Durante
il 1929-30 nei paesi economicamente più progrediti del mondo
si è manifestata in forma violenta la crisi economica e finanziaria.
La quale non poteva non avere delle ripercus-sioni anche nella struttura
economica italiana, e in particolare in quei settori industriali
che più risentivano delle alterne fasi della congiuntura.
La contrazione dell'attività aziendale in taluni rami d'industrie,
che per effetto della guerra e della conseguente inflazione avevano
assunto delle dimensioni inadeguate alla capacità del mercato
interno e alle possibilità offerte da quelli esteri - tenuto
conto anche della crescente tendenza all'isolamento economico -
aveva determinato un "congelamento" degli investimenti
delle banche nel campo della economia privata. I risparmiatori italiani,
che non furono mai eccessivamente portati verso gli investimenti
dei risparmi nei valori mobiliari, di fronte alle oscillazioni che
per effetto della congiuntura i titoli azionari subivano, si resero
più diffidenti, cosicché divenne anche più
difficile, per le industrie, ottenere il credito di cui avevano
bisogno sia per la normale gestione, sia per i necessari rinnovamenti,
sia soprattutto per il consolidamento a lunga scadenza delle passività
verso banche ordinarie e verso privati. La crisi inoltre andava
rivelando l'antieconomicità e l'irrazionalità di taluni
raggruppamenti industriali, che non costituivano complessi economici
organici, atti a potenziare e integrare le singole parti, ma semplici
accostamenti di aziende, determinati da ragioni puramente finanziarie
e atti piuttosto ad accrescere che ad attenuare i rischi. Bisognava
dunque provvedere alle seguenti necessità: a) fornire alle
industrie sane il credito a lunga scadenza di cui avevano bisogno,
e che non potevano in nessun modo trovare direttamente sul mercato;
b) disintegrare i raggruppamenti di aziende troppo vasti per permettere
una efficiente direzione da parte degli amministratori; c) liberare
i maggiori istituti di credito ordinario dal peso degli immobilizzi,
ridonando loro quella liquidità e quella elasticità
che sono necessarie per l'esercizio del credito a termine breve,
secondo la loro classica funzione ed escludendoli dall'esercizio
del credito mobiliare.Naturalmente ciascuno di questi compiti e
in particolare i due primi presuppongono un esame approfondito della
situazione economica di ciascuna azienda al fine di giudicare se
essa possieda elementi di vitalità, e di consigliare quelle
trasformazioni interne, quei "tagli" talvolta molto dolorosi
che sono necessari per adeguare la struttura degli organismi alle
condizioni economiche del momento attuale ed a quelle del prevedibile
futuro. Mentre taluni grandi Paesi non hanno trovato altra soluzione
per uscire dalle strettoie della crisi all'infuori della svalutazione
mone-aria (che è comoda in quanto addormenta ogni vitalità
e rimanda al futuro la liquidazione della crisi) il Fascismo ha
preferito la via dura ma corroborante della ricostruzione immediata,
attuata con energia e tempestività. Per assolvere questi
ardui compiti il Regime ha creato due Istituti: "l'Istituto
Mobiliare Italiano" e "l'Istituto per la Ricostruzione
Industriale". Il primo, l'I.M.I., col compito di esercitare
il credito mobiliare in termini di finanziamento non troppo ampi
(massimo 10 anni) con tutte le caratteristiche di un normale finanziatore;
il secondo, l'I.R.I. con compiti e con mezzi assai più vasti,
non solo limitati al finanziamento delle industrie a lunga scadenza
- fino a venti anni - ma estesi altresì al riordinamento
di quei complessi aziendali che risultino vitali e che non possano
superare le attuali difficoltà. Questo particolare e delicatissimo
compito l'I.R.I. può assolverlo in quanto riassume in sé,
il felice connubio, la funzione del finanziatore e quella del liquidatore.
Esso infatti si compone di due sezioni: la sezione finanziamento
e la sezione smobilizzi. A questa seconda sezione è stata
attribuita anche l'onerosa eredità dell'Istituto di Liquidazione,
a suo tempo definito dal Duce, l'Ospedale delle Banche. I due strumenti
affidati all'I.R.I. permettono di attuare la sistemazione delle
industrie non solo attraverso il finanziamento ma, dove se ne ravvisi
l'opportunità, attraverso la riorganizzazione delle aziende;
cioè permette di attuare lo smobilizzo della eredità
del passato non attraverso ad una caotica e perniciosa politica
di forzata liquidazione ma, quando ne esistano le condizioni, attraverso
ad una razionale riorganizzazione assistita da un avveduto finanziamento.
Non è mancato chi ha visto nelle finalità generiche
dell'I.R.I. un pericolo: quello dell'eccessivo intervento dello
Stato nel campo dell'economia privata, ritenendo inevitabile che
la concessione dei finanziamenti dovesse portare alla assunzione
diretta o indiretta della gestione delle imprese da parte dello
Stato. Le finalità dell'I.R.I. sono precisamente opposte.
