Il
secondo Governo Nitti era caduto per volontà soprattutto dei
popolari. Quest'ultimi, privi di effettiva esperienza politica, ritenevano
che il Governo si fosse dimostrato debole contro le intemperanze dei
socialisti contro i cattolici-popolari. Abbiamo già riferito
dei continui attacchi socialisti contro i popolari: ebbene questi
assalti continuavano e si concludevano spesso con vittime.
Caduto quindi Nitti si pose il problema di formare un nuovo Governo.
I popolari pensavano ad un governo forte; i socialisti erano indifferenti
al problema: essi attendevano la rivoluzione. Si faceva sempre più
probabile il nome di Giolitti, come successore di Nitti; ma l'opposizione
di don Sturzo, che riteneva Giolitti troppo laico, fecero per allora
accantonare la sua candidatura. Si pose allora la candidatura di Bonomi,
ma quest'ultimo aveva il grave precedente d'essere stato interventista,
mentre di lui si ricordava l'errata profezia, secondo la quale la
guerra sarebbe durata soltanto qualche mese. Il re, fatte le solite
consultazioni del periodo di crisi, incaricò del governo Bonomi.
Ma questi, consultati i partiti, resosi conto di essere del tutto
isolato, rinunciò all'incarico. Escluso allora, Giolitti, Bonomi
e Meda, al quale negava il suo appoggio il settore liberale del Parlamento,
non rimase da far altro che riaffidare l'incarico di formare il Governo
a Nitti. Questa volta entrarono a far parte di questo anche alcuni
popolari: Rodinò alla Guerra, Micheli all'Agricoltura, Scialoja
nuovamente agli Esteri, Schanzer al Tesoro, De Nava alle Finanze.
Questo governo riuscì a rimanere in carica per un solo mese,
nel corso del quale ebbe tanti di quei guai da sbrigare, che qualsiasi
altra formazione politica probabilmente non avrebbe egualmente potuto
resistere oltre. Pochi giorni dopo l'insediamento del nuovo Governo,
si verificarono a Roma gravissimi incidenti tra studenti e guardie
regie. Vi furono numerosi morti e l'opinione pubblica ne fu gravemente
turbata. Non giovò oltre alla vita del nuovo Governo l'atteggiamento
di Giolitti, il quale se non direttamente, tuttavia tramite i suoi
tirapiedi, lanciava accuse contro il povero Nitti. Ormai egli governava
l'Italia tra lo scontento generale. Sicchè il Governo condusse
vita molto stentata e tormentata ancora per circa un mese. Infine
il 4 giugno, spinto dalla necessità di chiudere, almeno in
parte, la falla aperta dal prezzo politico del pane, Nitti decise
l'aumento del prezzo del pane a lire 1,50 al chilogrammo, con una
indennità per i più poveri, ed una tassa di compensazione
sugli agiati. Il provvedimento, necessario e giusto nel suo complesso,
ebbe la virtù di coalizzare tutti contro Nitti. L'ondata d'impopolarità,
alla quale non erano estranee le manovre di Giolitti, ed i continui
attacchi portati dall'estrema destra, crebbe a dismisura, e, dopo
un'altra serie di gravi incidenti, scoppiati in diverse grandi città,
costrinse il presidente al ritiro del provvedimento, ed il Governo
alle dimissioni. |
Giulio Rondino
ministro
della Guerra
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