La
grande originalità del Fascismo nel campo sociale, che costituisce
la zona delle sue più decise e totalitarie affermazioni,
sta nell'avere inteso il problema del lavoro e della produzione
nazionale; così come le due massime questioni della vita
contemporanea quella sociale e quella dello sviluppo della società
nazionale sono ciascuna, nella concezione mussoliniana, strumento
per la soluzione dell'altra. Superata quindi la lotta di classe,
l'antitesi fra capitale e lavoro, intese le due forze come momenti
concreti e determinanti della vita statale, il Fascismo si eleva
alla concezione dello Stato corporativo, traduzione istituzionale
dello Stato etico. L'organizzazione del capitale e del lavoro si
accentra in quattro Confederazioni nazionali di datori di lavoro
e in quattro rispondenti Confederazioni nazionali di lavoratori;
nella Confederazione nazionale dei professionisti e artisti. Le
forze di questi grandi organismi al 31 dicembre 1934 erano le seguenti:
CONFEDRAZIONE
FASCISTA DEGLI INDUSTRIALI
rappresentati 193.859
associati 34.119
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEGLI AGRICOLTORI
rappresentati 764
associati 662.692
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEI COMMERCIANTI
rappresentati 722.969
associati 385.483
CONFEDERAZIONE FASCISTA DELLE AZIENDE
DEL CREDITO E DELLASSICURAZIONE
rappresentati 436
associati 5.542
CONFEDERAZIONE
FASCISTA. DEI LAVORATORI
DELL'INDUSTRIA
rappresentati 3.430.068
associati 2.933.877
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEI LAVORATORI
DELL'AGRICOLTURA
rappresentati 2.915.778
associati 1.926.951
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEI LAVORATORI
DEL COMMERCIO
rappresentati 565.302
associati 368.175
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEI LAVORATORI
DELLE AZIENDE DEL CREDITO E DELL'ASSICURAZIONE
rappresentati 48.593
associati 34.791
CONFEDERAZIONE
FASCISTA DEI PROFESSIONISTI
E ARTISTI
rappresentati 859.442
associati 105.484
Non vanno poi dimenticati l'Ente Nazionale della Cooperazione che
inquadra in un saldo organismo tutte le Cooperative di lavoro, di
pr-duzione, e di consumo, e la Federazione Nazionale Fascista degli
Artigiani. L'attività delle confederazioni per la risoluzione
nazionale del problema sociale può essere rappresentata considerando
i. contratti collettivi di lavoro che sono, stati convenuti dall'entrata
in vigore della Legge 3 aprile 1926 e attraverso i quali tutte le
categorie dei lavoratori italiani godono della più ampia
tutela morale e materiale. Occorre rilevare infine, che le confederazioni
in armonia con l'azione sociale, peculiare di siffatti organismi,
hanno svolto, seguendo le direttive del Partito il quale è
stato ed è sempre presente nel campo sindacale, un'opera
proficua e profonda di propaganda politica. Per avere un'idea sufficientemente
esatta dello Stato corporativo, occorre far cenno del Consiglio
Nazionale delle Corporazioni e delle corporazioni costituite in
applicazione della Legge 5 febbraio 1934. Il Duce ebbe a dire incessantemente
che il "Consiglio Nazionale delle Corporazioni" è
nella economia italiana quello che lo Stato Maggiore è negli
eserciti; il cervello pensante che prepara e coordina. Riformato
così la Legge del 30 marzo 1930 è investito del potere
di disciplinare gli interessi non solo delle categorie professionali
ma anche delle grandi branche della pro-duzione. Lo presiede e lo
regola il Capo del Governo e i suoi membri sono scelti da tutte
le categorie professionali con criterio rappresentativo. Il Consiglio
Nazionale delle Corporazioni ha, per adesso, funzioni prevalentemente
consultive. Ma la accennata legge sulla costituzione e sul funzionamento
delle corporazioni, che ha dato vita a questi nuovi organi dello
Stato cui è affidato il compito di disciplinare la produzione,
fa prevedere con sicurezza che, presto; nuove e ben più ampie
funzioni verranno affidale al Consiglio Nazionale delle Corporazioni
il quale sostituirà nell'ordine costituzionale, come ha annunziato
il Duce nello storico discorso del 14 novembre 1933, l'attuale Camera