Esso tende a far si che in molte aziende italiane - finora controllate
da determinati raggruppamenti - i risparmiatori partecipino direttamente
al capitale. Perciò tende al collocamento dei titoli azionari
ed obbligatori tra il pubblico. Il risparmiatore italiano dopo le
delusioni patite, non ha più fiducia negli investimenti industriali;
esso si volge preferenzialmente verso i titoli dello Stato o garantiti
dallo Stato. È necessario rieducarlo. Questo programma di
massima assume di volta in volta applicazioni pratiche diverse,
corispondentemente alle caratteristiche dei singoli casi. Ad esempio,
in occasione della sistemazione S.I.P., l'I.R.I. ha escogitato una
nuova forma di titolo obbligazionario e azionario insieme, atto
a richiamare il risparmiatore verso titoli obbligazionari garantiti
dallo Stato che possono trasformarsi a semplice richiesta in titoli
azionari privati. Quando si tenga presente che il risparmiatore
italiano non ha mai partecipato direttamente in misura sensibile
al finanziamento delle industrie, ma solo, attraverso le banche,
si può giudicare quanto poco stanziatrice sia l'opera di
educazione del risparmiatore intrapresa dall'I.R.I. e quanto debba
prolungarsi nel tempo la sua azione, anche dopo la fine della crisi,
per aiutare la formazione della nuova classe industriale italiana
e favorire, incanalare lo spontaneo afflusso del risparmio alle
industre. Il Governo, attraverso l'azione dell'I.R.I., tende a creare
il nuovo assetto procedendo gradualmente, senza frette dannose,
e senza remore pericolose; con linearità perfetta Illazione
e tempestività. Il Governo fascista non si fa troppe illusioni
su di un miracolistjco miglioramento della, situazione mondiale,
e quindi non se ne sta inattivo in attesa che detto miglioramento
sopravvenga, e non cerca di stimolarlo con palliativi che abbattano
l'organismo senza risolvere la crisi e, d'altra parte, non teme
degli aggravamenti ma cerca di costruire sulle basi attuali. In
altre parole, la costituzione dell'I.R.I. e il suo funzionamento
stanno a dimostrare che il Governo ritiene essersi raggiunta ormai
una stabilità di valori atta a costituire le basi per un
duraturo assestamento della situazione industriale. Il che conduce
ad argomentare che questa realistica politica costruttiva è
possibile soltanto per essersi tempestivamente attuata la stabilità
della moneta, che costituisce l'unica base solida su cui possono
fondare le previsioni economiche. Invece nei Paesi in cui domina
ancora l'instabilità monetaria le difficoltà delle
previsioni sono enormemente accresciute, si da rendere impossibile
alcuna azione atta a riassestare l'economia industriale. L'I.R.I.
non agisce secondo i criteri di un istituto finanziario di carattere
privato giacché esso tiene costantemente presente in ogni
operazione, oltre a tutte le considerazioni di ordine economico-aziendale,
le considerazioni di ordine sociale e nazionale, scegliendo, fra
le varie soluzioni tecniche che ogni operazione consente, quella
che meglio risponde all'interesse del Paese. Se la creazione dell'I.M.I.
e dell'I.R.I. è stata determinata dalle circostanze inerenti
alla crisi è inesatto credere che la loro funzione si esaurisca
col mutamento della congiuntura: i compiti che loro sono stati assegnati
e che hanno dimostrato di assolvere con perfetta aderenza agli ordini
del Duce permangono anche in fase economica più favorevole.
Si tenga soprattutto presente che in Italia il credito alle industrie
è finora stato esercitato prevalentemente dagli istituti
di credito ordinario in forme assolutamente contrastanti colla natura
a lungo termine del credito stesso. Le circostanze che già
negli ultimi decenni del secolo scorso avevano portato alla caduta
della Società Generale di Credito Mobiliare non hanno mancato
di ripetersi qualche altra volta nella storia del credito in Italia.
La necessità di fornire oculatamente il credito a lunga scadenza
all'industria nazionale, senza costringerla a cadere in determinati,
e, a lungo andare, non sani raggruppamenti economico-finanziari,
permane anche in tempi di prosperità. Istituti di credito
parastatali possono compiere questa funzione nella maniera più
efficace. Diremo di più: se per iniziativa privata si vuoi
intendere quella che tende a dar vita ad aziende a carattere individuale
(fra cui prevalgono le medie e piccole) secondo le tradizioni e
le attitudini della classe industriale italiana, che desidera di
vivere autonoma dai grandi raggruppamenti fi-nanziari (i quali spesso
tendono a costituire uno Stato nello Stato) non v'è dubbio
che l'I.M.I. e l'I.R.I. in quanto concedono finanziamenti sotto
forma di mutui a lunga scadenza, sono i più potenti propulsori
dell'iniziativa privata - secondo il principio stabilito nella Carta
dei Lavoro - e della media industria a carattere individuale. È
poi sottinteso che il Regime creando l'I.M.I. e l'I.R.I., come sue
dirette emanazioni, intendeva di dar luogo ad organi tecnico-finanziari
atti ad vigilare affinché l'iniziativa privata sempre secondo
i dettanti della Carta del Lavoro si svolga ognora dentro i confini
dell'interesse nazionale. Così essi, attraverso la concomitante
e approfondita conoscenza, che i loro organi devono possedere, di
tutti i settori del complesso mondo produttivo, e in strettissima
collaborazione cogli organi sindacali interessati e specialmente
colle future corporazioni di categoria, potranno efficacemente contribuire
a quel Potenziamento dell'economia produttiva ispirato a finalità
di carattere generale, orientamento che costituisce la caratteristica
fondamentale dell'ordinamento corporativo.
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