Il
24 aprile Orlando abbandonò la Conferenza di Versailles e partì
per l'ltalia; due giorni dopo lo seguiva anche Sonnino. Dal momento
in cui Orlando giunse in territorio italiano, sino a Roma, egli venne
salutato da dimostrazioni popolari in tutto il Paese il popolo dimostrava
così la sua fiducia nei confronti del Governo, mentre spesso
si avevano atti ostili contro il presidente americano Wilson, la cui
popolarità in Italia era giunta al minimo. Si era creato in
tutto il paese un clima di fittizia solidarietà nazionaIe,
che ricordava quello già avutosi nell'anteguerra, quando gl'interventisti
avevano avuto il sopravvento ed avevano, tramite i movimenti di piazza,
spinto il Paese verso la guerra. Grandi manifestazioni con concorso
di popolo si susseguivano un po' ovunque, a sottolineare questa solidarietà
con le idee e il Governo italiano. Giornali e politici fecero a gara
a spendere la loro spesso vana oratoria contro la congiura alleata
ai danni dell'Italia. Si creava pian piano quella mentalità
da nazione sconfitta, che avrebbe poi seguito per anni la vita nazionale
italiana. Tutti fecero a gara a sostenere le rivendicazioni italiane,
e ad affermare l'assoluta volontà che Fiume fosse italiana,
dovesse anche costare una nuova guerra. A tanto erano giunti gli animi
esacerbati dalla delusione ed esagitati dalla propaganda della stampa
nazionalista e fascista Mussolini non perdette l'occasione per far
sfoggio della sua magniloquenza violenta e sovversiva e per rinfocolare
il malcontento che serpeggiava nella nazione intera il Popolo d'ltalia
pubblicò in proposito il seguente articolo di Mussolini: "Alla
vigilia e alla partenza dei nostri plenipotenziari da Parigi, la situazione
era questa: Wilson ci legava la Dalmazia, Fiume e metà dell'Istria.
Gli alleati inglesi e francesi ci ponevano un aut aut presso a poco
in questi termini: Patto di Londra senza Fiume, o Fiume con la rescissione
del Patto di Londra. Le rinuncie dalmatiche dei nostri plenipotenziari
furono grandissime, ma ciò maIgrado non fu possibile l'accordo
nemmeno tra Italia, Francia e Inghilterra... Questa la situazione...
La seduta storica non l'ha modificata affatto... Come e perchè
avviene che la Francia e l'Inghilterra non abbiano invitato l'Italia
a riprendere il suo posto alla conferenza di Parigi? Come e perchè
avviene che Francia, Inghilterra e Stati Uniti, abbiano già
preso contatto coi plenipotenziari tedeschi - sia pure per un contatto
preliminare e protocollare - senza curarsi in alcun modo dell'assenza
dell'Italia? Tutto ciò significa che Francia e Inghilterra
non si sono mosse dalle posizioni diplomatiche fissate alla vigilia
della partenza di Orlando e Sonnino. Se Francia e Inghilterra premendo
su Wilson, il quale si rimangia allegramente i suoi 14 punti salvo
quand'è in gioco il diritto dell'Italia, o anche al di sopra
e contro Wilson, fossero entrate nell'ordine d'idee di dare all'Italia
Fiume più il Patto di Londra a quest'ora i delegati sarebbero
tornati a Parigi e l'incidente sarebbe liquidato. Evidentemente, tanto
la Francia come l'Inghilterra, si attengono ancora alla soluzione
che potremmo chiamare "minimalista " dei nostri problemi
adriatici, soluzione che se dobbiamo aver avuto ragione di respingere
prima, più forte ragione dobbiamo respingere oggi, dopo lo
spettacolo dell'unanimità nazionale. Insomma: se gli alleati
non ci danno Fiume più il Patto di Londra, l'Italia non può
tornare a Parigi... E se non tornando l'Italia a Parigi gli alleati
procedono come sembra - per loro conto, attuando un vecchio progetto
che è quello di fare la pace in due tempi, prima con la Germania,
e poi con l'Austria-Ungheria l'Italia è in diritto di diffidare
gli alleati... perchè procedono a una pace separata, è
da ritenere "nuIla " la pace stessa e di effettuare l'annessione
delle terre che sono nostre. Noi cominciamo a credere che se l'ltalia
avesse decretato l'annessione, a quest'ora sarebbe precipitosamente
giunto a Roma l' invito a tornare a Parigi. Crediamo ancora che l'idea
dell'annessione non è più respinta "in assoluto"
dal Governo." Ciò che maggiormente ci interessa in questo
momento è notare come Orlando, senza averne consapevolezza,
inaugurasse durante il suo viaggio di ritorno in Italia, una nuova
prassi, che poi il fascismo riprenderà e farà sua, cioè
il colloquio tra popolo e leader politico. Orlando infatti chiedeva
alle masse, venute ad accoglierlo, se approvavano il suo operato e
le rivendicazioni italiane; ed il popolo in coro rispondeva di approvare.
