei primi postulati della Rivoluzione. Non potevano dunque essere trascurati i suoi artefici maggiori. Ed ecco, infatti, il 4 novembre 1924, creati Marescialli d'Italia, per segno di onore e attestato di riconoscenza, Diaz e Cadorna: poi, nel giugno del 1926, decretato lo stesso altissimo grado agli altri generali d'esercito, fra i quali il comandante, amatissimo, della III Armata. Né venivano trascurati i mutilati, gli ex combattenti, e la numerosa falange degli ufficiali di complemento, inquadrati in una forte associazione, destinata ad inserirsi degnamente tra le forze vive del Partito. Nel campo dell'addestramento e della preparazione tecnica l'impulso del Duce veniva intanto tradotto in direttive chiare e moderne, da cui trae va origine una concreta e completa regolamentazione tattica, che ebbe il merito di porre basi uniformi e precise alla dottrina. Nello stesso tempo la Milizia, pur continuando ad attendere ai suoi compiti di custode e vindice della Rivoluzione, si inquadrava nel complesso delle Forze Armate, dando all'Esercito l'apporto dei suoi battaglioni di Camicie nere, destinati a introdurre tra le file grigioverdi l'orgoglio di una nuova tradizione di sacrifici e di ardimenti affrontati con letizia nel nome di una idea nuova di gloria e di potenza. Stabiliti cosi i capisaldi della ricostruzione militare, il lavoro urgente della preparazione bellica del Paese poteva essere portato innanzi alacremente. E metodicamente esso continuò infatti, senza soste od incertezze, anche quando il Duce, dopo cinque anni di personale fatica, dal 1925 al 1929, lasciava ad altri la cura di sviluppare il programma tracciato. Ma i provvedimenti del Fascismo non sono tutti e soltanto quelle leggi che specificamente riguardano i grandi istituti militari. L'istruzione premilitare, l'organizzazione della gioventù, l'educazione delle nuove generazioni, non meno che le più varie provvidenze sociali ed economiche, tutto questo complesso di attività e di realizzazioni originali, coordinate al fine del potenziamento integrale dell'Italia, tutto ha contribuito a dar nuova sostanza alla organizzazione militare della Nazione. Né l'opera rinnovatrice si è attenuata col tempo. Un più vibrante impulso tuttavia le è venuto con il ritorno del Duce a capo dei dica-steri delle Forze Armate, nel luglio del 1933. Nuovi provvedimenti sono stati subito adottati per aumentare il prestigio dell'alta gerarchia, migliorare l'efficenza dei quadri, riconsacrare il primato della Fanteria, espressione perenne del popolo in armi, accrescere la potenza quantitativa del materiale. Ispirandosi a concetti di modernità, l'uniforme dell'Esercito è stata riformata secondo criteri di praticità igienica e sportiva. Ed anche questo rimarrà come un segno caratteristico dell'anno XII. Affrontata e risolta, con legge equa e lungimirante, la spinosa questione del ristagno dei quadri, in modo da dare all'Esercito una gerarchia più snella e accuratamente scelta, non si è tardato a porre mano ad altre importanti riforme e realizzazioni. E, mentre da un lato nuove direttive e nuovi ordinamenti venivano introdotti nella organizzazione delle scuole militari per meglio adeguarle, con spirito pratico, al compito di formare non soltanto degli ufficiali, ma dei comandanti, venivano, contemporaneamente, introdotte notevoli modificazioni nella costituzione organica delle grandi unità per renderle più idonee all'impiego nella guerra di movimento. In base alla esperienza compiuta le Camicie nere, già assegnate alle divisioni di fanteria, venivano riunite, nel corso dell'anno XII, in raggruppamenti a disposizione dei comandi di corpo d'armata. Ma soprattutto veniva data all'Esercito una anima nuova: l'anima della rivoluzione fascista, ansiosa della perfezione materiale della sua efficienza in armi e ordigni di guerra nuovissimi e potenti e sollecita del suo morale. Perché nella guerra tanto più contano i valori spirituali quanto più perfetti e complicati diventano gli strumenti meccanici. Ad inserire sempre più intimamente nella organizzazione totalitaria dello Stato, le Forze Armate, è venuta finalmente, nell'ottobre del 1954, la legge sulla istituzione premilitare e postmilitare e sull'insegnamento militare nelle scuole; legge che è stata giustamente definita lo statuto militare della nazione. Per essa l'Italia è divenuta quale l'ha sostanzialmente voluta il Duce, militare e guerriera. Da essa il Paese trarrà notevoli vantaggi morali, politici e finanziari, mentre ne risulterà rafforzata la compagine di tutte le Forze Armate. L'educazione militare della gioventù permet-terà di ridurre sensibilmente gli oneri personali di servizio alle armi dei cittadini. Il corporativismo in atto permetterà di alleggerire e semplificare numerosi organi amministrativi e logistici. Dodici anni di lavoro tenace, vasto e profondo. Abbiamo parlato soprattutto dell'Esercito perché esso è quello che meglio può dare la mi-sura di ciò che è stato compiuto e che meno è, giornalmente, apprezzabile dal pubblico. Il progresso dell'aviazione militare è stato riassunto nella epica doppia trasvolata dell'anno XI e, nell'anno XII è stato caratterizzato dalla conquista di meravigliosi primati di velocità pura, di altezza e di distanza di percorsi senza scalo. Quello della Marina è reso manifesto da quelle crociere oceaniche, di navi leggere e per-sino sottomarini, con le quali si impongono alla ammirazione mondiale le qualità del materiale, ma, soprattutto, l'animo e il valore del marinaio fascista. L'impostazione di due grandi navi da battaglia, battezzate con i nomi gloriosi di "Vittorio Veneto" e "Littorio", costituisce d'altra parte il coronamento degno della sua rinnovata potenza. La preparazione dell'Esercito deve anche essere constatata nella breve serie delle esercitazioni annuali che segnano le tappe del cammino ascensionale. Questa serie trae particolare valore dal fatto che il Duce ha sempre partecipato alle maggiori esercitazioni militari, cosi che le date rimangono documento sicuro del suo costante interessamento e della sua infaticabile opera a favore del problema della difesa nazionale:

1923 - anno I manovre del Garda;
1925 -anno III manovre del Canavese;
1926 - anno IV manovre dell'Umbria,
con primo esperimento di impiego della Milizia;
1927- anno V manovre del Veneto;
1928 - anno VI manovre del Monferrato;
1930 - anno VIII manovre di Val Lamone;
1931 - anno IX manovre di Valtellina;
1932 - anno X grandi manovre in Umbria;
1933 - anno XI grandi manovre nelle Langhe;
1934 - anno XII gradi manovre nell'Appennino tosco-emiliano.

Di anno in anno queste esercitazioni hanno assunto o il valore di una rivelazione di una organizzazione sempre più, perfetta, di un addestramento sempre più completo, di un morale sempre più elevato. Quelle dell'anno XII sono state la conferma che il Fascismo non si arresta sulle posizioni raggiunte. Vi hanno assistito con attenta curiosità, numerose missioni straniere, le quali hanno dovuto constatare che un solo spirito pervade l'Esercito, la Marina e la Milizia ed è lo spirito della emulazione nell'amore della Patria, rigenerata dal Fascismo: ed una sola volontà domina in tutte le Forze Armate ed è la volontà di servire, con devozione sempre più grande e completa la Patria ed il Re, sull'esempio del Duce, loro capo ed animatore.

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