dei Deputati. La legge sulla costituzione ed il funzionamento delle
corporazioni segna il trapasso definitivo dalla "fase"
sindacale a quella corporativa. E cioè, lo Stato, dando vita
alle corporazioni, come suoi organi muniti di poteri normativi atti
a disciplinare la produzione in tutti i campi della economia nazionale,
diventa formalmente e sostanzialmente "corporativo". Con
decreti del Capo del Governo sono state costituite 22 corporazioni
che hanno già inco-minciato a funzionare regolarmente. La
Legge sulle corporazioni ha reso infine necessaria la modificazione
della struttura delle confederazioni, attuata con l'approvazione
dei nuovi statuti confederali nell'agosto del 1934. In una rassegna
delle opere del Regime, sia pure fuggevole come questa nostra, non
può mancare un cenno di quelle riforme costituzionali che
hanno modificato la struttura dello Stato e ne hanno sveltito il
funzionamento, rendendo possibile la vasta e multiforme operosità
governativa di questi ultimi anni. L'atto più rivoluzionario
nell'ordine costituzionale è stato la creazione del Gran
Consiglio, esistente ed agente sin dai primi anni del Fascismo ma
disciplinato giuridicamente dalla Legge 9 dicembre 1928, modificata
a sua volta dalla Legge del 14 dicembre 1929. Il Gran Consiglio,
per effetto ditali disposi-zioni, ha funzioni deliberative e consultive.
Le prime si riferiscono alla formazione della lista dei deputati,
alla approvazione degli statuti e degli ordinamenti del P.N.F.,
alla nomina e alla revoca del segretario, dei vice-segretari, del
segretario amministrativo e degli altri membri del Direttorio del
P.N.F. e alla formazione e all'aggiornamento della lista dei nomi
da presentare alla Corona in caso di vacanza, per la nomina del
Capo del Governo. Le attribuzioni consultive sono obbligatorie e
facoltative; per le prime, cioè, il Governo ha l'obbligo
di consultare il Gran Consiglio, per le seconde può consultano.
Rientrano nelle funzioni consultive obbligatorie tutte le questioni
di carattere costituzionale; le seconde riguardano ogni altra questione
politica, economica o sociale di interesse nazionale. Un'altra riforma
costituzionale di grande momento, che occorre ricordare, è
quella determinata dalla Legge 24 dicembre 1925, che ha dato vigore
e funzioni nuove al Capo del Governo, modificando i rapporti tradizionali
fra i poteri dello Stato. Con tale legge ha acquistato preminenza
e consistenza il Governo o potere esecutivo, reso responsabile ed
unitario nel Capo del Governo. Accenniamo infine alla legge elettorale
politica [T.U. 2 settembre 1928, n. 1993], che ha creato in questo
campo un sistema completamente nuovo in armonia con i principi politici
del Fascismo. Le riforme amministrative promosse dal Fascismo hanno
completamente rinnovato gli organi della pubblica amministrazione
per renderli idonei allo svolgimento dall'attività statale
modificata nel carattere e nell'estensione. Senza indugiarci, qui,
nell'indicazione minuta della nuova struttura e dei nuovi aspetti
dei vari Enti, ricorderemo il R.D. 11 novembre 1923, col quale è
stato riformato l'ordinamento gerarchico dello Stato regolato con
intendimenti unitari e con disciplina analoga a quella della gerarchia
militare. Una modificazione sostanziale, della quale non si può
non far cenno, ha subito in generale la organizzazione degli Enti
autarchici territoriali e in specie quella del Comune. La Legge
4 febbraio 1926 istituì i podestà nei comuni di popolazione
non eccedente i 5000 abitanti; successivamente il R.D. 3 settembre
1926, estese la nuova istituzione a tutti i comuni del Regno. Il
Podestà, nominato con decreto reale, esercita la funzione
che la legge comunale e provinciale attribuiva, al Sindaco, alla
Giunta e al Consiglio comunale, ed è perciò capo del
comune e funzionario. Egli è assistito dalla Consulta municipale,
obbligatoria soltanto nei comuni che superino i 20000 abitanti,
che dà pareri su tutte le questioni che le vengono sottoposte.
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