Seguivano quindi scene di commozione e di isterismo collettivo; tutto
ciò verrà ripetuto in modo perfezionato nel corso del
ventennio fascista. Il fascismo, conquistato il Potere, cercherà
di avallare con queste manifestazioni popolari il suo operato, dando
ad esse valore di plebiscito popolare. Il clima nazionale divenne
pian piano sempre più isterico; sobillato da comizi nazionalisti
e fascisti, un po' in tutta Italia, il popolo italiano sembrò
pronto a tutto pur di ottenere la concessione di quanto veniva chiesto
dal suo legittimo Governo. A Milano si ebbe un grande comizio fascista
al Teatro Dal Verme; a Roma si svolse un Corteo popolare, capeggiato
dal sindaco principe Colonna al Campidoglio; ed altri infiniti discorsi
furono tenuti da Sem Benelli, D'Annunzio, e da esponenti nazionalisti
e fascisti un po' ovunque." II 26 aprile il Consiglio nazionale
di Fiume - di cui Wilson contestava la regolarità democratica
e il valore rappresentativo aveva fatto giuramento di far rispettare
"fino all'estremo" la sua volontà di unione d'Italia,
e deliberato di rimettere i poteri statali al generale Grazioli, capo
del corpo interalleato di occupazione, perchè l'assumesse in
nome dell'ltalia. Il generale non li accettò, ma riferì
il voto fiumana a Roma. Erano manifestazioni e atti ricordanti le
annessioni dell'ltalia centrale nel 1859-60; ma questa volta, al posto
del benevolo Napoleone III, c'erano le tre maggiori Potenze vincitrici,
regolanti le sorti europee." Il 29 aprile si riunì la
Camera; Orlando in tono molto moderato espose i termini della diisputa
parigina e le controproposte avanzate dagli alleati; tutto il Parlamento
votò a favore del Governo, anche se non era affatto chiaro
quale dovesse essere il comportamento futuro del governo italiano
per risolvere la controversia. Unica voce di dissenso nel Parlamento
fu quella socialista. Questi, soprattutto per bocca di Turati, chiesero
al governo una maggiore responsabilità negli atti che compiva.
Disse testualmente Turati: " A che pro, questa enorme montatura
dell'opinione e del paese?.. O voi non siete certi del risultato,
e allora la montatura, che avete provocato, vi fa prigionieri di sè,
vi taglia ogni via di ritorno, che non sia di umiliazione profonda...
Potevate dirci: "AI vostro buon volere fallì la fortuna.
Siamo vincolati da troppi precedenti. Non possiamo con dignità
ritornare a Parigi. Lasciamo il posto a chi avrà le mani più
libere e potrà ripigliare con miglior fortuna le trattative,
per noi rotte o interrotte"... Un profondo rispetto avrebbe accolto
le parole e il gesto. Ma voi vi fate piedistallo del vostro insuccesso.
Voi legate ad esso la vita del paese: voi provocate la solidarietà
del Paese con voi, sino alle estreme conseguenze, fino ... alla guerra."
