11 MAGGIO - 11 GIUGNO 1920: L'ITALIA NEL CAOS
POLITICO E SOCIALE

Il secondo Governo Nitti era caduto per volontà soprattutto dei popolari. Quest'ultimi, privi di effettiva esperienza politica, ritenevano che il Governo si fosse dimostrato debole contro le intemperanze dei socialisti contro i cattolici-popolari. Abbiamo già riferito dei continui attacchi socialisti contro i popolari: ebbene questi assalti continuavano e si concludevano spesso con vittime.
Caduto quindi Nitti si pose il problema di formare un nuovo Governo. I popolari pensavano ad un governo forte; i socialisti erano indifferenti al problema: essi attendevano la rivoluzione. Si faceva sempre più probabile il nome di Giolitti, come successore di Nitti; ma l'opposizione di don Sturzo, che riteneva Giolitti troppo laico, fecero per allora accantonare la sua candidatura. Si pose allora la candidatura di Bonomi, ma quest'ultimo aveva il grave precedente d'essere stato interventista, mentre di lui si ricordava l'errata profezia, secondo la quale la guerra sarebbe durata soltanto qualche mese. Il re, fatte le solite consultazioni del periodo di crisi, incaricò del governo Bonomi. Ma questi, consultati i partiti, resosi conto di essere del tutto isolato, rinunciò all'incarico. Escluso allora, Giolitti, Bonomi e Meda, al quale negava il suo appoggio il settore liberale del Parlamento, non rimase da far altro che riaffidare l'incarico di formare il Governo a Nitti. Questa volta entrarono a far parte di questo anche alcuni popolari: Rodinò alla Guerra, Micheli all'Agricoltura, Scialoja nuovamente agli Esteri, Schanzer al Tesoro, De Nava alle Finanze.
Questo governo riuscì a rimanere in carica per un solo mese, nel corso del quale ebbe tanti di quei guai da sbrigare, che qualsiasi altra formazione politica probabilmente non avrebbe egualmente potuto resistere oltre. Pochi giorni dopo l'insediamento del nuovo Governo, si verificarono a Roma gravissimi incidenti tra studenti e guardie regie. Vi furono numerosi morti e l'opinione pubblica ne fu gravemente turbata. Non giovò oltre alla vita del nuovo Governo l'atteggiamento di Giolitti, il quale se non direttamente, tuttavia tramite i suoi tirapiedi, lanciava accuse contro il povero Nitti. Ormai egli governava l'Italia tra lo scontento generale. Sicchè il Governo condusse vita molto stentata e tormentata ancora per circa un mese. Infine il 4 giugno, spinto dalla necessità di chiudere, almeno in parte, la falla aperta dal prezzo politico del pane, Nitti decise l'aumento del prezzo del pane a lire 1,50 al chilogrammo, con una indennità per i più poveri, ed una tassa di compensazione sugli agiati. Il provvedimento, necessario e giusto nel suo complesso, ebbe la virtù di coalizzare tutti contro Nitti. L'ondata d'impopolarità, alla quale non erano estranee le manovre di Giolitti, ed i continui attacchi portati dall'estrema destra, crebbe a dismisura, e, dopo un'altra serie di gravi incidenti, scoppiati in diverse grandi città, costrinse il presidente al ritiro del provvedimento, ed il Governo alle dimissioni.

Giulio Rondino ministro
della Guerra

Camillo Peano ministro dei
Lavori Pubblici

Alberto La Pegna ministro
Terre Liberate

Bartolomeo Ruini ministro
delle Colonie

Vittorio Scialoja ministro
degli Esteri

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