Frattanto a Parigi gli alleati procedevano alla sistemazione di tutte
le questioni pendenti anche in assenza dell'Italia. Il calcolo la
previsione, secondo il quale, gli alleati si sarebbero affrettati
a richiamare gli italiani a Parigi per proseguire le trattative per
la pace, si rivelarono errati. Gli italiani comunque non si erano
allontanati dalla Conferenza rompendo le relazioni con i loro alleati,
bensì avevano chiesto di assentarsi al fine di riprendere contatto
col popolo e rendersi conto sino a qual punto esso condivideva le
loro opinioni e le loro richieste. Sarebbe quindi stato semplice per
Orlando e Sonnino, verificata la rispondenza d'idee, rientrare a Parigi,
riprendendo il posto che ci spettava al tavolo della pace. Invece
adesso ci s'intestardì a restare a Roma, attendendo una chiamata,
che non giunse mai. In assenza dell'Italia gli alleati presero una
serie di decisioni, che talvolta ledevano i nostri interessi. Gli
alleati erano per altro molto imbarazzati dal Patto di Londra: inglesi
e francesi temevano che l'Italia tornasse in qualsivoglia momento
alla Conferenza, chiedendo la pura e semplice esecuzione del Patto.
Questa legittima richiesta avrebbe messo in gravissime difficoltà
Francia ed Inghilterra, che avevano sottoscritto il Patto. Wilson
invece istigava Francia ed Inghilterra a negare qualsivoglia validità
al Patto di Londra, che ledeva gli interessi del loro nuovo alleato,
e che non era stato accettato dagli Stati Uniti. Venne a questo punto
a configurarsi l'idea degli alleati, che, essendo l'Italia volontariamente
assente dalla Conferenza di pace, veniva a decadere il Patto di Londra
per inadempienza da parte italiana ed in tal senso si andò
preparando una dichiarazione di decadenza del Patto stesso. Lloyd
George e Clemenceau verbalmente fecero delle anticipazioni in tal
senso ai nostri ambasciatori Imperiali e Bonin Longare; questi si
affrettarono ad avvertire il Governo italiano di quanto si stava tramando
ai suoi danni. Queste ultime comunicazioni del nostro corpo diplomatico
dovettero finalmente far comprendere ad Orlando e Sonnino che vana
era la loro illusione di essere chiamati a Parigi a riprendere il
loro posto alla Conferenza per la pace, e che le conseguenze per l'Italia
sarebbero state gravissime, comportando la decadenza del Patto di
Londra. A questo punto il Governo si ricordò il motivo per
il quale esso era tornato in Italia: cioè per verificare se
il popolo appoggiava o meno le richieste dei suoi legittimi rappresentanti.
Sicchè il 4 maggio venne mandato un telegramma ai nostri diplomatici,
informandoli dell'imminente ritorno della nostra delegazione a Parigi.
Frattanto il clima di tensione in Italia non tendeva a calmarsi, e
l'ltalia acquisiva sempre più la psicologia della nazione sconfitta.
Lo stesso 4 maggio si era svolta una grande manifestazione a Roma
con l'intervento di D'Annunzio, ed in quella circostanza il Poeta
aveva declamato l'assoluta necessità per l'Italia di non tornare
a Parigi se non invitati, ciò per non perdere l'onore. Ventiquattrore
più tardi il nostro Governo riprendeva il treno per riprendere
il posto abbandonato a Parigi. Non fu tuttavia innocua per la democrazia
italiana questa bagarre di sentimenti nazionalistici, agitati con
veemenza. Si andarono creando oscure trame, che infiltrandosi nell'esercito
avrebbero di lì a poco consentito l'impresa di Fiume e poi
la successiva marcia su Roma. Capi riconosciuti dei movimenti nazionalistici
erano D'Annunzio e Benelli; Mussolini restava ancora una personalità
di secondo piano, anche se non perdeva occasione per mettersi in mostra
per cercare di guadagnar spazio. Di Mussolini era il consiglio di
procedere alI'annessione di Fiume; egli fu profeta; la congiura militare
di lì a poco consentirà l'impresa di D'Annunzio. Molto
attivi alle numerose manifestazioni di piazza furono i vari fasci
di combattimento ed i nazionalisti: per cui si andava creando un vincolo
sempre più profondo tra fascisti e nazionalisti, questi ultimi
legati alle alte gerarchie dell'esercito, che ormai congiuravano ai
danni dello stato legalitario.
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La
partenza di Orlando da Parigi
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